Datura: suggestione onirica e una mano fluttuante
Trovarsi di fronte a una favola macabra e allucinata, che fa chiaramente riferimento ad Alice nel paese delle meraviglie e alle opere dei fratelli Grimm o di Roald Dahl, è indubbiamente affascinante. Dopo aver sperimentato col viaggio visionario di Linger in Shadows - di fatto un lungo filmato interattivo - Plastic Studio ci riprova, con qualcosa di più videoludico, ma altrettanto misterioso. L’incipit di Datura è molto leggibile: partendo da un viaggio in un’ambulanza, finiamo improvvisamente in una foresta, con tanto di citazione dantesca. Datura, che basa il proprio carisma quasi esclusivamente sull’atmosfera, cade però proprio nell’ingenuità concettuale di alcuni passaggi. Chiunque sia cresciuto con Silent Hill, o in generale apprezzi autori di un certo tipo, non avrà difficoltà a decifrare i suoi misteri e le sue metafore, che pure rimangono fascinose nel loro mostrarsi ambiguo e surreale. Proprio come il fratellino che l’ha preceduto, il gioco Plastic Studio è principalmente un trip visionario, un susseguirsi più o meno logico di eventi bizzarri e apparentemente slegati, ma che costituiscono in realtà i pezzi di un interessante puzzle. L’elemento base di tutto il gioco è il fattore immedesimazione: quello che vedrete a schermo è la vostra mano, pronta a interagire con gli elementi del fondale. È previsto il supporto del joypad classico, ma sia una mappatura oscena dei controlli, che la stessa natura del gioco, spingono all’utilizzo del Move.
Eternamente in primo piano, questa mano fluttuante è la chiave per svelare l’arcano, districare gli enigmi e sperimentare, almeno nelle intenzioni degli autori, l’impressione di toccare e sentire ogni forma che ci si presenta davanti. Sia essa un albero millenario, o una statua disfatta dal tempo, la mano vi si poggia con un leggero tremolio del Move, muovendo realisticamente le dita, proprio come se fossimo dei non vedenti che devono saggiare la natura di ciò che li circonda. Affascinante all'inizio, e realmente utile solo in alcune circostanze, questa possibilità si fa presto oziosa, non tanto nelle intenzioni, quanto nello svolgersi dell’avventura, che non utilizza quasi mai questo espediente per stupire con qualche sorpresa. Croce e delizia di Datura sono, appunto, i controlli. La prima cosa importante da sottolineare è l’enorme spazio da avere a disposizione per giocare. Dimenticate gli sparatutto su binari, dove un attento movimento del polso poteva farvi tranquillamente giocare senza sbracciarvi. In Datura mi è capitato più di una volta di non poter prendere un oggetto perché troppo "in basso" rispetto al letto sul quale ero seduto. E lo stesso per alcuni oggetti che mi hanno costretto a protendermi verso lo schermo per poterli afferrare.
Se per quanto riguarda il primo caso è consigliabile giocare in piedi o su una poltrona di fronte alla TV, il secondo fattore – pur inizialmente affascinante – si rivela col tempo piuttosto noioso. Il gioco prevede l’uso del solo Move per compiere ogni azione: ci si sposta quindi premendo un tasto, e si volge lo sguardo in accordo coi movimenti del controller. Lo svezzamento del giocatore attraversa quindi tre fasi. La prima è di adattamento. Avanzare e indietreggiare con due tasti diversi come se stessimo controllando un'automobile non è il massimo dell’intuitività. Con il Move ci si può guardare intorno, ma per muoversi sull’asse orizzontale bisogna tenere premuto un tasto e spostare il controller nella direzione desiderata. In breve: sembra di avere a che fare con i veicoli del primo Halo, e non sono rari, all’inizio, momenti in cui ci si incastra nel fondale, in vere e proprie manovre solo per poter andare alle spalle di una fontanella. La seconda fase è quella dell’abitudine: una volta presa la mano coi controlli (e non è una facile battuta), spostarsi all’interno delle misteriose ambientazioni del gioco diventa piuttosto naturale. Il terzo ed ultimo stadio è purtroppo quello dell’insofferenza. Una volta capaci di muoversi con scioltezza, si cozza con i limiti del sistema di controllo. La già citata necessità di sbracciarsi anche soltanto per prendere un sasso, dover trovare l’esatta calibratura per versare un po’ d’acqua in una scodella, lanciare pietre su dei bersagli, in maniera mille volte meno intuitiva di un qualsiasi Boom Blox, rende Datura piuttosto macchinoso, incrinando quel fattore onirico cui tanto ambisce. Anche gli enigmi sono poco più di un pretesto per riempire il “viaggio metafisico” del gioco.
L’esperimento è dunque un bicchiere mezzo pieno o vuoto a seconda delle vostre aspettative. L’aspetto tecnico essenziale delinea passaggi molto ben fatti, dalle cortecce degli alberi al manto di foglie sul quale ci muoviamo, senza contare i vari effetti di luce e nebbia o l’irrequieto ronzare di mosche e farfalle intorno alle nostre mani. Qualche calo di frame-rate fa storcere il naso, vista l’esigua mole poligonale, ma nell’insieme il gioco riesce a trasmettere quel senso di mistero e smarrimento su cui fa leva l’intera esperienza. Grazie anche ad una colonna sonora notevole, il guscio di Datura, per un titolo a basso budget, è sicuramente apprezzabile. Peccato che la brevità dell'avventura e i controlli rugginosi rendano il tutto un po' troppo "faticoso" da giocare. La pretestuosità di alcune scelte morali, poi, sempre molto nette in termini etici e poco inclini a sfaccettature profonde, non spingono a reali riflessioni sul bene ed il male.
Se certe suggestioni non fanno al caso vostro, e i titoli che si spingono più sul lato sperimentale e narrativo che ludico vi fanno storcere il naso, non toccate Datura nemmeno con un bastone. Tuttavia, il sapore amarognolo di questo viaggio spettrale, intimista, visionario e metafisico, pur minato da diversi bachi tecnici, rimane, al prezzo offerto, un'esperienza che gli appassionati del genere dovrebbero quantomeno provare.
Datura è stato scaricato dal PSN tramite un codice per il download ricevuto direttamente da Sony e ultimato in poco meno di due ore. È possibile temporeggiare o ultimare l'esperienza in molto meno tempo, se si avanza speditamente senza esplorare.