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Racconti dall'ospizio #184: UNFINISHED CONSEQUENCES - Vent'anni di Half-Life

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Leggere i ricordi di chi, quel 19 novembre, acquistò la prima fatica di Newell e Harrington tornando da scuola è fastidioso per due motivi: il primo è che il 19 novembre di quell’anno io veleggiavo per i trenta, quindi ogni accenno ad una scuola implicherebbe svariate bocciature o l’iscrizione ad una scuola di origami per adulti. Il secondo è che, probabilmente, spesi la giornata giocando all’ennesimo deathmatch in The Edge, la mappa circolare di Quake II, rappresentativa dell’idea di FPS dell’epoca. Giochi come porno, pieni di azione e pochissima trama. Concetto espresso da un esponente di rilievo di id Software che, come i suoi colleghi, trovava l’assenza di un immediato scontro a fuoco un’idea risibile. Facendo fideisticamente mia la sua opinione, avviai la demo Half-Life: Day One solo nei primi mesi del 1999, quando 3DFX la inserì nel bundle delle nuove fiammanti Voodoo 3, quelle sì comprate al day one. Osservai l’intro tanto osannata dalla stampa, feci esplodere nel microonde il pasto del Dottor Magnunsson, indossai la mia HEV Suite e la sostituii qualche ora dopo con il cappotto necessario a raggiungere Pergioco, conscio della cantonata presa da me e dai miei idoli texani. 

Sono talmente poco filologico che metto le immagini di Black Mesa e non quelle originali, perché sono troppo più belle. E poi c’è gente che ci rigioca sostituendo Freeman con il draghetto Spyro. Cacatemelo, il c***o.

E poi, se era in ritardo Gordon Freeman, perché non potevo esserlo io? Lo sottolineava subito la guardia in attesa alla stazione, lo ribadivano gli scienziati all’ingresso del settore C, suggerendoci di raggiungere immediatamente la sala test dei materiali anomali, ironizzando sulla nostra scarsa puntualità. Su, Gordon, spingi quel carrello sotto al raggio, abbiamo aspettato per sette interminabili minuti che tu arrivassi a bordo di quel treno. Un treno, bada bene, creato perché il motore GoldSrc (da leggersi Gold Source) consentiva di far muovere un oggetto secondo un binario prestabilito, attivando uno o più interruttori sul percorso. Non era possibile attaccare più oggetti tra loro, quindi il vagone non poteva essere munito di una porta scorrevole, ma bastava piazzare un caricamento strategico una volta raggiunta la destinazione et voilà, il vagone veniva sostituito da un oggetto statico, e a muoversi su binari era la porta. Il sistema funzionava così bene che qualcuno pensò di utilizzarlo per gli NPC. Perché raccontare la trama complessa tramite cutscene, quando i dipendenti di Black Mesa potevano seguire un percorso iniziando i loro dialoghi non appena il giocatore superava una soglia invisibile? Certo, nulla impediva a Gordon di girare, saltare e allontanarsi dai suoi diretti superiori mentre questi continuavano a dargli istruzioni, ma il risultato era un livello di partecipazione inaudito per gli standard dell’epoca, che sfociò, nell’espansione Half-Life: Blue Shift, in una delle prime lunghe interazioni tra l’intraprendente Barney Calhoun e il Dottor Rosenberg, la cui collaborazione risultava indispensabile al completamento dell’avventura. 

Legare il comportamento di Vortigaunts, headcrab e marine ostili ai movimenti e alle azioni di Gordon, significava anche dover attraversare lunghi cunicoli di aereazione per aggirare dei detriti poco più alti della nostra vita e ciononostante sorprendentemente capaci di bloccare le più comode vie di accesso. Il gruppo di sei persone a cui Valve assegnò il compito di rivedere il design di tutti i livelli, chiamato “Cabal” e organizzato dopo che i playtester sottolinearono la poca giocabilità della versione quasi completata nel settembre del 1997, si ingegnò però in una serie di trucchi per evitare che il giocatore si rendesse conto di essere su un percorso estremamente scriptato. Se entrando in una stanza osservavamo un malcapitato avvinghiato da un barnacle, lo sguardo veniva guidato verso il soffitto, dove si nascondeva il passaggio per proseguire. Un Controller ci martellava da un’infida posizione? Venivamo spinti ad avvicinarlo salendo su una piattaforma provvidenzialmente ricca di razzi utili ad affrontare poi il Gonarch. 

Tranquilli, mettetelo a 105% lo spettrometro antimassa, cosa volete che succeda.

Trucchi e design che oggi diamo per scontati ma che debuttarono proprio grazie al lavoro di revisione del gruppo Cabal. Un modello di organizzazione trasversale che tramuterà Valve nella caotica società che tutti conosciamo, una fucina di intenzioni tra sistemi operativi fallimentari, crossplatform e progetti VR all’avanguardia, incapace però di gestire decentemente i contenuti del suo negozio o di proporre un gioco degno di nota, se non sviluppando l’idea di qualche studente o appassionato esterno alla società. 

D’altronde, se è vero che se Left 4 Dead, Portal e DOTA sono tutti figli di progetti originariamente esterni, è altrettanto vero che l’esplosione dei mod è legata a Worldcraft, l’editor di gioco che Valve offrì insieme all’avventura di Gordon Freeman. Padre di un esercito di mappe incomplete e remake tanto più rapidi ad arenarsi quanto maggiore era la loro ambizione, Worldcraft diede vita a Day of Defeat, all’incarnazione più famosa di Team Fortress e, dopo che Jess Cliffe e Minh Le si resero conto di quanto fossero più divertenti gli scontri a fuoco con l’Hazardeous Environment Combat Unit rispetto agli stolidi combattimenti con i rappresentati di Xen, anche ad una conversione comprendente bombe da disinnescare, terroristi ed armi sorprendentemente realistiche, chiamata Counter-Strike

Quelli che vedete sono i prototipi degli headset per VR che Valve dovrebbe lanciare nel 2019, in abbinamento… ad un nuovo Half-Life! LO AVETE LETTO PRIMA SU OUTCAST.

Una storia di ritardi e incomprensioni, insomma. Prevedibili, considerando che il tuo protagonista, laureato al MIT con la tesi Observation of Einstein-Podolsky-Rosen Entanglement on Supraquantum Structures by Induction Through Nonlinear Transuranic Crystal of Extremely Long Wavelength Pulse from Mode-Locked Source Array, non dice una singola parola e mette a frutto i suoi anni di studi solo sfondando headcrab a colpi di piedi di porco. Cosa puoi aspettarti, da uno così? Probabilmente un lavoro incompleto. Un articolo promesso per il ventesimo compleanno e sicuramente consegnato il giorno dopo. Due episodi su tre e nemmeno un soddisfacente cazzotto a quell’impiegato viscido con gli accenti sulle vocali sbagliate e la s sibilante. 

Che incompiutezza fastidiosa. Non fossi più vecchio e irrisoluto di lui, mi verrebbe voglia di afferrare l’utensile e completare il lavoro. Ma figuriamoci se.