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Delitto e castigo in Sleeping Dogs

Quello dei sandbox è un genere controverso per me. A volte li adoro al punto di non riuscire a staccarmene fino a quando non finisco il gioco che mi è capitato per le mani (come Red Dead Redemption, per esempio), altre volte mi annoiano abbastanza in fretta nonostante riconosca i loro indubbi pregi (un qualsiasi Grand Theft Auto dal terzo episodio in poi). Quando gioco mi prende l’ansia di tutto quello che c’è o potrebbe esserci e che mi sto perdendo, e penso a una fantomatica sotto-missione che non potrò affrontare mai più dopo aver finito quella che sto facendo ora. Sì, lo so, è un comportamento psicotico, ma non posso farci niente. Forse mi spaventa la troppa libertà di scelta e preferisco che gli sviluppatori mi diano un campo di gioco con qualche limitazione. Sleeping Dogs, fortunatamente, trova quello che per me è il giusto bilanciamento tra libertà di azione per il giocatore e un’esperienza più guidata. La nascita di Sleeping Dogs è stata piuttosto travagliata. Dopo averlo annunciato nel 2009 come True Crime: Hong Kong, Activision, a causa dei costi crescenti e dei ritardi, cancellò il gioco nel 2011. Sei mesi più tardi, Square Enix annunciò di aver acquistato i diritti di pubblicazione del gioco, chiamato però Sleeping Dogs perché i diritti del nome True Crime sono ancora in possesso di Activision.

Una cosa va messa subito in chiaro: Sleeping Dogs non brilla certo per originalità. Fin dai primi istanti gli appassionati di cinema noteranno le molte somiglianze tra il titolo sviluppato da United Front Games, con il supporto dello studio londinese di Square Enix, e Infernal Affairs, lo splendido film diretto nel 2002 da Wai-keung Lau e Alan Mak. Gioco e film si svolgono entrambi a Hong Kong, ma è anche la trama ad avere molti punti in comune. Già che ci siamo, parlerò subito della storia di Sleeping Dogs: sebbene non particolarmente originale, ha dei personaggi interessanti e ben tratteggiati, che riescono a mantenere vivo l’interesse senza però risultare invadenti o disturbare. La struttura aperta del gioco fa sì che il giocatore possa dedicarsi alla trama principale quando ne ha voglia e nel frattempo dilettarsi con le tante attività secondarie disseminate per la mappa della città. Sebbene non sia stata riprodotta minuziosamente, la Hong Kong di Sleeping Dogs mantiene quell’aria di città moderna, ma ancora legata alle proprie origini e tradizioni. Le quattro aree in cui è suddivisa rappresentano con efficacia le differenti anime che convivono all’interno del centro urbano e la sensazione di trovarsi davvero lì è forte. Le vicende del protagonista Wei Shen, un poliziotto infiltrato in incognito nella Triade di Hong Kong, e dei personaggi di contorno sono appassionanti e raccontate con buon ritmo e mestiere, grazie anche all’ottimo doppiaggio che unisce alla perfezione inglese e cantonese. Tuttavia, mentre in altri sandbox siamo abituati a interpretare dei criminali veri, Wei Shen è un poliziotto, e il suo dilemma morale è rappresentato bene dagli autori e sfruttato a dovere ai fini delle meccaniche di gioco.

A una prima occhiata, Sleeping Dogs potrebbe sembrare l’ennesimo clone di Grand Theft Auto. Il gioco deve molto al capolavoro di Rockstar, che non è però la sola fonte d’ispirazione. A me ha ricordato tantissimo Assassin’s Creed, soprattutto per via dell’attenzione posta dagli sviluppatori sul parkour e sul sistema di combattimento a mani nude. Questo in particolare è uno degli aspetti del gioco che ho apprezzato di più, al punto che non è stato raro ritrovarmi a cercare qualche nemico solo per il gusto di menare le mani. Non è per niente un sistema di combattimento profondo, ma riesce ad essere divertente anche nella sua relativa semplicità. Il combattimento con le armi da fuoco è invece piuttosto standard, con le solite meccaniche di fuoco in copertura e gli immancabili bidoni da fare esplodere; lo definirei adeguato, ma non è uno degli elementi migliori. Tra quest’ultimi invece vanno sicuramente messe le sezioni di guida, che mi hanno divertito al punto da farmi completare tutte le diciotto gare del gioco e di guidare quasi sempre da una parte all’altra della città tra un obiettivo e l’altro (anche perché non si vede mai un taxi quando ne serve uno). Non mancano gli elementi GdR, che arricchiscono la crescita del personaggio obbligandoci a scegliere quali abilità selezionare ogni volta che guadagniamo un livello da poliziotto o mafioso o troviamo una delle statue di giada perdute. In realtà queste scelte sono meno importanti di quanto sembri all’inizio, perché è tutt’altro che complicato raggiungere il livello massimo e quindi riuscire ad attivare tutte le abilità.

L’ossatura principale di Sleeping Dogs è rappresentata dalle missioni che Wei Shen deve completare per avanzare nella storia. Queste sono suddivise in due categorie, quelle della polizia assegnateci da una collega e quelle per conto della Triade che ci vedranno scalare la gerarchia della mafia cinese. Oltre a offrire una discreta varietà in obiettivi e modalità di gioco, vestire alternativamente i ruoli del gangster e del poliziotto spezza la routine di dover avere sempre lo stesso ruolo e dà alle missioni un tono diverso, anche se spesso si tratta solo di una questione meramente cosmetica. A fare da contorno alla trama principale c’è Hong Kong, con una grande quantità di missioni secondarie, corse in macchina e numerosi segreti da scoprire. Io ho smesso di cercare casse e telecamere nascoste ben prima di trovarle tutte, ma gli amanti dei segreti e dei trofei, o Achievement che dir si voglia, avranno di che divertirsi per un bel po’.

Giocare a Sleeping Dogs è stato piacevole e divertente per tutta la sua durata. Ho impiegato circa 21 ore a completarlo, tralasciando molti segreti, ma finendo quasi tutte le missioni secondarie. L’originalità non è sicuramente il suo pregio migliore, ma prende ispirazione da ottimi giochi e utilizza gli elementi in maniera oculata e azzeccata. Le varie parti che compongono Sleeping Dogs non raggiungono mai l’eccellenza (a parte il doppiaggio) se prese singolarmente, ma la loro somma fa di questo gioco un buon rappresentante del genere dei sandbox e un prodotto che vale sicuramente la pena di provare. A parte qualche occasionale problema con la telecamera durante i combattimenti e nelle fasi di guida, non ci sono grossi difetti da segnalare. Dura il giusto, come gli ospiti che se ne vanno prima di cominciare a risultare molesti, e sfrutta i suoi pregi senza abusarne e senza annoiare i giocatori. Meno male che Square Enix ha creduto in questo progetto, perché sarebbe stato un peccato se Sleeping Dogs fosse finito nel limbo dei giochi mai completati e pubblicati.

Ho giocato a Sleeping Dogs in versione PC grazie a un codice Steam cortesemente fornitomi dagli uffici londinesi di Square Enix.

VOTO: 8