Silent Hill 2, una tortuosa discesa agli inferi durata vent’anni | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Se c’è un titolo che mi ero ripromesso di non giocare mai più è Silent Hill 2.
Nella primavera del 2003, dopo un paio di mesi abbondanti passati a gironzolare per la sgargiante Vice City, estraggo il disco del titolo Konami da quella sua aristocratica confezione cartonata quasi del tutto nera, ignaro di ciò che mi aspettava.
Certo, conoscevo Silent Hill pur non avendo giocato il primo episodio, e credevo mi sarei trovato davanti a un survival horror più psicologico e meno action rispetto a quelli made in Capcom.
E in effetti era così, solo che non sapevo quanto fosse psicologico. Silent Hill 2 gioca con paure e traumi profondamente radicate nella psiche umana, estirpandole e mostrandole in tutto il loro orrore.
Se in Resident Evil gli zombie erano pronti a dilaniare le carni del malcapitato di turno e per sbarazzarsene era sufficiente un bel colpo di shotgun, Silent Hill 2 mette in campo mostri ben peggiori, che restano lì a tormentarti anche dopo averli sconfitti.
Ciò che mi ha più turbato di Silent Hill 2 sono stati soprattutto i personaggi incontrati durante quel viaggio oscuro e malato. Laura, che già per il fatto di essere una bambina in un titolo horror è sufficientemente inquietante. Angela, che ha sofferto un trauma tra i peggiori possibili. Eddie, preso in giro per il suo peso e le sue fattezze e che a un certo punto sbrocca. E poi c’è Maria, sosia della defunta moglie del protagonista James, dalla quale non sai cosa aspettarti dal primo momento in cui la incontri. Sarà buona o malvagia? Sarà effettivamente la moglie di James o qualcos’altro?
E poi ci sono quei tre, quattro, cinque, enne momenti che non ti scordi più. La lunga e apparentemente infinita discesa di una scalinata posta sotto una tomba che porta il nome di James. La stanza con gli scarafaggi. L’interferenza radio che trasmette un inquietante gioco a premi. La visione da parte di James di una vecchia VHS che lo mette di fronte alla verità. Quella fuga con Maria da Pyramid Head nei sotterranei dell’ospedale, finita come non avresti mai voluto che finisse.
Un titolo del genere, così inquietante e disturbante, non era certo per tutti, e mi sono sempre stupito del fatto che nessun benpensante ne abbia mai chiesto il ritiro dal mercato ai tempi della pubblicazione.
Dopo aver completato Silent Hill 2, ho riposto il disco nella confezione di cui sopra con la certezza di non farvi mai più ritorno.
Invece, nel 2015, complice il prezzo bassissimo, ho recuperato la collection semi-truffaldina in HD (il semi-truffaldina perché mancavano sia il primo che il quarto). Convinto che ormai fosse invecchiato male e dopo tanti anni non fosse più così disturbante, l’ho rigiocato. Ed è un titolo che colpisce ancora forte, come pochi hanno saputo fare.
Non contento, sono poi andato a leggermi diversi articoli di analisi del titolo, che spiegavano saggiamente tutte quelle metafore che al tempo non avevo compreso, da Pyramid Head come incarnazione del senso di colpa di James a Maria come proiezione dei suoi desideri carnali (già che ci siamo, mi permetto di consigliare il validissimo libro Silent Hill: Il motore del terrore, di Bernard Perron).
Silent Hill 2 è stato il punto più alto della saga Konami, prima di una lunga decadenza che sembrava terminata con la demo P.T., quel Silent Hills che avrebbe dovuto rilanciare la saga sotto la direzione di Kojima, prima di finire nel modo in cui tutti sanno.
Dai Sony, annuncia questo benedetto remake!