GTA V e la libertà condizionata
Che amiate o detestiate la serie Grand Theft Auto, è impossibile essere immuni al logo GTA e a tutte le notizie che lo riguardano. L'ultima dimostrazione è arrivata nei giorni scorsi, con la maxi presentazione a mezzo stampa del quinto episodio (che in realtà è il settimo/ottavo, ma fa niente). Su siti e blog impazzano le discussioni tra chi lo adora e chi già lo sta odiando per partito preso, mentre nelle casse dei negozianti iniziano a depositarsi regolari le prenotazioni. Tutto come al solito, insomma, in un'industria che ricicla sé stessa da un trentennio, a dispetto del progresso tecnologico e delle innovazioni hardware.
http://youtu.be/JG2m8cj1AU4
Quello che non si considera, in realtà, è quanto la stessa industria (scusate la rima) abbia bisogno di GTA in questo momento. Con il mercato americano in caduta libera e la crisi economica ancora in ottima forma, per non parlare della crescita del settore "casual", i videogame tradizionali stanno soffrendo come quasi mai è avvenuto finora. Certo, le grandi produzioni come Halo o Call of Duty raccolgono ancora milioni di dollari, mentre tutto intorno chiudono gli studi più piccoli e anche ex grandi case come THQ sono alla canna del gas.
Insomma: Grand Theft Auto V è quasi la scommessa del vecchio sul nuovo, anche considerato che non si dirige ai formati "next gen" ma alle console attuali.
Anche per questa ragione, a mio parere, la stampa tutta e buona parte dei giocatori più attempati si aggrappano a GTA V come unica ancora di salvezza per il proprio hobby o professione. Il feticismo di certi aggiornamenti, insieme allo stillicidio di informazioni della casa madre, ha già creato quella tipica simbiosi tra fornitore e dipendente che vediamo in ben altri settori.
Guardando al gioco di per sé, se ancora è possibile farlo, visto tutto il contorno mediatico, è evidente come Rockstar non voglia rischiare nulla a dispetto di novità importanti come i tre personaggi giocabili in contemporanea e le rivoluzioni annunciate sul lato multiplayer. In buona sostanza, è un gioco d'azione free roaming in cui si spara e si scappa dalla polizia, in uno scenario tra l'altro già familiare perché creato inizialmente per GTA: San Andreas, otto anni fa.
Tra l'altro, nonostante sia nato come produzione alternativa per eccellenza e attacco ai benpensanti, fa sorridere che oggi Grand Theft Auto sia un brand quantomai "di massa", venerato in ogni ambiente, critica in primis. Della sua carica dissacrante, e della critica malcelata presente all'inizio della serie, resta poco, tra mille licenze su musica e doppiaggio e altrettanti spot sui maggiori canali TV. Certo, rimane la violenza, ma quella è ormai parte integrante delle nostre vite, grazie alla sua proliferazione in tutte le forme dell'intrattenimento.
Alla fine di questo sproloquio, restano alcuni dati di fatto: Grand Theft Auto (cinque) rappresenta perfettamente il mondo dei videogame, se non proprio la società contemporanea. Si gira per ambienti conosciuti facendo più o meno sempre le stesse cose, fingendo il più possibile di divertirsi. E si parla di tutto ciò ad amici e conoscenti, gonfiando le parti migliori mentre si eliminano gli aspetti negativi (o viceversa, se siamo hater). In fondo a tutto, come sempre, c'è il Game Over.
Più che altro, è l'intero settore free roaming che ormai si trova al punto di saturazione, se non oltre: sotto questo aspetto, la mia speranza è che Grand Theft Auto V sia così bello tecnicamente, così splendido da giocare e talmente vario da intimidire qualsiasi concorrente.
Almeno nessuno avrà più il coraggio di fare titoli free roaming e si tornerà alla cara, vecchia, libertà condizionata.