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La Signora Calibro 32: FMV extravaGANZA! | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

La metà degli anni Novanta è stata un periodo ben strano per l’intrattenimento elettronico. Con la passata generazione 16-bit alle spalle e quegli sprite 2D che ormai stavano stretti a tutti, il mondo si preparava alla nuova generazione di console. Giochi in tre dimensioni e CD-ROM erano i portabandiera del futuro, ed era in particolare l’immensa mole di dati che un CD poteva contenere, unita a nuove tecniche di compressione di flussi audio e video, ad aver dato il via all’ossessione di quegli anni per gli FMV, Full Motion Video. Finalmente, giochi che sembrano un film perché SONO un film: attori veri, voci vere, vero movimento di macchina, vero imbarazzo per le recitazioni da cani. Poco importa se poi l’effetto complessivo era quello di un PowerPoint con qualche effetto in più, gli FMV conquistarono il pubblico e il genere delle avventure per qualche anno, complice l’ormai stagnante mancanza di innovazione del genere.

Ci aspettavamo il futuro, ci rifilarono la peggio monnezza, ma non potevamo saperlo.

Col passare degli anni, il genere degli FMV prima cadde in disgrazia e poi divenne un vero e proprio meme tutto suo. Riguardare quei filmati anche a distanza di soli quattro o cinque anni era uno strazio: recitazione pessima, qualità audio-video infima, elementi ludici raramente interessanti e spesso attaccati con lo sputo. Insomma, ancora oggi i giochi basati su FMV sono generalmente considerati sinonimo di scarsa qualità a causa degli esperimenti di quegli anni, nonostante non manchino esempi molto virtuosi recenti, ad esempio la produzione di Sam Barlow o quel Contradictions: Spot the Liar! che il buon Tim Follin ha penato tanto per portare alla luce.

Ma gli anni Novanta erano anche terreno fertile per un altro tipo di ritorno sulle scene: il noir. James Ellroy sforna un bestseller dopo l’altro, L.A. Confidential arriva sugli schermi e si becca un paio di Oscar e in generale, dopo le luci neon e i colori sgargianti degli anni Ottanta, i Novanta sembrano tingersi di colori ben più scuri. Ovviamente c’era da aspettarsi che questa tendenza si fondesse inevitabilmente con la moda degli FMV e in questo senso il gioco più noto è forse Under a Killing Moon. Ma in quegli stessi anni venne fuori anche un altro gioco, molto meno noto, che è il motivo per cui son tornato a scrivere su Outcast dopo qualche mesi: The Dame Was Loaded, noto in Italia col titolo di La Signora Calibro 32.

La vedova Crill aveva labbra di fuoco e gambe che sembravano non finire più.

(E sì, tutto questo pippone era solo l’introduzione che dovrei anche imparare a sintetizzare un poco ma avete anche idea di quanto sia difficile ricominciare a scrivere dopo mesi che non lo si fa? Già solo creare frasi di senso compiuto fino a qui è sembrata un’impresa! Ma torniamo a bomba.)

Addio e grazie per tutti i meme.

La Signora Calibro 32 esce fra il 1995 e il 1996 su PC e Mac ed è un’avventura punta e clicca che prende ogni singolo stereotipo e cliché dei film noir, lo fa proprio e ci cala pure l’asso di briscola sopra. Pare che fosse prevista anche una versione per CD-i (la vera casa madre per tutti i giochi FMV di merda) ma la morte lenta e dolorosa che stava vivendo la console di Philips ha probabilmente messo in guardia gli sviluppatori australiani di Beam Software. All’epoca, The Dame was Loaded era il prodotto multimediale a più alto budget mai creato in Australia. E poi cos’è sta fissazione degli australiani per il noir? Anche Team Bondi, responsabile del gioco noir più famoso di tutti i tempi, L.A. Noire, era australiano. Coincidenze? Noi di Outcast crediamo di no.

Comunque, ne La Signora Calibro 32 vestiamo gli stereotipati panni di Scott Anger (nomen omen) un ex-poliziotto, ora investigatore privato, con un passato oscuro, seri problemi con l’alcol, una fidanzata morta sul groppone e ben poco da perdere. Attorno a noi, gli Stati Uniti degli anni Quaranta (ovviamente), una povera ragazza con gli occhi da cerbiatto e le labbra che più rosse non si può che ci chiede aiuto (ovviamente), poliziotti corrotti (ovviamente), un collega di ufficio sovrappeso che dorme dalla mattina alla sera (ovviamente) e una vedova tanto sensuale quanto pericolosa con “gambe che sembrano non finire più” (ovviamente). In realtà c’è molto più di questo: i personaggi interpretati da attori veri sono tantissimi (a occhio e croce ci sono una trentina di attori coinvolti) e la recitazione è almeno una spanna sopra agli altri titoli del genere, che non vuol dire molto ma è già qualcosa. Anzi, il doppiaggio italiano risolleva di parecchio la qualità recitativa complessiva, peccato che sia praticamente impossibile reperire una versione legale del gioco nella nostra lingua. A tal proposito, c’è un sotterfugio che vi raccomando: comprare il gioco su GOG nella sua versione in lingua originale e poi sostituire i file iso integrati con quelli della versione italiana che potete “trovare” in giro. Funziona alla perfezione, non avrete alcuna rogna anche su sistemi più moderni e potrete sentirvi la coscienza a posto.

