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Dream Alone è brutto, fa troppo caldo per girarci intorno

In cuor mio, sapevo che avrei fatto meglio a chiudere questo pezzo lo corso venerdì, ché avevo tempo e faceva pure un bel freschetto. E invece, per tutta una serie di sfighe di quelle che ci finisci senza nemmeno accorgertene - ma intanto ci finisci - mi tocca buttarlo giù di domenica pomeriggio, avvolto da un caldo umido pazzesco, bestiale, infernale. Un caldo che riesco a malapena a gestire solo grazie al sempre ottimo Evapolar™.

D’altronde, con l’estate non si può mai sapere: il termometro sale, gli strambi impazziscono e in fondo è per questo che mi ha sempre fatto schifo, come stagione.

«Scotta, scotta, scotta, scotta».

Scusate. Mi è partito lo sbrocco, ma d’altronde l’ho ben detto che il termometro sale e gli strambi eccetera eccetera. Resta che mi sarebbe piaciuto adoperare questo tempo per parlare di qualcosa di bello e invece mi tocca prendere il toro per le corna e fare i conti con Dream Alone, l’ennesimo platform puzzle in dueddì per PC e Switch che, oltre a non fare granché per distinguersi dal mazzo, se lo chiedete a me, non raggiunge neppure la sufficienza.

Sviluppato da WarSaw Games, studio indipendente con sede a… (su, indovinate!), e pubblicato da Fat Dog Games, Dream Alone immerge il giocatore in una vaga atmosfera horror per raccontare le avventure del giovane Irra. Col fatto che un misterioso morbo ha colpito gli abitanti del suo villaggio, compresi i genitori, piegandoli a un sonno molto simile alla morte, il ragazzino decide di mettersi in viaggio alla ricerca della misteriosa Lady Death, l’unica che potrebbe avere in tasca la soluzione al problema (con un nome così, vai sereno).

Le premesse non sono il massimo dell’originalità, e il gioco del resto si presenta come una brutta copia di Limbo, da cui sembra aver preso solo gli aspetti peggiori. La grafica insegue grossolanamente le ambientazioni in bianco e nero del titolo PlayDead, scimmiottandone lo stile e scopiazzandone persino certi avversari (vedi il ragnone alla fine del primo mazzo di livelli). Il character design e in generale il taglio delle scene di intermezzo sono invece un dichiarato omaggio all’immaginario di Tim Burton, ma anche in questo caso il risultato è piuttosto meh. Durante il suo cammino, il pallido protagonista è costretto a barcamenarsi tra nemici sempre uguali e poco ispirati, e ambienti definiti da fondali posticci che in un paio di occasioni mi hanno ricordato la palude di Quarto Potere (non è un complimento). Anche le musichette non sono nulla di eccezionale, al punto che se ora provo a farmele rimbalzare per la testa - nonostante abbia spento la console meno di mezz’ora fa - non ci riesco. Ah, poi c’è questa cosa che, se nel menù iniziale spingete l’interruttore “sangue” su on, potrete assistere a una goffissima spruzzata di ketchup sullo schermo ogni volta che il ragazzetto muore. Brrr.

La scelta di implementare il filtro dark/retrò, sacrificando gran parte della fruibilità del gioco, è incomprensibile.

Ma già al netto delle rogne che ho nominato, il vero problema di Dream Alone è la presenza costante di un filtro retrò scurissimo e sfarfallante che inquina tutta l’area di gioco. Immagino fosse nelle intenzioni degli autori mimare le pellicole consumate dei vecchi film, magari horror. Purtroppo, lo sgradevole layer - assieme a occasionali zoomate mal calibrate - pregiudica anche quel poco di buono che il comparto artistico avrebbe da offrire, e rende involontariamente illeggibili alcuni elementi interattivi.

Francamente, non sono riuscito a capire le ragioni di una scelta tanto fuori mira: il punto voleva essere aumentare il fascino del gioco, il livello di difficoltà, o scatenare delle crisi epilettiche?

