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eXistenZ #15 – Quel fuckin' nightmare di Super Mario Bros

eXistenZ è la nostra rubrica in cui si chiacchiera del rapporto fra videogiochi e cinema, infilandoci in mezzo anche po' qualsiasi altra cosa ci passi per la testa e sia anche solo vagamente attinente. Si chiama eXistenZ perché quell'altro film di Cronenberg ce lo siamo bruciato e perché a dirla tutta è questo quello che parla proprio di videogiochi.

“The worst thing I ever did? Super Mario Brothers. It was a fuckin' nightmare. The whole experience was a nightmare. It had a husband-and-wife team directing, whose arrogance had been mistaken for talent. After so many weeks their own agent told them to get off the set! Fuckin' nightmare. Fuckin' idiots.” Sono le parole di Bob Hoskins, all'interno di un'intervista rilasciata al Guardian nel 2007, quattordici anni dopo l'uscita del film che l'ha visto interpretare il ruolo di, ehm, Mario Mario, al fianco del Luigi Mario di John Leguizamo. Un'esperienza di quelle che ti segnano a vita, per un film che ha fissato il punto di non ritorno sul tema “marchi Nintendo gestiti da aziende che non si chiamano Nintendo” e ha ucciso sul nascere l'allora promettente carriera dei registi Annabel Jankel e Rocky Morton. Un disastro completo, figlio di una lavorazione a dir poco difficoltosa (fra litigi, risse, alcolismo e ossa rotte) e raro caso di “oggetto” firmato Mario in grado di fallire completamente al botteghino.

Ma è tutto sterco quel che puzza? Beh, abbastanza. Però, in fondo, il povero Super Mario Bros. ha il pregio di non essere uno di quegli adattamenti videoludici medio-mediocri, né carne né pesce, che si vedono regolarmente al cinema oggi. È brutto, non ci piove, ed è brutto in quanto fatto male, pasticciato, pieno di situazioni e battute imbarazzanti, con un Dennis Hopper che non capisci se sta recitando col pilota automatico o è strafatto di cocaina e una seconda parte in cui regna l'accazzodecane più totale in termini di montaggio e narrazione, con gag infilate a caso per risollevare l'attenzione nel mezzo del monotono disinteresse generato dal racconto. E non è neanche talmente brutto da fare il giro e diventare bello. Eppure, sotto quello strato di film sbagliato e di adattamento che poco o nulla ha a che vedere con l'originale, c'è uno spirito completamente fuori di cozza, che mette in scena una specie di Regno dei funghi filtrato dalla visione sotto acidi di un maniaco sessuale. E hai detto niente.

Cominciamo dal target. I videogiochi Nintendo, tipicamente, sono pensati per piacere a tutta la famiglia. E per farlo con una bella faccia piaciona, simpatica, adorabile. Li metti serenamente in mano a tuo figlio, perché sai che Nintendo lo tratterà come si deve, ma in fondo anche tu sei lì che guardi lo schermo con un sorrisone stampato in faccia e gli occhi lucidi. Il film di Super Mario Bros. interpreta questo rivolgersi a tutte le età in una maniera un po' bizzarra, raccontando una storia semplice e per bambini, piena di gag fisiche e scemenzucole, ma infarcita di momenti comici pensati per i papà. Ed è soprattutto la direzione dell'adattamento a lasciare di stucco, con la sua rilettura “adulta” e stordita del Regno dei funghi e dei personaggi che lo popolano. Sul serio, in certe trovate c'è del genio, o anche solo un uso smodato di sostanze stupefacenti.

Mario, Luigi e tutti i personaggi della Brooklyn in cui si avvia la storia parlano con un accento marcatissimo e sparano battute sui sindacati, mentre attorno a loro circolano macchiette di livello come la tizia che tiene sempre stretta in mano la sigaretta, anche durante gli stunt più assurdi. I Goomba sono frutto di una macchina in grado di “devolvere” il cervello della gente: tizi enormi, completamente rincoglioniti, con la testa da dinosauro microcefalo, che vanno in giro emettendo monosillabi. Toad è un musicante da strada strafatto e coi capelli rapati a spirale, che subisce pure lui il trattamento Goomba e suona le musiche del videogioco con l'armonica. Koopa/Bowser è una specie di dittatore/mafioso che prende per il culo i Mario con il gesticolare da italoamericano e imbraccia un Nintendo Super Scope (il de-evolutore portatile). Già solo per il fatto di vedere Dennis Hopper con in mano quell'aborto di periferica, il film meriterebbe. Ma vogliamo parlare, poi, di quei cinque minuti in cui Hopper “ci prova” e addirittura cerca di dare un senso alla sua interpretazione, azzardando movimenti che tradiscono le origini da T-Rex del suo personaggio durante una semplice conversazione? Questo, secondo me, avalla l'ipotesi cocaina: probabilmente era l'unico giorno di riprese in cui non aveva pippato.

