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High Maintenance: la comedy sulle canne senza le canne

Vi è mai capitato di farvi un’idea su una determinata serie TV prima ancora di immergervi nella visione? A me sì, e mi succede spesso anche con altri media: videogiochi, libri, film, dischi. Praticamente mi faccio pippe mentali sull’intrattenimento a tutto tondo quasi sempre. Non lo faccio di proposito, è che mi piace avere almeno un minimo di idea su un qualcosa prima di tuffarmici: controllo il cast, do un’occhiata alla sinossi, guardo le cover; cose così. Più o meno azzecco sempre il mood e i temi trattati. Eppure High Maintenance mi ha colto impreparato, nel senso che pensavo fosse una cosa che poi si è rivelata tale solo per quindici minuti. Cerco di spiegarmi meglio dopo il trailer.

La serie, prodotta da HBO, parla di un tizio che per tutta la durata delle sei puntate non verrà mai chiamato per nome (e che in questa recensione chiameremo d’ora in avanti “il tizio della ganja”), che spaccia erba a domicilio («quando capita anche funghetti», cit.) in giro per New York in sella alla sua bicicletta. Si tratta di un tipo abbastanza tranquillo, preciso ma flessibile, di compagnia ma mai invadente e soprattutto con roba buona: come dovrebbe essere ogni spacciatore, insomma. E infatti gli iniziali quindici minuti della prima puntata si svolgono così, con il tizio della ganja, interpretato da Ben Sinclair, che consegna un po’ di marijuana ad una specie di sosia di Vin Diesel abbastanza molesto nei modi; uno di quelli che dopo due tiri d’erba fanno partire la logorrea, iniziando a parlare a raffica di minchiate completamente sconnesse l’una dall’altra. Ecco, da qui nasce uno sketch abbastanza divertente, ma che ha, badate bene, il solo obiettivo di presentare il protagonista, non la serie. E il paradosso, se così si può definire, è che si tratta di un personaggio, quello del tizio della ganja, che rimarrà sostanzialmente marginale per tutto il resto del telefilm.

Trasuda professionalità da tutti i pori, non è vero?

High Maintenance ha infatti nella marijuana quasi solo un pretesto per parlare d’altro, distaccandosi dallo stilema, per fare un esempio, di una serie TV come Weeds, che fondamentalmente si basa su una sequela di siparietti comici inerenti al mondo dell’erba e del relativo spaccio. No, qui la marijuana è praticamente un collante narrativo, rappresentato dal protagonista, per parlare d’altro, attraverso tante storie diverse; ogni episodio è infatti a sé stante, completamente scollegato dalla puntata successiva, che vede intrecciarsi a doppio filo le due storyline di cui si compone ogni puntata. E sono storie in larga parte riuscite, che parlano della quotidianità sì in modo ilare, ma anche riflessivo.

Non è proprio una roba in stile Louie ma, ecco, forse un po’ ci si rifà, distaccandosi comunque da tutte quelle serie TV che hanno seguito quel filone del comico/protagonista come figura centrale, come ad esempio vediamo in Master of None o Better Things. Per dire, un episodio ha come personaggio centrale un cane cazzone ma dolcissimo di nome Gatsby, con un padrone ancora più rincoglionito di lui che, dopo essersi trasferito in città, affida tutti i pomeriggi il suo animale ad una dog-sitter, la cui puzza di hippie riesce a traspirare dallo schermo. Ebbene, tutta la puntata verte su come questo cagnone si innamori della tipa in questione, facendosi delle fantasie assurde sempre splendidamente rappresentate a schermo. Cos’ha questa cosa ha che fare con l’erba? Niente, se non il fatto che la dog-sitter è fidanzata con il tizio della ganja; una cosa assolutamente ininfluente, però va bene così.

Still a better love story than Twilight.

Tutti gli episodi seguono sostanzialmente questo mood, alternando puntate cretine con altre, non sempre riuscitissime, che cercano di scavare nel profondo dell’animo. Cito una battuta all’interno della serie TV: «Droga? Questa è erba, non è droga». La marijuana è infatti il pretesto per parlare di qualcos’altro, l’input che ti porta a scavare nel tuo io interiore, non in un modo tortuoso, ma quasi in tranquillità, piangendo col sorriso sulle labbra. Ed è questo che High Maintenance cerca di fare. Non sempre ci riesce, però quando ce la fa il risultato è più che ottimo. E lo fa con quello stile, come si diceva all’inizio, parecchio indie, che trasuda Sundance da ogni inquadratura; un aspetto che forse potrà dar fastidio ad alcuni, ma che comunque ho personalmente trovato estremamente grazioso, oltre che reso benissimo.

Il protagonista nel bel mezzo di una chiamata di lavoro.

Questa inclinazione all’indie è dovuta principalmente al fatto che High Maintenance era, in origine, una di quelle serie per il web a basso budget, scritta sempre da Ben Sinclair, lo stesso che interpreta il protagonista/spacciatore, e dalla moglie Katja Blichfeld. Dopo aver debuttato su Vimeo nel 2012, è stata acquistata da HBO, che ha preso possesso dei diritti dei 17 episodi già pubblicati e ha ordinato una nuova stagione ex novo della serie, mantenendo in blocco l’impianto del telefilm e dando alla coppia carta bianca sul proprio lavoro e quel pizzico di budget in più che non gusta mai. Il risultato sono sei episodi da trenta minuti ciascuno che sì, come detto a più riprese, non sempre convincono del tutto, soprattutto quando cercano di fare i seriosi scadendo invece nel ridondante e appesantendo il ritmo, ma riescono a risultare comunque deliziosi per come sono confezionati, soprattutto quando accompagnano puntate dallo svolgimento piacevolmente glicemico.

Mi sono sciroppato l’intera prima stagione di High Maintenance in appena tre giorni, guardandomi due episodi a sera su NowTv, la internet TV di Sky, dove è stata inserita in catalogo dopo essere stata trasmessa, dal 29 ottobre al 20 novembre, sul canale proprietario Sky Generation. Purtroppo me la sono dovuta gustare col doppiato in italiano, l’unico disponibile su NowTv; a tal proposito, ho contattato i tizi di Sky ma niente, dicono che è possibile cambiare la lingua del parlato solo guardando la serie da PC – mentre io, per queste cose, usufruisco solitamente della mia PlayStation 4. «Perché dal vostro sito sì e dalla vostra app su PS4 no?», gli ho chiesto, sentendomi rispondere: «Perché non c’abbiamo i diritti per mettere la lingua originale anche su dispositivi che non siano il PC». Bah. Comunque, HBO ha confermato anche la seconda stagione di High Maintenance, quindi bene così.