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La recensione più brutta del film più bello sul film più brutto mai girato: The Disaster Artist

Immagino che, come tutti i grandi obiettivi della vita e di carriera, diventare un attore sia oltremodo impegnativo. Non basta avere il sogno, la passione per il cinema, la visione a spingere ogni passo che intraprendi, ma sono necessari anche un po’ di talento, un sacco di anni di studio e pratica… e, come in tutte le cose, anche una discreta dose di fortuna. Nel 1998, Tommy Wiseau non aveva nessuna di queste cose (e onestamente non credo le abbia neanche ora), e finì per prendere una serie di porte in faccia che, con tutta probabilità, spiegano il grugno sbilenco che si ritrova. Ma, oggi come allora, Tommy Wiseau aveva, inspiegabilmente, un sacco di soldi: l’uomo venuto dal mistero prese baracca e burattini, strinse a sé il suo unico amico Greg Sestero, come un Charles Manson qualsiasi farebbe con degli sbarbati inconsapevoli, e decise di edificare la sua chiesa in un deserto di talento. The Room stava per venire alla luce.

The Room è, probabilmente, l’opera che ha dato il la al modo di dire “È talmente brutto che fa il giro e diventa bellissimo”. Un buco nero attoriale, un’accozzaglia di storie che non si seguono e soprattutto una tra le produzioni più raffazzonate e formalmente sbagliate nella storia del cinema, in cui Wiseau pretendeva di avere il controllo totale su quello che accadeva sul set, pur avendo le conoscenze in materia di un paramecio. Nonostante questo spreco immane di soldi e forza lavoro, però, il film vide le sale (o, meglio, *la* sala), passando da film drammatico a cult comico, con una reputazione cresciuta di anno in anno grazie a proiezioni notturne che vanno avanti dal 2003 a oggi e che, sicuramente, sarà destinata ad aumentare grazie a The Disaster Artist.

Tratto dal libro scritto da Greg Sestero durante i giorni sul set, The Disaster Artist è sostanzialmente un grande, assurdo dietro le quinte delle riprese di The Room, in cui lo spettatore segue l’ascesa (?) di Tommy Wiseau, da signor nessuno venuto dall’ombra ad attore e regista di successo (???). Nel farlo, James Franco (che dirige la pellicola e interpreta il ruolo di Wiseau) dimostra, oltre di aver fatto i compiti a casa, tutto il suo amore per l’opera originale, come se The Room fosse un mattone fondamentale che l’ha portato ad essere quello che è oggi, ovvero uno fra gli artisti allo stesso momento più sopravvalutati e sottovalutati di Hollywood.

La passione, l’amore e la cieca rabbia che hanno dato vita all’opera prima di Wiseau si riflettono perfettamente in The Disaster Artist, che se possibile riesce nell’impresa di aumentare il fascino perverso e misterioso di The Room, piuttosto che diradare le nubi che lo ammantano. Così come nella vita vera, le spiegazioni per alcuni gesti inspiegabili avvenuti durante la realizzazione nel film non vengono mai veramente date, facendoci sentire esattamente come potevano sentirsi i membri del cast e della troupe durante la realizzazione di uno tra i film più brutti mai girati. Tutto, in The Disaster Artist, è talmente assurdo da essere incredibile, sbagliato, esagerato e quasi inquietante. E quindi verissimo.

Tra le tante assurdità di The Room, l'abuso di artifizi costosi per ricreare situazioni reali molto economiche (vedi l'uso del green screen).

L’assurdità di vedere un uomo tutto sommato ignorante ma appassionato e generoso mentre dilapida una fortuna inseguendo una chimera, l’orrore dato dal delirio di onnipotenza dei soldi, la perversione di piegarsi a tutti i costi sotto il peso di aspettative che non verranno mai raggiunte ma, anzi, finiranno completamente sovvertite… The Disaster Artist, ancora prima di essere un film sulla realizzazione di un film sbagliato, o per certi versi una lettera d’amore al cinema di terza categoria fatto nel peggiore dei modi, è soprattutto una storia umana clamorosa, che racconta come tutti quelli che gravitano intorno a Wiseau si siano persi, chi più chi meno, nella testa di un Rasputin con meno barba e più cinture.

In questo senso, la bravura di James Franco viene evidenziata da una prova attoriale clamorosa, in cui non solo spiccano l’accento impossibile e tutto il repertorio di faccette di Wiseau, ma anche la capacità di restituire il suo protagonista in tutte le sfaccettature, senza glorificare il sogno americano che ha reso possibile questo abominio ma, anzi, evidenziandone i lati negativi, mettendo sotto i riflettori i comportamenti tossici di Wiseau e l’impotenza di chi gli stava intorno. Per non parlare poi della bravura come direttore d’orchestra, in grado non solo di ricavare il meglio dal resto del cast (infarcito, come tradizione Franco, di infiniti camei), ma anche meticoloso al punto da mettere in scena gran parte delle scene del film in quello stesso modo agghiacciante e macchiettistico diretto e interpretato dal vero Wiseau… ma senza riuscirci davvero, ché recitare male per un attore bravo è molto più difficile che recitare bene per un attore cane.

Insomma, The Disaster Artist è una parabola assurda, toccante, orrenda e verissima su uno di quei sogni americani che, similmente a quelli di produttori guasconi e presidenti operai più o meno recenti, hanno saputo far venire gli incubi a molti. You're tearing me apart!

Per favore, non guardate The Disaster Artist doppiato in italiano. Neanche se vi danno tanti soldi.