No, dico...

L'aspetto più affascinante della faccenda, comunque, è il filtro cupo e completamente fumato attraverso cui viene passato tutto quanto. Il Regno dei funghi, innanzitutto, è tale perché invaso da un, ehm, fungo batterico, una specie di slime disgustoso che infesta una Manhattan da dimensione parallela e produce, ehm, funghi, uno dei quali sarà usato da Mario come scudo – mentre pronuncia le parole “Trust the fungus” – per difendersi dal raggio del Super Scope. E subito dopo, avendo lui usato il fungo, assistiamo a una sequenza di teletrasporto durante la quale Mario cresce di dimensioni. Wink wink. Ah, il fungo batterico è in realtà Lance Henriksen, padre della principessa Daisy, de-evoluzionato da... no, OK, ho perso il filo.

Il Regno dei funghi, dicevo, è una città tutta cupa, oppressa dal dittatore-T-rex, popolata da donne lucertola che portano uova giganti in giro nel passeggino, in cui gli hot dog sono panini farciti di salamandre e le pareti dei palazzi mostrano il volto enorme dell'oppressore mentre in strada sfrecciano auto della polizia uscite da un Mad Max a caso. La trasformazione da personaggi dei videogiochi a esseri più o meno umani, poi, ha dell'incredibile. Koopa/Bowser è un T-Rex evoluto in pseudo-umano che nel finale tornerà lucertolone, e OK. Ma vogliamo parlare di Big Bertha? Come si passa da pesce gigante rosso che vuole mangiare Mario a donna di colore enorme e fortissima che viene sedotta da Mario (dopo averlo preso a pugni in faccia) in una discoteca piena di tizie in mutande e reggicalze? E la sua prima apparizione? Una vecchia sta minacciando Mario e Luigi per derubarli (e già qui il WTF è potente), ma ecco che Big Bertha arriva in volo, prende la vecchia, la scaglia giù dal cavalcavia e deruba Mario e Luigi.

Due gocce d'acqua.

Fra l'altro, a proposito di reggicalze, taglio “adulto” e film per tutta la famiglia. Super Mario Bros. è un film in cui, come detto, a un certo punto Mario e Luigi si infilano in una discoteca tutta sexy e Mario inscena una danza seduttiva con Big Bertha che gli si struscia sul pacco. Per non parlare del ruolo giocato da Daisy, la nostra amata principessa. Samantha Mathis, all'epoca, aveva ventitré anni, era super ciccina e tutto sommato ci stava bene, nel ruolo di principessina dei sogni. Tanto più che la sua voce che urla “Luiiiigiii” è una fra le cose più fedeli al modello originale presenti nel film. Anche se, tecnicamente, la voce che urla “Luiiiigiii”, nei videogiochi, mi sa che è arrivata dopo. Ma parliamo un attimo di come la nostra amata principessina viene trattata nel film. Prima, il mafioso Scapelli le squadra le cosce guardandola vogliosa. E poi c'è una scena in cui Koopa, fondamentalmente, la molesta, fissandola arrapato, facendo battutacce sulla “prima volta” e allungandole una slinguazzata. Il film per bambini.

In compenso, in tutto questo delirio, c'è una singola, incredibilmente riuscita, trovata di adattamento, che tira fuori una scena capace di essere allo stesso tempo fedele e rispettosa dell'originale e perfettamente incastonata in quell'assurdo delirio che è questo Super Mario Brothers. Bob-omb appare e, per una manciata di minuti, passeggia in giro per il film portando una ventata di surreale e perfetta genialità. Certo, è solo un lampo, in un film che regala anche degli Iggy e Spike totalmente campati per aria, nel ruolo standard dei due cretini di accompagnamento al cattivone, e una scena di inevitabile tuffo nei tubi dalla bruttezza cristallina, ma che lampo!

E insomma, tutto questo fiume di parole, oggi, nel ventesimo anniversario di quel disastro, per dire cosa? Non lo so neanch'io. Ma mettiamola così: me lo sono guardato l'altro giorno e mi ci sono divertito. In quella maniera perversa in cui è possibile divertirsi guardando robe brutte cosparse di follia, estraendone con le pinzette i lati positivi e godendo della monnezza, certo. But still. Provateci anche voi. E mi raccomando, non perdetevi la scena dopo i titoli di coda: fa cacare.