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Friday the 13th: una chiacchierata totale globale

Venerdì giungerà a conclusione la campagna di raccolta fondi su Kickstarter per Friday the 13th, grande (sepriamo) ritorno di Jason Voorhees nel mondo dei videogiochi, con tanto di approvazione, sigillo papale e collaborazione della gente adorabile che le avventure del nostro amico mascherato le ha ideate e raccontate per anni al cinema. Il mitico Sean S. Cunningham (creatore della serie cinematografica), infatti, ha notato il progetto Slasher Vol.1: Summer Camp, un colossale omaggio a Venerdì 13 su cui stava lavorando il team Gun, e ha approcciato gli sviluppatori per proporre loro l'utilizzo della licenza ufficiale. A quel punto, gioia e tripudio, non poteva che scattare il matrimonio ed eccoci qui ad attendere con fiducia che la raccolta di fondi e il progetto in generale vadano in porto. Il gioco, promettentissimo, seguirà il modello del multiplayer asimmetrico, con da una parte un giocatore nei panni di Jason e dall'altra gli avversari in quelli delle sue vittime designate. Due situazioni diametralmente opposte, che vedranno i poveri umani alle prese con l'estrema difficoltà di provare a sfuggire alla macchina omicida di Crystal Lake. Considerando che ogni tanto nei film qualcuno sopravviveva, dovrebbe essere fattibile, ma sarà veramente dura. Ad ogni modo, per parlare del gioco è presto, ma non lo è per chiacchierare con le menti dietro al progetto e nei giorni scorsi ci è stata offerta l'occasione di porre qualche domanda a un quartetto mica da ridere: Sean S. Cunningham, creatore della serie cinematografica e regista del primo episodio; Kane Hodder, attore che ha indossato la maschera di Jason per quattro volte (e anche altre maschere dell'horror mica da ridere, va detto); Tom Savini, manico dell'effetto speciale, creatore del look di Jason e al lavoro sulle uccisioni brutali del gioco; Harry Manfredini, storico compositore delle colonne sonore di Venerdì 13.

E insomma, buona lettura!

Sean S. Cunningham

Andrea Maderna: Ai vecchi tempi sono usciti diversi giochi basati su Venerdì 13, ma questo è il primo che viene messo in lavorazione da parecchi anni a questa parte. Cosa ti ha fatto pensare che fosse il momento giusto e perché hai puntato su un progetto indipendente tramite crowdfunding?

Sean S. Cunningham: Era da un pezzo che volevo realizzare un videogioco. Solo che non trovavo l'idea adatta. Poi un amico mi ha segnalato Summer Camp. L'approccio estetico al camping utilizzato da Gun e Illfonic era fantastico. Sembrava preso di peso dal primo film della serie. L'illuminazione, il tono, i colori... era perfetto. Era ovvio che questi ragazzi erano innamorati dei film. Poi mi hanno spiegato il gameplay. E a quel punto già sapevo che era l'occasione giusta. Poi, certo, vedere Tom, Kane e Harry già assieme a loro aiutava.

Riguardo a Kickstarter, chiaramente non è adatto a tutti i progetti. Questo va bene per un motivo molto semplice. Sono stati i fan a costruire questa serie. E quindi perché non permettere loro di costruire questo gioco? Ha senso.

Andrea Maderna: Quanto sei effettivamente coinvolto in termini di game design? Stai lavorando attivamente col team o li lasci liberi di fare quel che credono sia meglio?

Sean S. Cunningham: Con Gun e Illfonic il gioco è in mani eccellenti. Poi, certo, la collaborazione di Tom, Kane e Harry non fa male. Ma il team mi sottopone elementi come la telecamera, l'illuminazione e o modelli dei personaggi. È stupefacente il livello a cui sono arrivati i videogiochi dai tempi di Pac-Man. Il realismo visivo è incredibile.

Andrea Maderna: Abbiamo visto dodici film di Venerdì 13 ma tu hai diretto solo il primo. A voler ben vedere, non hai mai diretto un film in cui Jason è la star. C'è un motivo specifico? È stata una scelta consapevole per fare in modo che altri raccontassero la propria versione di Venerdì 13?

Sean S. Cunningham: Sì. Come narratore e regista, penso che la varietà offra nuove sfide, che alimentano la creatività. È essenziale scovare nuovi talenti e nuove idee per continuare a spingere in avanti una serie. Ho raccontato la mia storia, attraverso il mio sguardo. Volevo che si sedesse qualcun altro nel sedile del conducente. Se non avessimo avuto della diversità, la serie avrebbe finito la benzina in fretta e sarebbe morta molto tempo fa.

Kane Hodder

Andrea Maderna: Sei stato uno fra i personaggi cinematografici più iconici di sempre in diversi film di successo, ma Jason indossa una maschera (e sotto è sfigurato). Molte persone che hanno visto il film e conoscono il personaggio magari non ti riconoscono come Jason per strada... o lo fanno? È bizzarro? Magari è meglio se non ti riconoscono come serial killer...

La bella e la bestia.

Kane Hodder: Ogni anno, sempre più gente mi riconosce per strada. Mi lusinga e non mi dà minimamente fastidio. Quando iniziai come stuntman, non mi sarei mai aspettato di vedermi chiedere un giorno un autografo. Non mi aspettavo alcun genere di fama e mi rendo conto che sono i fan ad avermi messo in questa posizione, quindi sarò sempre loro grato.

