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7th Dragon III Code: VFD - Draghi a catinelle

Dopo molti mesi di inattività come recensore, ho deciso di buttarmi su di un pezzo un po’ “difficile” come 7th Dragon III Code: VFD per ragioni strettamente personali: seguo con la coda dell’occhio questa serie da tanti anni, da quando in Giappone vidi la scatola della primissima versione per Nintendo DS, e mi colpì subito per lo stile dei personaggi e il nome, che, non so perché, ho sempre trovato molto evocativo. Tuttavia, nonostante conosca un po’ il giapponese, non me la sono mai sentita di comprare la versione JP del gioco, e le versioni successive ammetto di averle perse un po’ di vista, anche perché sono passate al genere sci-fi, che per un gioco a tema “draghi” mi pare poco appropriato. Tuttavia, quando ho scoperto che 7th Dragon III Code: VFD avrebbe portato la serie per la prima volta in Europa, e che c’era addirittura la demo sullo store 3DS, la curiosità mi si è riaccesa e, dopo aver scaricato la demo, ho investigato per capire se c’era la possibilità di avere un codice del gioco. Dopo un mese abbondante, eccomi qua con la recensione, realizzata nei tempi biblici che mi contraddistinguono.

Orbene, ho detto poco sopra che il tema “draghi” e la fantascienza insieme non mi fanno impazzire, e 7th Dragon III è esattamente questo: un JRPG ambientato nel futuro, che contiene una generosa dose di mostri, draghi e gente che combatte a pugni e spadate. Ecco, anche se di base questo mix di cose non mi piace per niente, nel caso di 7th Dragon III ho fatto del mio meglio per auto-obnubilarmi e affrontare il gioco senza preconcetti, per dare sfogo alla mia voglia di provare la serie, che essendo montata per vari anni, era ormai più che matura per farmi fare questa pazzia.

Dopo varie settimane di gioco, devo dire che non mi sono affatto pentito di questa mia scelta e, per una volta, giocare a qualcosa senza saperne una beneamata fava, e in un genere che ormai seguo da molto lontano, è stata un’esperienza… positiva. Anche se sarebbe stata meno indolore con un gioco un attimino più casual, perché fra tutte le cose che è, 7th Dragon III senz’altro NON è un gioco per casualoni degli RPG, e non è nemmeno un titolo che punta al pubblico ampio ed eterogeneo degli amanti dei Final Fantasy o dei Dragon Quest. Nossignori, questo è un gioco per intenditori della stat, per scultori della build, per estimatori della skill, in poche parole, per i malati di JRPG. Io non sono questo tipo di giocatore, sappiatelo, però vi posso senz’altro dire l’impressione che 7th Dragon III mi ha fatto, da giocatore, diciamo, casual con esperienze.

I personaggi di 7th Dragon sono piatti come dei fogli di carta, ma hanno un signor character design!

7th Dragon III Code: VFD è ambientato in una Tokyo alternativa del 2100 circa, dove qualche decennio prima sono arrivati dei draghi volanti spaccatori di culi, che hanno fatto un macello. La popolazione inerme vive la propria vita attendendo l’arrivo del fantomatico 7th Dragon, che dovrebbe portare la fine del mondo… o qualcosa del genere. Se la storia vi pare un po’ così, è perché lo è davvero, e il gioco non ci prova neanche a presentarla al meglio. Immagino che questo dipenda almeno in parte dal fatto che 7th Dragon III Code: VFD sia il terzo gioco della serie e che quindi ci si aspetti che il giocatore abbia un’idea della storia, che da quanto ho capito è il seguito diretto degli episodi precedenti. Ma anche facendo questa concessione, posso affermare con piena cognizione di causa che 7th Dragon III sia uno degli RPG, se non l’RPG, con la storia più scrausa che abbia mai giocato, nonché uno dei peggiori esempi di avventure basate su viaggi nel tempo che abbia avuto il piacere di conoscere. Per intenderci, siamo a un livello di trash e cheesy che fa il giro e diventa quasi divertente. La cosa che ho trovato più curiosa, in questo senso, è il fatto che il gioco, tra le righe, non fa mistero di avere una storia che è un mero pretesto per tenere insieme i vari sistemi di gioco, e lo fa andando a recuperare i mille stereotipi degli anime e dei JRPG, dal protagonista innominato superfigo a cui di punto in bianco viene messo in mano il destino del mondo, alla ragazza dal passato misterioso, alle corporazioni globali in concorrenza una con l’altra con piani segretissimi. Tutto raccontato in due secondi, perché tanto son robe già viste e sentite mille volte, quindi non sprechiamoci troppo tempo.

