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Future Unfolding è riuscito a schiodarmi da Zelda senza farmi incazzare

Durante le ultime settimane, una buona fetta del mio tempo è stata occupata da tre cose che, prese tutte assieme, hanno finito col comporre una bislacca Triforza: l’ultimo Zelda (anche se non ho nemmeno sfiorato il dosaggio e il disagio di alcune persone), una maratona degli speech di Chris Crawford che mi sono rimbalzati su Facebook e chiaramente Future Unfolding, recapitatomi un bel lunedì mattina via giopep.

A dirla tutta, col titolo sviluppato dal team indipendente Spaces of Play mi ero già incrociato qualche mese fa al Milano Game Festival, dove avevo potuto approcciarne le meccaniche e godere dello spettacolare comparto artistico, ispirato – a detta degli autori - ai lavori dell’illustratore svedese John Bauer e a quelli del pittore polacco Jacek Malczewski.

Proprio lui!

A queste influenze si sono mescolate pure tracce dell’impressionismo e della cosiddetta “shadow art”, che a sua volta fa pendant - questa è farina del mio sacco – con i film d’animazione di silhouette girati dall’animatrice Lotte Reiniger, berlinese proprio come i ragazzi di Spaces of Play. Vedi il caso.

Definito come a un “action adventure basato sull’esplorazione”, Future Unfolding si propone al giocatore attraverso una visuale a volo d’uccello tipica dei primi Zelda (che pure risultano tra le fonti dichiarate); diversamente dai titoli Nintendo, però, qui viene mescolata la generazione procedurale di elementi interattivi con scenari fatti a mano, fornendo così a ciascun giocatore un’esperienza e un world design unici, con puzzle che presentano soluzioni multiple a seconda delle variabili emerse. Ammetto che messa così non suoni proprio chiarissima, e del resto Future Unfolding è un gioco abbastanza difficile da raccontare e ancora meno da gestire. All’inizio è spiazzante, ermetico: molla il giocatore davanti a una manciata di simboli arcani senza preoccuparsi di metterlo a suo agio o istruirlo almeno un pochino. L’interfaccia è minimale, l’ambiente di gioco completamente vergine, eppure vivo, reattivo e sempre in movimento, tutto borbottante di meccanismi e trigger vari com’è.

John Bauer, Tuvstarr is still sitting there wistfully looking into the water.

Insomma, la partenza è al limite del disagio, ma un disagio di quelli che non paralizzano, e che mi ha spinto a lanciarmi a rotta di collo verso piante, rocce, foreste, animali, altri animali, ancora animali (parlanti, questa volta, ma ovviamente incomprensibili) senza pensarci troppo su. Quello di Future Unfolding è un meccanismo scattante che offre pochissime resistenze, un libera-tutti per gli approcci a cazzo di cane.

Eppure, al netto del caos, il tema del gioco è emerso subito fortissimo: il rapporto con la natura e la trasformazione, con il nostro avatar che è una sorta di primitiva forza creatrice che innesca tutto ciò che tocca. Una roba da ciclo arturiano alla Boorman, così:

Si dice spesso che il giocatore è anche un po’ autore, ma qui si ha davvero la sensazione che il mondo inizi a esistere solo al nostro passaggio, e per certi versi è vero: la scoperta è alla base del gameplay.

Poi, proseguendo, le cose iniziano a definirsi un po’ meglio. La nebbia si dipana, il ritmo spinge meno e si svelano le analogie, i rapporti di causa ed effetto tra i vari animali, tra la vegetazione, tra le forze della natura. Si afferrano la fisica e il respiro del gioco, ma sempre in maniera empirica e istintiva, più che riflessiva.

Anche i puzzle, che all’inizio sembrano sgangherati e privi di senso, pian piano diventano leggibili, e quando si impara a risolverli con un minimo di cognizione di causa, la soddisfazione è tanta. Più procedevo e meno precipitoso diventavo, più capivo che in Future Unfolding il gameplay viene prima di tutto. Tutto l’apparato artistico, che a una prima occhiata può sembrare pretenzioso o fine a se stesso, è sostenuto da un’idea di design solida sviluppata attraverso un editor di livelli ad hoc, in grado di gestire in maniera coerente foreste, cespugli, laghi, animali, artefatti e tutte le cose che concorrono a costruire puzzle e scenari.

