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Mega Man 11 è na tazzulell e' cafè

Ci son cose alle quali non riesci a rinunciare. Possono passare gli anni, le stagioni, le città e i lavori. Puoi star bene o male, felice o triste, ma ci sono cose che fanno ormai parte della tua vita e che, anche dopo un po’ di assenza, finiscono per tornarci dentro irrimediabilmente.

Per me questa cosa è il caffè.

Sembra un po’ il fondo della tazzina sporco, ma in movimento risulta tutto meno brutto. Credetemi.

E un po’ anche Mega Man. La saga del Blue Bomber, tra serie principale (la mia preferita), Mega Man X e spinoff vari (leggasi “Zero”) è tra le mie preferite sin dall’infanzia, avendomi fatto da compagna di numerosi pomeriggi e avendomi formato alla vita, mostrandomi le numerose sconfitte di cui si compone.

Ma torniamo al caffè. C’è chi li considera più o meno tutti uguali ma in realtà, con palato allenato e un pizzico di pazienza, si è in grado di distinguerne le sfumature di aromi e gusti che, in realtà, rendono ogni marca e miscela uniche. Stessa cosa con Mega Man 11: è sempre il solito Mega Man, ma è anche un po’ diverso. E va benone così.

Zucchero, caffè ed ogni boss battle è bella.

Chi ha anche solo provato la demo sa di cosa parlo: a fronte di uno stile grafico 2.5D non spettacolare ma comunque efficace, il feeling è proprio quello dei bei vecchi tempi. Si zompa, si spara, si muore, ci si riprova testardamente fino a che non si abbatte il boss e si ripete fino a sfidare il solito buon/cattivo vecchio Wily, che evidentemente ancora non ha maturato abbastanza contributi per la pensione.

E proprio come il caffè, Mega Man 11 è buono sia alla cara vecchia maniera, pungente ma, al contempo, ricco di profumi e sfaccettature, che con diversi correttivi in grado di renderlo adatto anche ai palati meno avvezzi al suo sapore naturalmente amaro.

Padroneggiare le armi ottenute dai boss è fondamentale per proseguire nel percorso in scioltezza.

Se infatti è possibile giocarci “così come una volta”, affidandosi puramente ai riflessi e all’esperienza delle inevitabili sconfitte, si può anche addolcire l’esperienza spendendo l’apposita risorsa (nessuna microtransazione, tranquilli!) che alcuni nemici sconfitti fanno cadere, per comprare, tra un livello e l’altro, vite extra, potenziamenti e moduli che possono facilitare - non poco - la vita dei meno abili e pazienti. Totalmente opzionali e mai davvero necessari, a patto di avere pazienza e dovuta dedizione, questi extra permettono una gradevole modularità dell’esperienza, sia per chi vuole avere un proseguimento più spedito che per chi, invece, ha bisogno di una piccola mano per superare un boss particolarmente ostico.

Perché se gli stage sono generalmente brevi e abbordabili, è quando si arriva al cospetto dei mid-boss e, specialmente, dei boss di fine livello che le cose si fanno amarognole. Picchiano duro e, secondo il nuovo sistema di progressione, diventano più forti man mano che i loro compari vengono sconfitti. Non temete, però: la meccanica della raccolta delle armi dei cattivoni sconfitti torna ancora una volta e parte del divertimento è proprio scoprire l’ordine migliore per affrontare i boss, in modo da sfruttare le debolezze agli appena citati nuovi attacchi.

Sciabolata morbida!

Non solo dolcificanti, però. Come ogni tanto mi diverto ad aggiungere profumi e aromi al caffè, tra liquori e spezie (consiglio in particolare la cannella), Capcom ha ben pensato di introdurre una nuova meccanica, il Double Gear, che riesce a caratterizzare il gioco senza snaturarlo ma anzi, aggiungendo nuove opzioni - anche queste facoltative per chi vuole l’esperienza più vicina all’originale - in grado di accontentare chi desidera un pizzico di novità in più.

Alla pressione dei dorsali del pad Xbox One, console su cui ho effettuato la mia prova, è possibile avere un boost momentaneo ai danni dei propri colpi o, invece, rallentare il tempo intorno a sé, in modo da evitare con scioltezza un attacco avversario o superare più facilmente un salto tra piattaforme semovibili. È possibile anche combinare tali poteri ma attenzione a non abusarne: l’uso troppo prolungato causa un sovraccarico che, per una bella manciata di secondi, rende tutti i colpi di Mega Man molto più deboli. Da usare senza esagerare, insomma, come le correzioni al caffè di cui sopra.

Ho finito il gioco ieri e ancora non ho capito come evitare ‘sto nemico qua.

Insomma, al di là dell’aspetto audiovisivo, tra musiche e grafica curate ma senza mai raggiungere fasti e iconicità di una volta, questo Mega Man 11 mi ha davvero catturato, spingendomi a giocarci giorno per giorno anche al termine di dure e stancanti giornate d’ufficio. Una tazza di caffè e via, a sparacchiare e saltare con lo stesso feeling di una volta, nonostante le differenze con ciò che hai provato anni fa. Ma, innegabilmente, con lo stesso spirito che ti ha stregato oggi come allora.

Merito principale è del buon level design, che si presta ottimamente anche agli speedrunner, nonostante abbia riscontrato due (di numero!) problemi di collisioni dovuti quasi certamente alla natura 2,5D del progetto.

Dopo quella ciofeca di Mighty No. 9, ci speravo poco ma, onestamente, il risultato mi ha fatto ricredere. Mega Man 11 non sarà perfetto né il migliore della serie ma è buono qui, è buono qui. Ah, scusate, quello era tè.

Ho giocato a Mega Man 11 grazie a un codice per il download su Xbox One fornitomi dal distributore italiano, ma devo ammettere che lo avrei voluto fortissimo su Switch. L’ho finito in circa cinque ore, ma il contatore del gioco ne segna 3:43 perché, dopo i ragequit, mica salvavo. Il gioco è anche su PC e PlayStation 4, quindi, insomma, se vi è mai piaciuto Mega Man, avete molti modi per farlo vostro. Come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.