Andrea Maderna: Una domanda banale... come ci si sente ad essere stati l'incarnazione di un personaggio così popolare e vedere tanta gente indossarne la maschera in giro per il mondo? Per dire, questa è una foto del mio matrimonio e sono certo che tu abbia visto roba molto più bizzarra...

Kane Hodder: Esattamente. Ho visto della roba VERAMENTE bizzarra legata al personaggio. Mi piace pensare che forse, vai a sapere, la mia interpretazione di Jason abbia spinto qualcuno a indossare quel costume. Mi lascia di sasso pensare a quanta gente in giro per il mondo conosca Jason. Anche gente che non ha mai visto i film! È stupefacente pensare che abbia avuto a che vedere con una roba del genere.

Andrea Maderna: Il tuo giocatore di hockey preferito?

Kane Hodder: Patrick Kane, ala destra dei Chicago Blackhawks. Ha un gran nome!

Tom Savini

Andrea Maderna: Il Jason che hai creato nel primo film era piuttosto diverso dal personaggio che sarebbe poi diventato. Hai avuto un ruolo anche nella creazione del suo look successivo, con la maschera da hockey? E per il futuro possiamo aspettarci qualche novità?

Tom Savini: No, non ho avuto niente a che vedere con la maschera da hockey, che è arrivata nel terzo film. Per quanto riguarda il futuro, penso che non ci si possa staccare molto dal look a cui siamo abituati… sarà sempre lui.

Andrea Maderna: Puoi spiegarci un po' la natura del tuo coinvolgimento col gioco e magari darci qualche anticipazione delle uccisioni brutali che potremo eseguire?

Tom Savini: Non posso dire niente, è tutto top secret… ma saranno “Grande Illusions” come tutto il resto. Il mio coinvolgimento? Mi hanno chiamato.

Un Jason col sacchetto in testa come nel secondo film si esibisce in un'uccisione pescata dal terzo episodio.

Andrea Maderna: In che modo la tua esperienza enorme in campo cinematografico va ad influenzare il tuo lavoro sul gioco? E il fatto di lavorare nello spazio virtuale ti garantisce maggiore libertà creativa?

Tom Savini: Il tuo punto di vista si basa sulla tua esperienza e QUELLA esercita per forza una grande influenza. Per il resto, sicuramente godo di maggior libertà… e poi non devo ripulire il macello.

Harry Manfredini

Andrea Maderna: Dopo venticinque anni e tante colonne sonore di Venerdì 13, come caspita fai a scrivere ancora nuovo materiale per Jason?

Harry Manfredini: Bella domanda. E capisco come mai tu ti possa porre un dubbio del genere. In realtà, se le musiche dei Venerdì 13 fossero state più basate su tematiche e melodiche, maggiormente basate su un approccio da idée fix e leitmotiv, sì, sarebbe molto più difficile, un po' come lavorare su un James Bond o uno Star Wars. Ma nel caso di questa colonna sonora, i materiali sono quasi interamente derivati da sonorità che permeano l'intera serie.

Sì, ci sono temi già sentiti in diverse occasioni e che emergono nei momenti adatti. Ma generare materiale da quelle sonorità è meno difficile di quanto potresti immaginare e, anzi, è divertente.

Andrea Maderna: È complicato adattare la tua metodologia di lavoro a un videogioco? Ci sono molte differenze rispetto a quel che fai di solito, magari per la natura non lineare dei videogiochi?

Harry Manfredini: Ci sono un paio di grosse differenze che vanno a costituire la sfida rappresentata dal lavorare su questo gioco. La prima è che in un film il compositore reagisce a immagini, soggetto, personaggi, storia, movimenti di macchina e a tutti gli aspetti psicologici e drammatici delineati dal regista. In questo gioco, gran parte di ciò che scrivo è immaginata solo da me, non vedo il gioco, quantomeno nelle fasi iniziali della lavorazione. La seconda e la più grande è il fatto che si tratta di un gioco multiplayer e ogni giocatore vivrà la sua esperienza personale nel gioco in base alle proprie scelte. Quindi, la colonna sonora viene di fatto creata dal giocatore in base a quel che decide di fare nel gioco. La prossima volta che giocherai, le tue scelte potrebbero essere completamente diverse e andresti a generare una colonna sonora radicalmente diversa. Quindi il mio lavoro è quello di creare ìl maggior numero possibile di musiche modulari per le diverse scelte possibili. Mi è venuto il mal di testa solo a scrivere questa cosa… ah ah ah.

Le vittime predestinate aderiranno ai classici stereotipi del genere.

Andrea Maderna: Una persona che guarda un film e una persona che gioca in multiplayer sono probabilmente in uno stato mentale molto diverso. È una cosa a cui pensi, mentre scrivi le musiche per il gioco?

Harry Manfredini: Anche questa è una bella domanda. Sì, assolutamente. Il mio obiettivo è di creare gli elementi musicali per gli elementi globali visivi e sonori del gioco e trasportare il giocatore dal proprio salotto al luogo inquietante che è Crystal Lake. I giocatori devono perdere il senso del mondo in cui si trovano e lasciare che l'ambiente globale del gioco prenda possesso dei loro sensi, per creare un'esperienza di gioco davvero riuscita. Non è molto diverso dalla differenza fra l'andare all'opera e l'ascoltarne una registrazione. Quando ti trovi lì, l'opera prende vita… sei completamente assorbito dall'esperienza.