Anche se la storia è abbastanza imbarazzante, dopo averla inquadrata nel genere trash ho regolato le aspettative e ho iniziato ad apprezzarla; la cosa che invece non mi è andata proprio giù è che in 7th Dragon III tutti i personaggi giocanti sono creati con un editor, protagonista muto incluso, pertanto non ci sono eroi ed eroine a cui affezionarsi, vicende personali da seguire o anche solo dialoghi significativi tra i personaggi. Se è apprezzabile che 7th Dragon III voglia dare al giocatore la possibilità di crearsi la sua squadra ideale, i personaggi sono un elemento fondamentale negli RPG e averli tutti custom non è il massimo, in particolare in un gioco in cui la parte narrativa comunque *dovrebbe* avere importanza. Intendiamoci, ci sono giochi anche di successo che usano questo approccio, tipo Etrian Odissey, ma francamente non ci vuole molto ad applicarlo a eroi con della personalità, e in questo caso la scelta avrebbe dovuto essere quella. L’unico elemento che da un po’ di spessore ai personaggi è il character design, veramente egregio e ben riprodotto anche nella grafica di gioco.

Ehi! Questa mossa l’ho già vista in Karate Kid!!!

Diciamocelo, fin qui 7th Dragon non sembra un granché, ma per fortuna si riprende un po’ guardando al gameplay, che tutto sommato ne esce bene. Nel complesso siamo di fronte a un JRPG canonico, con dungeon piuttosto lineari alternati a momenti nella base principale in cui si dipana la storia. Dico “base” perché non c’è un vero e proprio mondo di gioco: ai dungeon si accede da un portale presente nel Palazzo della Nodens (l’agenzia per cui lavorano i nostri amici), dove li si seleziona direttamente da un comodo menù... alla faccia degli avventurieri di una volta che chiedevano ai villici. I dungeon sono per lo più ordinaria amministrazione, con l’unica particolarità di visualizzare sulla mappa alcuni nemici particolarmente cazzuti, un po’ come i F.O.E. di Etrian Odissey, in modo che li si possa aggirare in caso di necessità.

Anche la struttura dei combattimenti è standard e adotta una visualizzazione simile a quella dei Dragon Quest classici, con la camera in piano frontale sui nemici e gli eroi che si vedono solo quando attaccano. La cosa più bella sono però gli attacchi e soprattutto le classi dei personaggi, perché sono tra le più originali e assurde che abbia mai visto in un JRPG, e non tanto nel nome/caratterizzazione, ma proprio nelle meccaniche. Abbiamo per esempio il, ehm, “God-Hand”, che poi sarebbe il monaco, che cura e tira mazzate, ma ha dei colpi speciali che vanno eseguiti in sequenza: deve partire dal colpo 1, passare al 2, al 3 e così via, quindi, per usare gli attacchi più forti, deve iniziare a colpire in un momento in cui si può stare abbastanza tranquilli di non doverlo usare per curare. Oppure c’è il Duelyst di yugioh-ana memoria che, come i disperati del cartone, combatte evocando mostri da un mazzo di carte: ogni turno pesca una carta associata a un elemento e poi può lanciare solo colpi di quell’elemento o combinazione di elementi, consumando la/e carta/e. Oppure ha un comando per pescare carte extra. O ancora l’Agent, che sarebbe una classe specializzata nell’”hackerare” i nemici e farli combattere uno contro l’altro. Poi abbiamo anche cose più canoniche, tipo il Samurai, che sarebbe solo un nome più orientale per il guerriero, e il Mago, ma nel complesso le otto classi a disposizione sono ben assortite e inaspettate. E sono proprio le classi, insieme al character design e all’editor di personaggi, a dare maggior sostanza e identità a 7th Dragon, a creare quell’attaccamento al gioco che da qualche parte deve arrivare.

