La prima regola del DriveClub è frechete (attenzione: include recensione)
DriveClub è il racing game per chi, in presenza di una telecamera, si mette sempre in posa ed esclama "Itaaalia Uno!", credendo d'essere simpatico. È il miglior gioco di guida possibile per chi, giovinotto in carriera, la sera torna a casa dal lavoro con la sua noiosa utilitaria metallizzata, sognando di poter tornare a casa dal lavoro con una Porsche altrettanto noiosa e metallizzata. E un giorno, continuando a lavorare sodo, potrà permettersela, come Hitler. DriveClub è pure l'ineccepibile evoluzione dell'arcade a quattro ruote per quelli che scopano regolarmente in auto, per chi ama le Audi o per gli automobilisti che non ci fanno, ma ci sono. Comunque sia, la prima regola del DriveClub è di non parlare mai di simulazione, la seconda è proprio uguale alla prima, mentre la settima è che se questa è la vostra prima sera al DriveClub, allora dovete guidare. È facilissimo, ci riuscirebbe anche Paolo Giacci coi suoi cronici dolori alle caviglie.
E dopo una bella foto, ecco un po' di recensione.
DriveClub esiste soltanto nelle ore che vanno da quando il DriveClub comincia a quando il DriveClub finisce. DriveClub rifiuta qualsiasi morale, è un racing game totalmente prostituito al puro divertimento, assolto da qualsivoglia rottura di ordine fisico o simulativo, immolato al godimento assicurato per chiunque. Anche per Fotone, che ormai capisce solo Assetto Corsa.
È il super-mega-turbo-ti-spaccoilculobrucelee-Out-Run del nuovo millennio, con la grafica comunque fighissima e quella voglia di sentirci tutti una cosa sola, una grande comunità di bambocci strippati nel virtuale. Ecco la natura del titolo di Evolution Studios: quella che vedete al DriveClub è una generazione di uomini cresciuti da genitori casual gamer. Per molti, giocare a DriveClub sarà come guardare pornografia, perché non c'è altra scelta che farsi le seghe. Per tanti altri, guidare DriveClub sarà un pleonasmo di gameplay, perché in fondo il gioco si guida da sé. Ma piace lo stesso, diverte, entusiasma e va di moda un casino.
DriveClub, del resto, è il Facebook dei racing game, c'è tutta questa cosa del social, tutti questi club, richieste che arrivano da tutte le parti, avvisi e promemoria che tappezzano la schermata e la visuale, da uscirne matti o dipendenti. Eppure, se e quando funziona (sporadicamente, praticamente mai), non scassa mai esageratamente la minchia, parola d'eremita. Addirittura, stuzzica continuamente all'agone chic, prodigioso edonismo dell'autoveicolo.
Si sfreccia come fossimo tutti grandi campioni tra Scozia, Canada, Norvegia, Cile e India: 5 bizzarrissime località per 55 tracciati, sbiaditi eppur meravigliosi. Compatte, Sport, Performance, Super, Iper: 5 classi di vetture per 50 modelli totali, con sei possibili visuali (tutte buone) e la metà di sessanta fotogrammi al secondo per 1080p. Ci si accontenta bene. Il sistema di guida è tanto adatto a quelli che fanno pipì da seduti, quanto capace di dispensare micro-porzioni di gioia, complice una fisica assai poco quantistica, ma giustamente adrenalinica. DriveClub, in buona sostanza, si gioca benissimo col joypad nell'agio che è proprio dell'accomodamento videoludico sul divano. Si sviluppa attorno alla disciplina reale degli automedonti, la impegna continuamente in una proficua rincorsa del bellissimo e, al gradevolissimo aspetto ultrailluminato, unisce una dilettevole maneggevolezza da calciatori.
In tal modo, DriveClub finsice per essere il miglior racing game per chi gioca a FIFA 15.
Dal fondo di mere esigenze sociali, dunque, il gioco di Evolution Studios chiede d'esser guidato come un vezzoso/modaiolo rituale e non più come una riconciliazione coi motori.
Io ve l'ho detto.
Sentite questa: Sony dice che DriveClub è "Il gioco ideale per la cosiddetta Team Generation. Uno studio Doxa commissionato da Sony Computer Entertainment Italia, infatti, ha evidenziato che sempre più giovani scelgono uno stile di vita “condiviso”, con lo scopo di sconfiggere la crisi e ottimizzare costi e spese. Una vera e propria attitudine alla condivisione, che porta questa generazione a lavorare e a vivere le proprie esperienze sempre più spesso in team piuttosto che da soli." tutto chiaro. Io, comunque, ho sconfitto la crisi, ottimizzando costi e spese, ricevendo una copia promozionale da Sony. Copia che però è finita prima in Sardegna e poi a Chieti. Ecco perché ne scrivo ora di qua, invece che allora su IGN Italia. Bene così.