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Librodrome #67: Console Wars

Attenzione. Ogni due settimane, in questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma è meglio avvertire, perché sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.

Verso la fine degli anni Ottanta, Nintendo aveva bene o male conquistato il mercato mondiale dei videogiochi, facendo piazza pulita della concorrenza in Giappone e ricostruendo sostanzialmente da sola il mercato americano ridotto in cenere dal crash di inizio decennio. Il trionfo non era completo, perché l'Europa era un territorio strano, frastagliato, in larga parte nelle mani di quegli strani aggeggi muniti di tastiera e in cui, addirittura, Sega conduceva la guerra delle console a otto bit, arrivando ad estremi tali da giustificare la conversione su NES di qualche titolo Master System dal gran successo. Roba da pazzi. Ma, appunto, era roba da pazzi, in un contesto che vedeva i due mercati più importanti, quello americano e quello giapponese, sotto un controllo pressoché totale da parte di Nintendo e del suo Famicom/NES.

Ma da lì a relativamente pochi anni le cose sarebbero cambiate, seppur per breve tempo, grazie all'attività di Sega of America e, in particolare, alla conduzione della stessa da parte di Tom Kalinske. Kalinske aveva già una carriera di spessore assoluto alle spalle, con l'apice forse rappresentato dal contributo fondamentale dato, durante il suo regno in Mattel, alla trasformazione di Barbie da bambola di nicchia a icona senza tempo e fenomeno da miliardi di dollari. Ma a luglio del 1990, dopo aver lasciato la sua posizione in Matchbox, era in un periodo di transizione e si stava godendo una tranquilla vacanza alle Hawaii con la famiglia. È lì che venne avvicinato da Hayao Nakayama, presidente di Sega of Japan, che lo convinse a volare per direttissima nella terra del sol levante e accettare di prendersi in carico la divisione americana del publisher nipponico. Tutto ebbe inizio così.

Kalinske è quello blu.

Ed è dedicandosi a queste vicende umane, personali, che Blake J. Harris apre Console Wars, il suo racconto della battaglia fra Sega e Nintendo combattuta a cavallo fra anni Ottanta e Novanta. Uno scontro brutale che vide la prima passare, nel giro di pochi anni, da una percentuale di mercato americano a singola cifra ad addirittura una posizione di superiorità, seppur conservata per un breve intervallo di tempo. Harris lavora assemblando gli spunti ricavati da qualcosa come oltre duecento interviste, per mettere assieme un racconto appassionante e ricco di dettagli più o meno noti, che spazia fra le varie fasi del confronto, arrivando anche a includere la tragica irruenza del terzo incomodo di nome Sony.

La copertina del libro in edizione originale.

Viene raccontata la lotta di Davide contro Golia e si sviscerano fra le varie strategie, le scelte, le operazioni che porteranno al gran risultato momentaneo. Il marketing brutalmente aggressivo e che spezza con la tradizione, la scelta di giocare d'anticipo, puntare sulla tecnologia a tutti i costi e spingere al meglio il nuovo Megadrive contro l'onnipresente, ma “vecchio” NES, i tentativi di costruire partnership improbabili, l'apertura verso una fetta di mercato adulta e, anch'essa, in totale controtendenza con la tradizione del settore, l'introduzione dell'idea di lancio globale per un videogioco, la deflagrante potenza della nascita di Sonic e tutti i passi che portarono Sega of America a diventare una potenza, capace per qualche tempo di vedere il Megadrive giocarsela alla pari con il Super NES e perfino il Game Gear raggiungere cifre impensabili per qualsiasi altro concorrente del Game Boy (e superate in seguito solo dalle proposte portatili di Sony).

