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Un’occhiata alla pre-alpha di Phoenix Point

Per chi era ragazzino nel 1994, i ricordi legati a UFO: Enemy Unknown sono un po’ come aneddoti di scuola. E, proprio come gli aneddoti di scuola, sono in buona parte imbarazzanti: per esempio, quella volta che un alieno munito di lanciarazzi, il bastardissimo blaster launcher a ricerca, ha fatto fuori l’intera squadra prima ancora che qualcuno scendesse dal trasporto aereo. O l’altra occorrenza meritevole di improperi irripetibili: il soldato che spara alla schiena del compagno di fronte perché il motore fisico ha così decretato. Ecco, questo motore fisico è tornato in Phoenix Point, come si può evincere dalla build pre-alpha che ho appena provato. Vi dico la verità, non è che mi mancasse poi tantissimo e non ho certo pianto lacrime amare quando XCOM, il remake targato Firaxis, l’ha sostituito con un più semplice sistema di percentuali. Questa differenza nel puntamento delle armi da fuoco, cioè il fondamento di un tattico a turni in stile UFO, definisce la personalità della nuova fatica di Julian Gollop, che altrimenti potrebbe sembrare superficialmente un remake del remake. Ed è evidente il perché molti appassionati abbiano, all’epoca, lamentato la perdita: rappresentare in gioco la balistica dei proiettili permette una granularità e una complessità che erano assenti nel titolo Firaxis - per quanto l’assenza fosse compensata da un’ampia scelta di abilità attivabili.

Facciamo un esempio, tanto per capire. Vi si para davanti un minaccioso granchio mutante: potete sparargli alla bell’e meglio, scelta che si traduce in un dato numero di danni “certi” o “possibili” - sostanzialmente, un modo per simulare i colpi di striscio - oppure zoomare con la rotellina e attivare una modalità che ricorda il V.A.T.S. di Fallout. Da qui, si tratta di puntare a una parte del corpo specifica, con le conseguenze che vi aspettate: azzoppate il mostrone per rallentarlo, colpite le braccia per ridurre il suo potenziale offensivo, attaccate la testa se vi sentite cecchini infallibili. In XCOM - mi perdonerete i continui paragoni, ma sono inevitabili - un alieno è in copertura oppure è fiancheggiato, aut aut: in Phoenix Point, invece, già spostare il nostro soldato di qualche passo a destra o a sinistra garantisce un miglior angolo di tiro. Vi dicevo, io non sono un grandissimo fan della balistica nei tattici. Nemmeno un detrattore, intendiamoci: è solo che, per come la vedo io, il gioco non vale la candela. Inevitabilmente, capita - e infatti mi è capitato con Phoenix Point - che certe linee di fuoco non siano chiare e si finisca per colpire un alleato senza capirne bene il perché. In questo senso, le coperture lineari di Firaxis permettono una lettura più agevole del campo di battaglia.

Al di là delle mie preferenze personali, però, non solo i colpi mirati aprono nuove possibilità tattiche, ma sono anche parecchio divertenti nel caso di avversari giganteschi, come l’inquietante regina aracnide che fa da boss nell’unica missione presente in questa versione di prova. Piuttosto che un muro di punti vita, i nemici più tosti di Phoenix Point sembrano essere piccoli puzzle da risolvere con il posizionamento intelligente dalla propria squadra: di sicuro un approccio interessante e innovativo. La battaglia con la regina è stata, in effetti, una fra le esperienze più interessanti della mia lunga carriera in ambito UFO: dopo aver abbandonato la troppo baldanzosa speranza di far fuori la creatura con qualche pallottola nel cranio, ho dovuto invocare lo spirito di Che Guevara e darmi alla guerriglia, muovendo i miei uomini rapidamente e puntando alle gambe, finché il malefico essere è collassato sotto il proprio peso. La forza di volontà è un altro dettaglio peculiare: ci sono azioni, ad esempio entrare in overwatch, che costano un certo numero di punti willpower. La relativa barra può essere ricaricata riposandosi per un turno, oppure uccidendo nemici. È difficile valutare quanto sarà profondo l’impatto di questa meccanica, dal momento che le abilità sono ancora molto incomplete, ma la mia impressione è che serva a dettare il ritmo dell’azione, imponendo la scelta fra un’offensiva sostenuta e strategie più compassate.

Dal punto di vista estetico, poi, Phoenix Point è davvero un bel vedere: mappa ampia e ben disegnata, soldati realistici e mostri inquietanti che si discostano dallo stile high-tech di XCOM e recuperano certe suggestioni di UFO: Aftermath e del vecchio Terror from the Deep. Stiamo parlando di insettoidi mutanti, elementi biomeccanici e tonalità cromatiche tendenti al marrone o al nero: un sentore lovecraftiano che a me piace molto e, del resto, si adatta bene alla premessa narrativa. Tanto per riassumerla in poche parole, è la storia di un virus alieno imprigionato nel permafrost artico, che viene liberato dallo scioglimento dei ghiacci e comincia a far mutare la fauna marina in maniere decisamente poco amichevoli. L’umanità accusa il colpo e noi ci troviamo a guidare i superstiti di questa catastrofe planetaria, nell’anno di grazia 2047. Nel caso vogliate approfondire, qui trovate tutti i dettagli in cronaca. Ad essere particolarmente interessante è il sistema delle mutazioni, ancora assente dalla versione giocabile: sulla carta, gli alieni dovrebbero evolversi in maniera procedurale, cambiando di missione in missione e sviluppando forme e abilità diverse per far fronte alle nostre tattiche.

Al momento, invece, non esistono molte informazioni riguardo alla componente strategica di Phoenix Point, il Geoscape, e non è facile immaginare come lo scenario narrativo si adatterà alla tradizionale dinamica di studio della tecnologia aliena: i crostacei cattivi non sembrano custodire segreti di fisica nucleare, al momento. Quello che si sa è che la mappa sarà caratterizzata dall’innalzamento del livello dei mari - come Terror from the Deep, appunto, e anche come la realtà, se non ci diamo una mossa - e che dovremo esplorare alla ricerca di punti di interesse, fazioni rivali o alleate e risorse.

Phoenix Point è un progetto interessante per come si colloca nella storia del genere. L’XCOM del 2012 ha restituito ai nostri schermi un tipo di giocabilità che sembrava perduta nelle nebbie del tempo, e XCOM 2 ne ha consacrato il successo - a proposito, è di questi giorni l’uscita del Tactical Legacy Pack. Julian Gollop, adesso, ha il vantaggio di poter costruire tanto sull’esperienza di Firaxis, quanto sull’Enemy Unknown originale, sua straordinaria intuizione. Al momento, Phoenix Point, come dicevo, è in pre-alpha e giocabile solo da chi lo ha sostenuto sulla pagina di crowdfunding. Di incognite ce ne sono ancora parecchie, soprattutto per quanto riguarda il Geoscape, ma stiamo parlando di un progetto solido, che non rischia di finire in vaporware. Certo, l’attesa potrebbe essere lunga: la data d’uscita è già stata posticipata al giugno del 2019 e la mia impressione è che i lavori potrebbero anche protrarsi più a lungo. Sono fiducioso, però: l’altro recente titolo di Gollop, Chaos Reborn, è davvero ben fatto, per quanto molto meno ambizioso. Questa volta il capolavoro potrebbe essere a portata di mano.