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One Piece: Burning Blood – Fuoco tiepido

Un picchiaduro dalle robuste radici anime è proprio quello che ci vuole per un appassionato di entrambi i generi come me. Ai fan di One Piece non sono certo mancati titoli dedicati alla creatura del maestro Eiichirō Oda. Con Spike Chunsoft al comando, però, la deriva musou è stata abbandonata in favore di un classico brawler a squadre, con scontri uno contro uno e cambi di eroi al volo. Dal momento che adoro lo stile anime e il cel shading in generale, vorrei parlare subito del comparto tecnico, a mio avviso non sempre all’altezza della situazione. One Piece: Burning Blood non difetta certo in quanto a contenuti, tuttavia la struttura poligonale dei vari stage è piuttosto carente, almeno rispetto alla splendida modellazione dei personaggi.

Effetti e animazioni sono sempre all’altezza delle aspettative.

Ogni incontro si svolge in classiche arene circolari, con qualche sparuta animazione sullo sfondo e una ripassata di texture appena sufficienti. I lottatori, per fortuna, oltre a riproporre perfettamente il character design dell’anime/manga originale, sono caratterizzati da ottime animazioni e ammantati da un cel shading di prim’ordine. Per i più pruriginosi c’è perfino la possibilità di veder strapparsi gli abiti con l’aumentare dei danni inflitti, esattamente come avveniva nel fratellastro Naruto Shippuden: Ultimate Ninja Storm 4. Non che questo tramuti il gioco in un “ecchi”, ma è comunque una feature in più e qui, come ben sapete, non si butta via niente. Il sonoro si fregia dell’intero cast dei doppiatori originali, ricreando in maniera perfetta la frizzante atmosfera dell’anime.

L’iconica super mossa di Rufy.

One Piece: Burning Blood, pescando soprattutto dalla saga di Marineford, offre una modalità carriera denominata Guerra Suprema. La narrazione è suddivisa in quattro episodi e vissuta attraverso altrettante prospettive: Rufy, Ace, Akainu e Barbabianca prenderanno parte a due tipi di missione, principali e secondarie, il tutto asservito allo sbloccaggio di dozzine di nuovi personaggi, da utilizzare successivamente in ogni altra modalità. Spike Chunsoft si è ingegnata per offrire un’avventura coerente con la stesura originale, ma spesso i teatrini introduttivi o i dialoghi risultano più una pedante interruzione che un piacevole fan service. One Piece: Burning Blood fonda parte del gameplay proprio sui famigerati “frutti del diavolo”, che donano particolari abilità durante gli scontri.

Nonostante lo spaesamento iniziale dovuto alla natura caotica delle lotte, il titolo si dimostra piuttosto indulgente col giocatore, grazie a un sistema di controllo immediato e accessibile. Utilizzando prevalentemente i dorsali insieme agli altri tasti si attiva una generosa serie di mosse: ravvicinate, caricate, a distanza o spezza-guardia. I colpi sono poderosi e galvanizzanti e il senso di impattare il nemico restituisce grande soddisfazione. Oltre ai classici cambi di lottatori al volo, c’è anche un generoso numero di protagonisti deputati a semplici super-mosse.

Un notevole stacco di coscia, se mi consentite.

Tra le varie modalità disponibili quella “ricercati” ci permette di sfidare determinati lottatori in specifiche circostanze. Il livello di difficoltà, mai proibitivo, alza un po’ l’asticella con la continua riscossione delle taglie. Il titolo, inoltre, si fregia di una sorta di guerra globale di natura asincrona: la Bandiera Pirata. Schierati sotto l’egida si una determinata fazione, l’obiettivo principale è di invadere le basi nemiche e conquistare più punti possibili. Anche qui, dopo un periodo prestabilito che segna la fine delle ostilità, arrivano premi sotto forma di sbloccaggi assortiti. Il picchiaduro degli Spike Chunsoft mostra qualche affanno soprattutto nella modalità online. E non parlo di limiti tecnici, anzi, quanto per il bilanciamento non sempre ottimale tra i vari lottatori.

Stravaganza allo stato puro, come da copione.

Se in single player il problema può essere aggirato con un po’ di costanza e level up, contro i giocatori umani non si sfugge: è chiaro che certi protagonisti siano palesemente più forti di altri. Nel complesso, quest’ultimo One Piece può fare certamente breccia nel cuore degli appassionati, ma esclusivamente su di loro. Il combat system, accessibile ma alla lunga semplicistico, una certa ripetitività negli scontri (soprattutto a distanza) e un comparto tecnico che spicca solo per la rappresentazione dei protagonisti, sono tutti elementi che purtroppo incrinano la qualità complessiva.

Niente di così grave per i fan di Rufy e la sua ciurma; allo stesso modo, nulla di indispensabile o davvero degno di nota per tutti gli altri.

Ho scaricato One Piece: Burning Blood per Xbox One grazie a un codice fornitomi dal distributore. Tra le varie modalità ho abbondantemente superato le 20 ore di gioco. La modalità multiplayer, puntuale e ben realizzata, si è dimostrata una scalata impervia per un vecchietto come me. La longevità, comunque, non manca.