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La mensola di Shin X #12 - Dead Head... Nerd

Da sempre sostenitore di titoli bistrattati dalla critica, Shin X è passato da “difensore dei poveri” a “masochista”, da “acquirente compulsivo” a “forzato bastian contrario”. La verità è che a suo parere ogni titolo può dire qualcosa: c’è chi sbraita, chi sussurra, chi lo fa con i sottotitoli e chi lo recita in versi. L’importante è avere lo spirito di voler ascoltare. E l’antro in cui riposano questi brutti anatroccoli è la sua mensola. L’unico luogo nel quale possono diventare cigni.

NeverDead: quante battute idiote furono fatte all'uscita del gioco? "L’eroe ha perso la testa, si farà in quattro per vincere, è un uomo tutto d’un pezzo, è un tizio con la testa sulle spalle", e così via. Ma qui in Outcast si va dritti al sodo. NeverDead è un action in terza persona stracolmo di idee e fraintendimenti ludici,e i due fattori sono strettamente correlati. Vi basti pensare che il protagonista va in giro con una pistola per mano, eppure la spada che porta sulle spalle ha la stessa importanza nella dinamica di gioco. Anzi: spesso è primaria rispetto alle armi da fuoco.

Quando si dice: con la… ehm, fino al collo.

Fate vostro, quindi, questo semplice assioma: NeverDead va giocato col cervello acceso (indipendentemente se sia attaccato al collo, o stia rotolando in un condotto di areazione). Il titolo Rebellion somiglia a uno Stranglehold o un Wet qualunque, tuttavia possiede una gran dose di elementi da tenere costantemente d’occhio, pena una morte infausta e prematura. Soffrirne troppo è un po’ come lamentarsi di un gioco di guida simulativo dopo settimane davanti a un Need for Speed. Ovviamente l’accostamento è solo per introdurre le caratteristiche del titolo, non certo per erigerlo a fiero baluardo degli action tattici. In breve: voi siete immortali. Eh, gia... non si crepa, amici cari. La Nera Signora deve saltare il giro, questa volta. Il vostro compito? Accompagnare e proteggere una signorina sempre pronta a mettere in bella mostra le sue generose grazie. Come in un Devil May Cry dei poveri, gestirete una sorta di agenzia ammazza demoni.

E’ tutta una scusa per sbirciare sotto la gonna della protagonista.

Bryce, un imbolsito sosia di Travis Tochdown, è ironico, sguaiato e sempre incline alla battuta idiota. La vicenda che l’ha condotto all’immortalità è tanto triste quanto banale.  Chi parlava di un character design degno di nota, beh, non sbagliava. Tutti i personaggi, comprimari e nemici compresi, pur non sgangherati ed eccessivi come quelli di un Suda, riescono comunque a spiccare dal mucchio. Conoscete Orgoglio e Pregiudizio? Bene. Qui si parla di spunti e malintesi. Procediamo in un contrappunto dialettico, una divertita partita a tennis tra i due elementi in contrasto e che tuttavia sorreggono il titolo. Come in un pedante (sotto)gioco.

Eppure un tempo l’eroe era davvero un figo.

Spunti: se il protagonista subisce dei colpi, perde letteralmente pezzi di corpo. Eccolo quindi zoppicare, strisciare, sparare con una sola mano a seconda delle circostanze. Molto frequentemente lo smembramento è completo: torso, arti e testa, con quest’ultima pronta a rotolare alla ricerca del resto del corpo. Ne nascono enigmi piuttosto simpatici, nei quali dovremo infilarci in feritoie o spazi angusti approfittando delle dimensioni ridotte. Eppure,  nella foga della battaglia, essere un povero cranio a zonzo non è poi così semplice.

Malintesi: l’operazione di rinascita, difatti, non è certo divertentissima, soprattutto all'inizio. La cosa più fastidiosa è la necessità di trovarsi esattamente nei pressi del collo per potersi agganciare al torace, il che non è facile nel caos imperante del gioco. Allo stesso modo, può capitare di imbattersi e attaccarsi ad un solo braccio, o una gamba, in una sorta di macabro Katamari Damacy. Quello che nel marasma iniziale assomiglia ad un vero calvario, si trasforma, col tempo, in una gestibilissima routine. E da qui nasce il primo malinteso. La capriola evasiva è all’ordine del giorno, sia per favorire l’innesto dei pezzi perduti, che per evitare gli attacchi nemici.

Spunti: lo scenario può essere quasi interamente sbriciolato, e colpire il nemico con colonne portanti, statue, lampadari e soffitti è all'ordine del giorno. Inoltre, il salace Bryce può acquisire punti esperienza e spenderli per acquistare nuovi poteri. Quello che vi accenderà il cervello di cui sopra, saranno gli slot limitati nei quali introdurre tali abilità, con l’ovvia consapevolezza che alcune skill siano più costose di altre in termini di spazio.

Chiamate Max Payne! Mi strappo una gamba e gliela infilo in gola.

Malinteso: se questo da un lato aiuta il giocatore a diventare sempre meno vulnerabile al caos e la confusione iniziali (i difetti principali di NeverDead), smanettare tra le opzioni non basta: occorre completare i livelli già finiti. Solo in tal modo è possibile accumulare una gran quantità di PE, indispensabili per acquisire i poteri più forti.

Spunti:ecco, quindi, che NeverDead riesce a esprimere il meglio di sé. Forti dei poteri conquistati - dalla rigenerazione velocizzata, che da testa vi ricomporrà completamente in una manciata di secondi, all'aumento dei danni, fino ad una sorta di bullet time - il controllo totale, inizialmente precluso, ritornerà in vostro possesso. A quel punto potrete staccarvi le braccia da soli ed usarle come bombe a mano o svitare la testa per introdurvi in minuscoli passaggi e aggirare il nemico. Si può far ingoiare un braccio ad un boss e sparargli direttamente nello stomaco. Insomma, azioni che un videogiocatore degno di tal nome deve fare almeno una volta nella vita. L'unico malinteso è la richiesta fin troppo alta degli sviluppatori, che si traduce in una curva di apprendimento impietosamente alta.