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Old! #185 – Novembre 1996

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Il 5 novembre del 1996 si manifesta su Mega Drive Sonic 3D: Flickies' Island, gioco di piattaforme con visuale isometrica sviluppato da Traveller’s Tales per conto di Sega. Scopo del gioco è recuperare i Flicky (creature apparse in precedenza in un gioco da sala del 1984) sparsi in giro per il mondo, esplorando le ambientazioni alla ricerca di segreti. Accolto in un tripudio di pernacchie spezzato solo dagli apprezzamenti per la veste grafica, il gioco ha il problema di nascere onestamente vecchio, in un momento in cui il mondo si sta spostando verso il 3D a base di poligoni e la sua visuale isometrica appare anacronistica. A rendere il tutto ancora più surreale ci penserà la conversione per Sega Saturn, specie con il senno di poi, considerando che Sonic 3D finirà per essere l’unico episodio della serie apparso sulla console.

Intanto, l’8 novembre arriva su PlayStation Crash Bandicoot. Sempre per sottolineare l’assurdità della situazione. Si tratta del settimo gioco, ma il primo su PlayStation, sviluppato da una Naughty Dog che all’epoca è ancora salda creatura nelle mani di Jason Rubin ed Andy Gavin. Nato dall’idea di spostare i platform game in ambito 3D e puntare l’inquadratura sul culo di Sonic (o qualcosa del genere), Crash Bandicoot propone uno sviluppo in profondità “a corridoio” e un gameplay semplice ma accattivante, oltre che parecchio punitivo.

Inferiore al più o meno contemporaneo Mario 64 sul piano della profondità, il gioco di Naughty Dog sfrutta però alla grande l’hardware PlayStation e mette in mostra una qualità visiva che lascia molti di stucco e regala fondamentalmente alla macchina Sony la sua prima mascotte “tradizionale” di successo. Naughty Dog svilupperà due seguiti e uno spin-off automobilistico su PlayStation, mentre la serie passerà in altre mani su PS2, preda di un declino abbastanza ripido e violento.

Sempre nello stesso mese tocca a Die Hard Trilogy, un triplo gioco sviluppato da Probe Interactive che recupera in qualche maniera la formula da multievento dei giochi su licenza degli anni a 8 e 16 bit e propone un adattamento dell’intera trilogia di John McClane. Il primo film diventa uno sparatutto in terza persona, il secondo uno sparatutto in prima persona su binari e il terzo un gioco di guida frenetico, brutale e violentissimo. L’idea funziona, il gioco è molto divertente e il successo garantisce un improbabile seguito, che arriverà quattro anni dopo, sviluppato da N-Space e bastonato da pubblico e critica.

Il 26 novembre 1996 arriva in sala giochi Dead or Alive, primo episodio della serie di picchiaduro a incontri sviluppata da Team Ninja e pubblicata da Tecmo. Il gioco diventa subito celebre per via delle pronunciate e meravigliosamente animate caratteristiche mammarie delle lottatrici femminili che compongono gran parte del roster, ma trova comunque una sua bella personalità in un gameplay che sembra quasi una versione semplificata e più alla portata di tutti delle idee di Virtua Fighter. Spiccano soprattutto l'alta velocità dell'azione e l'importanza data a una meccanica di contromosse, con tanto di tasto dedicato. Il gioco verrà convertito su Saturn e PlayStation, dando poi vita a una lunga serie di seguiti e spin-off.

Il 30 novembre, ad oltre un anno di distanza dal primo episodio, arriva su PC Phantasmagoria: A Puzzle of Flesh. Il secondo e ultimo capitolo della serie di avventure grafiche horror/splatter in full motion video targata Sierra perde la firma di Roberta Williams e punta tutto sull’estremizzazione dei suoi aspetti più scabrosi, con sesso e violenza che riempiono lo schermo ad ogni clic. Sul piano narrativo non ci sono legami col primo capitolo, mentre dal punto di vista del gameplay si rimane in quel reame da avventura grafica sui generis. Il gioco viene massacrato dalla critica e non riscuote grande successo nei negozi, tant’è che il pianificato terzo capitolo, su cui sarebbe dovuta tornare a lavorare la Williams, viene abortito, anche a causa del declino implacabile patito dal filone dei film interattivi.