In un gioco che si chiama 7th Dragon, di certo non possono mancare i draghi! Tipo questo cuccioletto, che fra poco si prenderà un po’ di belle mazzate.

L’interesse del giocatore viene mantenuto vivo grazie alla possibilità di cambiare agevolmente squadra e personaggi, attività incentivata dallo sblocco di alcune classi e design in certi punti della storia, in modo da provare diverse combinazioni di abilità. Purtroppo c’è sempre da fare un po’ di grinding, quando si crea un nuovo PG, ma tra equipaggiamenti e compagni di alto livello, tutto sommato, non ci vuole troppo. Da un altro punto di vista, va anche detto che le abilità sbloccabili per ogni classe non sono moltissime, e hanno poche sorprese perché sono tutte visibili fin dall’inizio. Inoltre, il sistema di sblocco è estremamente basico, dato che richiede semplicemente di accumulare punti e usarli per attivare nuove skill o migliorare quelle già esistenti. Avere più personaggi della stessa classe può essere un modo per provare diverse specializzazioni, anche se onestamente, almeno nella mia partita, non è stato realmente necessario farlo.

Infine, l’ultima particolarità di 7th Dragon III riguarda la base, un palazzo nella moderna (anzi, futura, dato che il gioco è ambientato nel 2100) Tokyo, la cui costruzione, per qualche ragione, dobbiamo finanziare con i proventi delle nostre missioni. Nel palazzo ci sono un sacco di piani pieni di gente che campa alle nostre spalle e, probabilmente perché siamo gli ultimi arrivati, tocca a noi mantenerli tutti, nonché sviluppare nuovi piani del palazzo. Tutto questo mentre sbrighiamo pure missioni secondarie imbarazzanti sempre per la stessa gentaglia, perché come in ogni buon JRPG insegna, anche con il destino del mondo in gioco, c’è sempre tempo per raccogliere granchi giganti o cacciare topi dalle cantine, altrimenti gli NPC ci rimangono male.

Questo coso si chiama Nagamimi ed è uno fra i personaggi più odiosi della storia recente degli RPG, morisse lui e che gli prendesse l’influenza intestinale a chi l’ha inventato.

Ciliegina sulla torta è la possibilità di organizzare veri e propri “appuntamenti” tra i nostri eroi e alcuni NPC, che in un normale JRPG sarebbe una cosa fichissima, ma in 7th Dragon III perde un po’ di significato, dato che nessuno dei personaggi giocanti ha uno straccio di personalità e gli NPC, pure, non è che siano proprio la créme de la créme dello storytelling orientale. Alla fin fine, l’appuntamento diventa solo un pretesto per ottenere dei bonus, e a pensarci bene potrebbe pure essere che in fondo in fondo sia una sottile critica sociale al vuoto dating moderno. O forse è solo una roba fatta a muzzo, chissà.

Traendo le conclusioni, 7th Dragon III ha il difetto di avere un comparto narrativo veramente scarso e dei personaggi che non sono personaggi, ma un conglomerato di statistiche anonime associate a skin di ottima fattura, e il pregio di offrire classi veramente uniche e un approccio molto diretto ai dungeon. È un gioco adatto a chi ama grindare o comunque le parti più meccaniche e “core” degli RPG, meno per chi invece predilige anche una storia decente o quantomeno dei personaggi con cui relazionarsi. È inoltre un gioco molto “self-conscious” della sua natura di RPG e molto giapponese nella presentazione del mondo e nella caratterizzazione di ogni suo aspetto. Conosce bene il suo pubblico e sa parlargli nel modo giusto. Per cui, se vi sentite titillati da questa recensione, probabilmente 7th Dragon è il gioco che fa per voi!

Ho giocato a 7th Dragon III Code: VFD grazie a un codice gentilmente fornito da Nintendo e ho giocato quasi fino alla fine dell'avventura (credo), salvo poi perdermi nella sperimentazione di alcune nuove classi che avevo sbloccato.