Un tenero coniglietto.

Il contesto reagisce a qualsiasi stimolo, ambiente vegetale e animale si fondono con una certa coerenza e, dopo qualche ora di gioco, lasciano intuire le loro gerarchie; gerarchie biologiche, evolutive, che smascherano Future Unfolding e lo mostrano per quello che è: un videogioco scientifico travestito (bene) da gioco umanistico, dove costanti e variabili si sovrappongono generando situazioni varie e sempre diverse; se quello di Zelda è stato definito gameplay moltiplicativo, qui direi che siamo di fronte a un “game design moltiplicativo”.

Sempre in quest’ottica, il titolo Spaces of Play racconta al giocatore una storia di cambiamento, di evoluzione; parte da un inizio indecifrato e misticheggiante, per poi svelare pian piano scienza, logica e sistemi. Anche gli asciutti passaggi narrativi e il comparto artistico, pur nella loro levità, rimandano a miti di fondazione, crescita e passaggio; a una specie di crepuscolo degli dei.

Va anche detto che Future Unfolding si porta dietro qualche rogna figlia delle attitudini procedurali. Di quando in quando ci si imbatte in momenti noiosi o meno riusciti, si può passare del tempo a esplorare una zona poco influente o addirittura ininfluente: tutti rischi che in un gioco pre-disegnato non esisterebbero, ma che qui che fanno parte del pacchetto. Parlando della mia esperienza, alcuni (pochi) tra i contesti generati mi sono sembrati più imprecisi di altri, o comunque meno riusciti. Gli autori hanno cercato di minimizzare i problemi introducendo l’opzione “Unstick”, una sorta di teletrasporto per uscire dalle beghe, e “Recreate World”, che genera da zero una nuova area. La prima non sarà forse il massimo dell’eleganza, ma in fondo durante la mia run me ne sono servito solamente una volta, e immagino che fosse il miglior compromesso possibile a disposizione dei designer. La seconda è addirittura interessante a livello di concetto, vuoi perché aderisce al taglio del racconto, vuoi perché sfocia nel metatestuale aprendo tutta un riflessione sul rapporto tra libertà e vincoli che in fondo ben si adatta al momento videoludico attuale, che vede sovrapporsi il level design tutto bello geometrico all’orientale e i mondi aperti all’occidentale. Penso di nuovo a Zelda, OK, ma anche all’ultimo Metal Gear, senza contare le botte procedurali di No Man’s Sky. Del resto, e tornando al discorso della Triforza con cui ho iniziato questo sproloquio, non credo sia un caso che titoli nati in contesti così diversi abbiano tante analogie, né che le teorie di Crawford formulate venticinque anni fa riescano a descriverli così bene. Credo, semmai, che c’entrino lo spirito dei tempi e la capacità di coglierlo, o qualcosa del genere.

Ad ogni modo, tornando a Future Unfolding, l’ho trovato un gioco strano, sbilenco, a tratti imperfetto, ma originale e complessivamente riuscito. Si prende un sacco di rischi ma non ti lascia mai stare, non ti lascia mai fermo. La sua particolare formula, i suoi puzzle morbidi e dinamici liberano il giocatore dall’ansia, dalla necessità di esplorare tutto per filo e per segno. È un gioco liberatorio, insomma, che mi sono particolarmente goduto come contorno ideale per la pietanza grossa di Nintendo: suonerà male ma giuro che si tratta di un grossissimo complimento.

Ho sorbito Future Unfolding in una sola run spalmata nell’arco di tre sere: Steam mi dice che ci ho giocato per circa una ventina di ore, ma mi sembra mooolto poco probabile; non è da escludere che abbia dimenticato il gioco attivo mentre facevo altro. Comunque, rispetto alla sessione di due ore praticata mesi fa all’evento milanese, ho potuto apprezzare le varie differenze procedurali. Il gioco è attualmente disponibile in versione PC e Mac, ma nel corso dell’anno dovrebbe sbarcare anche su PS4 e sui sistemi Linux.