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Old Man’s Journey è come l’inizio di Up, ma allungato a un’ora di durata e con qualche inciampo qua e là

L’ispirazione iniziale per Old Man’s Journey, raccontano i membri dello studio Broken Rules, arriva da una semplice fotografia, il ritratto di alcune colline che si perdono sulla distanza. Il senso di profondità, lontananza e desiderio d’esplorazione che quella foto esprimeva è ciò che lo studio austriaco ha voluto provare a comunicare con il suo gioco, una sorta di romantico, malinconico e poetico puzzle game ambientato tra le colline francesi. Ma Old Man’s Journey si è poi evoluto, nel corso dello sviluppo, andando a riflettere ciò che i suoi creatori stavano vivendo in quel periodo (sono diventati tutti genitori durante gli ultimi anni) e finendo quindi per parlare di famiglia, di paternità e rapporti con i propri cari. Il viaggio dell’uomo anziano protagonista è quindi diventato anche un breve cammino lungo il viale dei ricordi, alla ricerca del proprio passato, degli errori, dei rimpianti, parlando di famiglia, amore e paternità.

Old Man's Journey si apre infatti con un uomo in là con gli anni che vive solitario in una casetta sulla costa, alle prese con una lettera giunta da lontano, dal contenuto per noi misterioso ma facilmente intuibile. È accaduto qualcosa, è ora di alzare le chiappe e mettersi in viaggio. Parte così la sua avventura fra colli, mari, fiumi, pianure verdeggianti, paesaggi bucolici, improbabili mezzi di trasporto, deliziose cittadine da fiaba e croccanti scogliere a piombo sul mare, un'avventura lungo la quale il nostro eroe si troverà ad affrontare i ricordi più dolci e i rimorsi più taglienti della propria vita, diretto verso un epilogo dal sapore agrodolce. Non ci vuole un genio, dicevo, per cogliere quantomeno a grandi linee il contenuto della lettera e mano a, mano che si segue il percorso fatto di ricordi, diventa sempre tutto più chiaro, eppure le emozioni non mancano e il gioco di Broken Rules ti conduce con grazia, eleganza e malinconica leggerezza lungo un crescendo efficacissimo. Insomma, è proprio bello.

Ma in Old Man’s Journey non ci sono solo il viaggio, la poesia, le emozioni e il videogiocatore da salotto che ammira l’arte grattandosi la barba. C’è anche un gioco, una sorta di puzzle game non particolarmente ostico, ma dalle idee accattivanti, che gioca con la prospettiva e ti fa pasticciare coi paesaggi. L’obiettivo è sempre quello di far raggiungere un determinato luogo al protagonista e per farlo bisogna muovere letteralmente in giro i colli che compongono le ambientazioni. Lo si fa cliccando col mouse o pasticciando con le dita, a seconda della piattaforma su cui si gioca, e creando delle intersezioni che sfidano la prospettiva e sbloccano nuovi passaggi. Il momento in cui ci si rende conto per la prima volta di come funzionino le cose, accompagnati da quelle musiche e da quello stile visivo, lascia abbastanza a bocca aperta, ma tanto ormai ve lo siete giocati leggendo la recensione fino a qui. Superato quell’attimo, però, rimane una meccanica intelligente, stimolante e che ti costringe ad esaminare ed esplorare il paesaggio in maniera attenta.

Non si incontrano mai situazioni particolarmente complesse da risolvere, ma d’altra parte non è da questo tipo di gioco che ci si deve attendere una devastazione di cervella. I puzzle di Old Man’s Journey offrono un’esperienza gradevole, scorrevole e fluida, permettendo di sperimentare a piacere, dando talvolta spazio a una minima varietà nelle soluzioni e inserendosi all’interno di ambienti interattivi pieni di spunti con cui pasticciare, fra piccoli spazi che nascondono storielline e lampi interattivi in ogni dove con cui divertirsi. È per altro soprattutto in questo che emerge la natura “mobile” del gioco, senza dubbio giocabilissimo e gradevole anche armati di mouse, ma che in più di un contesto mi ha dato l’impressione di essere stato pensato per un esperienza più “tattile”. Insomma, ogni tanto, avrei voluto spostarle a ditate, quelle colline, e avrei voluto infilare la mano nelle acque di quelle cascate. E magari sbaglio a pensare che la sua piattaforma di riferimento sia il tablet, ma magari anche no, considerando quanto i menu siano palesemente pensati per chi li manovra su un touch screen.

Al di là di queste (lievi e superflue) annotazioni sull’interfaccia e di due momenti vagamente arcade gradevoli, ma forse un po’ fuori contesto e tirati per le lunghe, è difficile muovere critiche a un gioco che porta a casa il risultato con gran decisione. Racconta emozioni forti e lo fa bene, lavorando con gusto impeccabile su immagini e suoni, giocando sulle piccole cose, su come cambia uno sguardo in maniera quasi impercettibile, su un sorriso accennato, su una campana che risuona in lontananza e un’onda che si infrange sugli scogli, e dice tanto con poco. Propone una meccanica interessante e azzeccata, non la sviluppa come farebbero magari altri giochi ma ci si appoggia con intelligenza lungo tutto il suo percorso, costruendovi attorno anche alcune piccole varianti molto riuscite. Commette qualche errore qua e là, ma è davvero poca roba, dal peso minimo in un gioco così delizioso e in un’esperienza così breve e così riuscita nei suoi momenti migliori. Poi, sì, non racconta nulla che non si sia già visto altrove, ogni tanto ti chiedi se questa stessa storia non funzionerebbe meglio senza l’interazione fra le palle e si inserisce nel grande filone dei giochi che “Metto una stella perché dura poco, si gioca poco e OK che non c’è una riga di testo ma insomma, sarebbe ora di tradurre i giochi in italiano”. Ma che ci dobbiamo fare?

Ho ricevuto un codice Steam dallo sviluppatore e ho completato il gioco in poco più di un’ora. Old Man’s Journey è disponibile anche su Android e iOS.