E ovviamente si chiacchiera anche delle difficoltà, del tormentato rapporto con la divisione nipponica di Sega e con il suo immobilismo, delle problematiche nel rapportarsi con un modo di fare e pensare affari lontano anni luce, rese ancora più aspre dal fatto che in Giappone non arrivava lo stesso genere di successo ottenuto nei magici USA. In tutto questo, poi, il ruolo forse più affascinante lo gioca il già citato terzo incomodo, quella Sony che a più riprese si trovò a un passo dal collaborare con Sega e Nintendo, senza mai riuscire a compierlo, quel passo. Spicca in particolare la figura di Ólafur Jóhann Ólafsson, fondatore e presidente di Sony Interactive Entertainment e figura chiave nel successo iniziale della prima PlayStation. Fu lui a lavorare in parallelo con Nintendo per l'ingresso nel campo hardware da parte di Sony e fu lui a rimanerci di sasso, durante la conferenza tenuta da Howard Lincoln di NoA al CES del 1992, quando venne annunciato che il lettore di CD-Rom per SNES sarebbe stato realizzato da Philips e non ci sarebbe quindi stata, come – occhio – lo stesso Olafsson aveva annunciato alla stampa il giorno prima, una Nintendo PlayStation. Shamalayan Twist!

La copertina del libro in edizione italiana.

E di queste simpatiche sciccherie, decisioni discutibili e accordi saltati all'ultimo, è piena la storia raccontata da Harris nella parte finale del libro, da Sony che, dopo il “tradimento” targato Nintendo, si trova per le mani un hardware multimediale privo di giochi, alla positiva collaborazione con Sega sul fronte software del Mega-CD, fino al disastro chiamato Saturn. Prima Sega of Japan blocca le promettenti trattative messe in piedi da Kalinske e Olafsson per la realizzazione congiunta del nuovo hardware e poi, per sicurezza, respinge anche la proposta di un chip Silicon Graphics, che finirà per diventare il cuore di Nintendo 64. Già, sia Nintendo che Sega hanno avuto l'opportunità di fermare sul nascere lo tsunami PlayStation portandoselo in casa, entrambe hanno risposto “No, grazie”, entrambe sono poi state travolte. Bella mossa.

E proprio l'arrivo dello tsunami è un po' il babau che si muove fra le ombre del libro, a cominciare dal lavoro svolto da Olafsson per la conquista dell'assurdo e trascurato territorio europeo, che si rivelerà fondamentale, portata avanti andando a muoversi direttamente sul territorio, acquisendo studi di spessore come Psygnosis. Un lungo viaggio che porta fino a quell'assurdo momento in cui, all'E3 1995, la disfatta di Kalinske prese forma proprio alla fiera che tanto aveva contribuito a far nascere. Sega portò avanti la sua strategia autodistruttiva e cercò di fare il botto annunciando la messa in vendita immediata del Saturn sul mercato americano. Una bella mossa, certo. Ma il giorno dopo, alla conferenza Sony, Steve Race, presidente di Sony Computer Entertainment America, sale sul palco per dire solo una cosa “299”. E ciao.

Il romanzo giornalistico di Blake J. Harris racconta tutto questo e altro ancora, si focalizza prevalentemente sulle persone e segue in particolare la figura di Tom Kalisnke, raccontando anche i suoi risultati ottenuti al di fuori della guerra che dà il titolo al libro (per esempio il ruolo giocato nella creazione dell'ESRB). Ne viene fuori una visione sicuramente un po' parziale, o che comunque mette addosso la voglia di ascoltare anche altre campane, ma comunque un racconto appassionante, ricco di aneddoti e fatti mai emersi prima, raccontato con uno stile che è un po' quello del biopic hollywoodiano. Console Wars non è un freddo saggio giornalistico, è veramente più un romanzo e senza dubbio si prende qualche libertà, ma racconta vicende affascinanti in maniera coinvolgente. E non c'è da stupirsi se, oltre al documentario che sta curando lo stesso Harris, è in lavorazione un film, di cui si stanno occupando gli stessi Seth Rogen ed Evan Goldberg che firmano l'introduzione al libro. Attendiamolo con ansia mentre ci leggiamo un testo che, pur col suo ampio romanzare e nonostante qualche indecisione, una scrittura dei dialoghi a tratti forse un po' artefatta e una prosa non proprio da grande autore, è abbastanza fondamentale per chi è interessato all'argomento.

Ho letto Console Wars durante le scorse vacanze di Natale, in lingua originale, grazie alla pratica edizione su Kindle. Ho aspettato un po' a scriverne perché era nell'aria un'edizione italiana, che infatti si è manifestata la scorsa settimana grazie al lavoro di Multiplayer.it Edizioni. Quindi, insomma, recuperatelo un po' in che lingua volete.