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Max e Ron, pennarelloni per sempre

Topolino in Epic Mickey, Amaterasu in Okami e Ron Jeremy un po' dove capita hanno solo una cosa che li accomuna: un sapiente e creativo utilizzo del loro pennellone. Ad entrare in questo ristretto gotha ci prova ora anche Max, che dopo una prova generale con più ombre che luci su sistemi mobile e Wii, tenta il colpo gobbo su Xbox One, visto che nel frattempo Press Play è stata pure mezza comprata da Microsoft. Disponibile nel solo formato digitale, Max: The Curse of Brotherhood riprende le meccaniche già viste nel suo debutto, ampliandole ed infighettandole come si confà a un gioco Xbox One (ma anche 360), piattaforme su cui Max usa il suo pennarellone in esclusiva. http://youtu.be/olcfp_zRp0k

Con fanciullesca ingenuità, la trama ci mette davanti ad un complesso compito, che consiste nel salvare il nostro petulante fratellino dal cattivo di turno, che anela nientemeno che alla vita eterna. Mosso dai sensi di colpa per aver causato il rapimento del fratello (protip: mai pronunciare formule magiche trovare su internet ad alta voce), Max approda in un mondo parallelo nel quale si trova solo e disarmato, almeno fino a quando una strega non gli dona un potere in grado di cambiare il suo destino: fare i disegnini col pennarello. Che detta così potrebbe pure sembrare una cavolata, ma nell'economia di un gioco indirizzato ad un pubblico giovane funziona.

Ma che deve fare, alla fine, il povero ragazzetto, per tornare a casa con il consanguineo senza che mamma lo scopra? Semplice: usare l'ormai celebre pennarellone, imbevuto per l'occasione di un pizzico di magia, per modificare il mondo intorno a lui e risolvere alcuni puzzle ambientali. Partendo dalla semplice facoltà di erigere colonne di pietra, si arrivano ad usare (e combinare tra loro) poteri ben più elaborati, che prevedono la creazione di rami, o liane, finendo poi per arrivare a dominare anche fuoco e acqua. Nonostante i luoghi in cui si possono usare i poteri del pennarello siano predeterminati, lo stesso non si può dire del come questi vengono usati, visto che al giocatore è lasciata una discreta libertà nell'affrontare le sfide proposte, per quanto queste raramente possano definirsi impegnative. Nonostante questo, però, la progressione della difficoltà e l'assimilazione delle nuove tecniche risultano naturali, fluide e ben studiate, aiutate sopratutto da un level design che nel suo piccolo propone sfide gratificanti, senza mai dare la sensazione di essere messi all'angolo o in balia di tutti i poteri disponibili.

L'utilizzo del pennarello, forse l'incognita più grande, visto che il sistema di puntamento originario era quello dei dispositivi touchscreen prima e del WiiMote poi, è in realtà  ben realizzato, per quanto non capisca come non sia venuta a nessuno l'idea di inserire pure Kinect nella mischia. Tenendo premuto il grilletto, lo si può far interagire con gli elementi a monitor, disegnando cosí rami, liane e colonne, la cui stabilità o lunghezza dipende solamente dalla quantità di potere racchiuso nel pennarello (sarebbe tutto troppo facile, altrimenti) e dalla fermezza della nostra mano. Altro elemento importante del gameplay è costituito dalla possibilità di distruggere ciò che abbiamo costruito: spesso, infatti, capita di poter intrappolare qualche nemico tra due colonne di pietra, oppure far rotolare un ramo (appositamente creato a mo' di cerchio), o ancora combinare i due poteri e costruire un ponte mobile.

Ben più complicato invece incastrarne due insieme: in questo caso liane e rami

Gli elementi da puzzle game ben si incastrano in un impianto che comunque sia è quello di un platform bidimensionale (due dimensioni e mezzo, via), nel quale, oltre a ragionare, si deve anche correre, scappando da qualche minion senza particolare cervello (ricordate però che Max non può fare nulla per difendersi, se non morire e ripartire dall'ultimo checkpoint raggiunto), oppure dal braccio destro del cattivo Moustacho, un colossale affare nero e peloso che in diverse occasioni attenterà alla vostra vita, rincorrendovi e scagliandovi addosso la qualunque. Nonostante l'alternanza delle sezioni platform con quelle puzzle sia ben bilanciata, è forte la sensazione che il gameplay sia sempre lì lì per prorompere in qualche trovata geniale o passaggio particolarmente cervellotico, ma questo purtroppo non succede mai, lasciando un po' di amaro in bocca per la buona idea di base non perfettamente sfruttata.

Giocato su Xbox One, Max: The Curse Of Brotherhood presta un po' il fianco ad alcuni inspiegabili rallentamenti, non certo giustificati dall'esiguo numero di personaggi ed elementi a schermo. Ottimi (quando ci sono) gli effetti di luce e alcune ambientazioni particolarmente riuscite, mentre Max risulta forse troppo anonimo e molto poco caratterizzato (oltre che fastidioso nella ripetizione delle poche frasi registrate). Lo stile grafico cartoonoso e ipercolorato è azzeccato per il tono sempre leggero dell'avventura, che solo a tratti restituisce l'impressione dell'esperienza new gen che forse ci si sarebbe aspettato da uno studio su cui Microsoft ha investito in prima persona.

Quel coso poco amichevole sarà una costante per tutta l'avventura.

Press Play e Max portano in sostanza a casa dignitosamente la pagnotta, con un platform che ha diverse buone idee ma non riesce a sfruttarle come dovrebbe, lasciando forse qualche rimpianto di troppo. Stiamo comunque parlando di un titolo budget che vale alla grandissima i soldi che costa, che si fa giocare gradevolmente e che offre pure una certa sfida, qualora decidiate di raccogliere tutti i collezionabili presenti, subdolamente nascosti in anfratti spesso difficilmente visibili.

Ho giocato a Max: The Curse Of Brotherhood su Xbox One grazie ad un codice inviatomi dallo sviluppatore, finendolo in poco più di sei ore. Ho provato poi a rigiocarlo per trovare qualche pezzo di amuleto e occhio in più, desistendo però praticamente subito.

Voto: 7