Rogne estetiche a parte, anche parlando di gameplay, Dream Alone mi è parso davvero poco ispirato; con un level design sciatto e nemici i cui pattern si riducono grossomodo a un destra-sinistra, sinistra-destra,

Scusate, è sempre il caldo che mi fa sbroccare. Al giocatore la testa non si stacca, ma dopo un po’ sicuro gli fa male. E capace che gli girino pure le balle, ché a causa di un cattivo bilanciamento e di una gestione del ritmo ancora peggiore, il titolo di WarSaw Games alterna senza senso momenti di piatta ad altri eccessivamente difficili, frustranti e bari. Sovente, gruppi di mostriciattoli piombano addosso al giocatore senza lasciargli il minimo spazio di manovra per reagire – ovviamente si muore sempre sul colpo - e più di una volta mi è capitato di procedere a passo uno solo per far scattare dei trigger al momento più opportuno.

Anche le scene di intermezzo sono quasi sempre un po’ infelici.

Ora, capisco che i cosiddetti videogiochi masocore siano stati sdoganati da un po’. Però, come dire, certe cose bisogna saperle fare. Non basta alzare il livello di difficoltà a cazzo, per addizione, o adoperare trucchetti sporchi per trovarsi tra le mani il nuovo Dark Souls. Ci vuole un design solido, capace di lasciar trasparire coerenza e onestà tra le pieghe della crudeltà. È un continuo “do ut des”: ti frantumo le palle a suon di mazzate, OK, ma alla fine ti forgio e ti insegno a leggere la mia struttura.

Insomma, bisogna essere dei funamboli per punire e gratificare allo stesso tempo, e Dream Alone non lo è di sicuro. Anzi, scivolerebbe sulle sue stesse stringhe, tradito dalle finiture grossolane, dalla pigra risposta del protagonista, dalla fisica incostante e persino da qualche bug: tra un livello e l’altro, mi sono imbattuto in salti (il)logici di montaggio.

Oddio, ogni tanto, tra la piattezza generale, si fa luce qualche variabile un minimo interessante – penso a certi segmenti in barca o a qualche puzzle non così malvagio – ma per lo più si balla tra la noia e la frustrazione. Per provare a agitare un po’ le cose, i designer hanno voluto inserire alcuni potenziamenti a consumo. Fossero stati sfruttati come si deve, detti poteri non sarebbero neanche tanto male; ma per l’uso scontato che ne è stato fatto, servono giusto a spuntare la voce “power up” sui comunicati stampa.

Comunque, la prima di queste magie permette di attivare una dimensione parallela per divincolarsi da cul-de-sac del tutto ininfluenti in termini di level design. Un’altra consente di creare un doppelgänger del protagonista - purtroppo statico - buono giusto per azionare un paio di meccanismi di cui si sarebbe potuto fare senza, visto che non migliorano l’ingaggio generale.

Al di là del fare un po' di scena, il passaggio tra una dimensione e l'altra non aggiunge granché alle meccaniche di gioco.

L’unico potenziamento involontariamente felice è una sfera di luce che illumina gli ambienti più scuri e corregge temporaneamente i problemi del filtro. Ad ogni modo, ripeto, detti power-up non fanno una grossa differenza. A volte tocca combinarli, ma anche in questo caso, l’impaccio della cosa è talmente evidente che, come direbbe Albert Rosenfield, si vede proprio che il gioco “cerca di ragionare”.

Ah, già che c’erano, gli autori hanno pensato bene di posizionare le varie pozioni/ricariche dei poteri esattamente nei punti più consoni per svelarne l’esigenza, levando al giocatore anche quel poco di gusto nell’interpretare lo scenario.

In definitiva, considerata la ricchissima offerta di giochi alla Limbo e alla Inside (senza contare gli stessi Limbo e Inside, se ancora non ci avete giocato), e in generale di platform puzzle di qualità per PC e Switch, non vedo particolari ragioni per dare la precedenza a quello di WarSaw Games. Poi, oh, fate un po’ voi.

Ho giocato a Dream Alone su Switch grazie a un codice gentilmente fornito dallo sviluppatore. Me lo sono sorbito nel giro di quattro serate, ma va detto che il gioco perde smalto già dopo un paio d’ore, dopodiché la voglia di continuare dipenderà soprattutto dalla vostra resistenza al filtro sgangherato e all’epilessia. Ricordo comunque che Dream Alone è disponibile dallo scorso 28 giugno per PC e, appunto, Switch; mentre le versioni PlayStation 4 e Xbox One sono previste per il prossimo autunno.