Come potevo dire di no a degli occhi così?

Ma perché parlarvi de La Signora Calibro 32? È un bel gioco? Probabilmente no, ma è molto meglio di così: è un gioco indubbiamente interessante. Interessante perché ha molte frecce al proprio arco e molte particolarità difficili da reperire altrove.

Innanzitutto, la qualità dei filmati è buona, a differenza di tanti altri giochi dell’epoca, e il gioco spara tutto questo ben di dio di FMV a pieno schermo, senza cornici e interfacce varie, e anche su un computer moderno, con schermo LCD ad alta risoluzione, sfigurano meno di quel che si potrebbe credere. L’interfaccia, come dicevo, è assente e si rifà ai canoni più snelli delle avventure moderne: il “clic” del giocatore è contestuale e quasi tutte le scelte avvengono in menù diegetici. Ad esempio, la lista delle domande che si possono fare ai vari sospettati è un taccuino che riporta le note che il protagonista ha accumulato nel corso dell’avventura, ovvero lo stesso approccio di L.A. Noire ma quindici anni prima. Allo stesso modo, l’inventario è costituito dal portafoglio e dalle tasche del protagonista e si ha anche spazio limitato per gli oggetti che, nel caso, possono essere riposti in alcuni luoghi sicuri della città.

Sembra che l’intero gioco sia stato concepito e realizzato inseguendo una certa idea di goffo realismo che si riflette anche nella caratteristica più peculiare del suo gameplay: il tempo. Per risolvere il caso che ci viene affidato all’inizio, la torbida storia di una rapina finita male che si allargherà a macchia d’olio, abbiamo dapprima solo tre giorni di tempo per investigare. Ogni azione consuma una certa quantità di tempo, perfino salvare fa perdere minuti preziosi, quindi potrete facilmente immaginare che senza una guida il gioco diventa rapidamente un inferno di “prova-e-riprova” e di abile sfruttamento del sistema di salvataggio, che però risulta drasticamente depotenziato, visto che è possibile salvare solo alla scrivania del protagonista e perdendo tempo. Al termine dei primi tre giorni, se non si sono ottenuti i risultati previsti, il gioco piazza un bel game over. E in realtà il gioco piazza un bel game over in tantissime occasioni, spesso anche del tutto surreali, in maniera non molto diversa da un King’s Quest qualsiasi. Pur con questi limiti, ho adorato il forzato realismo che costringe a pensare in maniera “normale”, come nel caso del barbiere che è necessario visitare ogni mattina, oppure nessuno vorrà avere niente a che fare con uno screanzato che non si fa la barba da due giorni.

Quella mattina bussarono alla porta ma non mi trovai davanti la ragazza che mi aspettavo, era purtroppo una sorta di Ben Swolo ante-litteram.

Gli enigmi sono per lo più molto logici e naturali ma non mancano i momenti da “moon logic” completamente assurdi. Fra questo e l’esasperante meccanica temporale, consiglio a chiunque voglia avvicinarsi a La Signora Calibro 32 di farlo con una guida, da tenere quantomeno sott’occhio in caso di blocchi stradali o continui game over. E di consultarla senza troppi sensi di colpa, ché è un gioco per tanti versi davvero difficile, concepito per un’altra era: tantissime le variabili, tantissimi gli snodi di trama e tanti davvero anche i modi di perdersi oggetti chiave senza possibilità di recuperarli più avanti nella storia. Un albero di decisioni possibili piuttosto ampio da esplorare, specie per l’epoca, alla ricerca della partita perfetta in cui tutte le azioni si incastrano alla perfezione per il raggiungimento di uno fra i nove finali possibili.

Per queste e tante altre ragioni, La Signora Calibro 32 si becca il <<The Official Bellotta “È NA ROBBA” Seal of Quality>> che sta a indicare giochi che sì, forse non sono il massimo, ma sono effettivamente “NA ROBBA” interessante a cui giocare o anche solo da guardare. È davvero interessante la cura e la complessità che gli sviluppatori sono riusciti a infondere in questo piccolo e misconosciuto B-game, che avrebbe forse meritato un po’ più di attenzioni in epoca moderna, specie considerando tutte le piccole e grandi innovazioni che quantomeno provava a mettere in gioco. Sì, i dialoghi sono spesso imbarazzanti, la recitazione è pomposa e il doppiaggio italiano aiuta ma non può fare molto, ma sotto queste imperfezioni, che secondo me non fanno che aggiungere valore al tutto, c’è uno dei migliori giochi FMV dell’epoca. La Signora Calibro 32 almeno ci provava (pun and spoiler intended), cosa che non si può dire di tanta altra roba, odierna e non.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai detective, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.