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Racconti dall'ospizio #136 - Turok: sangue e nebbia nel Giurassico

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Esiste una categoria, una categoria assai apprezzata da tutte le persone per bene, purtroppo clamorosamente trascurata in ambito videoludico: i dinosauri. Non c'è una ragione in particolare che possa giustificare tale indecente mancanza, eppure la questione risulta – peraltro da tempo ormai immemore – drammaticamente sotto gli occhi di chiunque: zombie? Quanti ne volete. Vampiri, draghi e creature fantasy più o meno tradizionali? Accomodatevi pure. Ninja? Pfff, a iosa. Robot? Letteralmente ovunque. Ma i dinosauri, i miei amati dinosauri, no: loro sembrano essere esclusi per chissà quale bizzarro motivo dal divertimento declinato in formato interattivo, quasi come se ci fosse una sacrilega incompatibilità tra un controller qualsiasi e un triceratopo bello incazzato, pronto a caricare facendo danni. E dire che, per una beffarda ironia della sorte, i giurassici mostroni volatilizzatisi sessantacinque milioni di anni or sono piacerebbero pure a grandi e piccini, riuscendo ad affascinare fondamentalmente da sempre legioni dino-fanatici di tutte le età.

In un triste trend che sembra ahinoi destinato a sussistere, non mancano ad ogni modo rilevanti eccezioni: voglio soffermarmi su una in particolare, vale a dire quel Turok che non può non essermi caro. Per certi versi ricordo onestamente meglio gli anni passati ad aspettare l'uscita dal gioco piuttosto che il gioco stesso: i tempi passati a sbavare sugli screenshot delle riviste dell'epoca in compagnia del mio migliore amico (lo stesso di Blast Corps, che per inciso, con una Carrambata fuori scala, dopo aver letto quell'articolo si è fatto risentire a distanza di qualcosa come quindici anni, quindi grazie Outcast!!!), la piena frenesia della passione incontenibile per il Nintendone 64, la voglia di scoprire il futuro della console con il pad tricornuto al di là di Super Mario 64 e Pilotwings 64.

E, ovviamente, lui, Turok: Dinosaur Hunter, un FPS – genere in quel periodo non certo in voga come oggi, specie al di fuori dell'ambito PC – con protagonista un nativo americano armato fino ai denti, catapultato in una dimensione preistorica stracolma di lucertoloni aggressivi (con addirittura una spruzzata di magia, tanto per non farsi mancare nulla). Beh, inutile specificare che con una premessa simile fu amore a prima vista: non avevo certo avuto bisogno di conoscere il tutt'altro che popolare fumetto Valiant da cui era tratto il gioco per gasarmi come un matto, considerando pure il tasso di violenza compiaciutamente gratuito con cui ci si poteva sbarazzare dei nemici, in un trionfo di rossore in bassa risoluzione che oggi fa sorridere nella sua ingenuità.

Eppure, sia il primo che forse in misura addirittura maggiore il secondo capitolo della serie – uno dei primi titoli a godere dell'Expansion Pack dell'N64 per migliorare prestazioni all'epoca già da urlo – erano sparatutto assolutamente all'avanguardia, contraddistinti com'era in voga in quel momento da una corposa componente adventure espressa attraverso un level design arzigogolato, tra mappe gigantesche stracolme di angoli da esplorare e addirittura occasionali passaggi platform (tutt'altro che agevoli da gestire con un'inquadratura in prima persona). E che dire dell'intelligenza artificiale dei nemici, con i feroci velociraptor capaci di tendere agguati letali sfruttando la superiorità numerica e la mobilità nient'affatto scontata? Non che ci si debba comunque stupire più di tanto, contando che dalle ceneri di Iguana Entertainment sarebbe poi sorta in futuro una certa Retro Studios.

Il gioco ufficiale della Lega Nord.

Impossibile ad ogni modo celebrare il ricordo di Turok senza menzionare due elementi cardine della serie: da una parte l'infame nebbia e dall'altra le peculiarissime armi. Sulla prima, c'è poco da dire: il cosiddetto fogging, un artificio tecnico introdotto per non appesantire troppo le operazioni di calcolo ammantando l'orizzonte con un alone di nebbia, viene da sempre considerato uno dei talloni d'Achille del Nintendo 64. Eppure è proprio con il primo Turok che si è sconfinato quasi nel mito, con micidiali nebbioni degni della bassa-pavese in certe giornate d'inverno, che da un parte contribuivano (loro malgrado) a creare una certa atmosfera quasi horror e dall'altra abbassavano la visibilità a livelli allarmanti, al punto da diventare un po' il simbolo del gioco stesso.

L'altra componente degna di nota sono appunto le armi: la cosiddetta "signature weapon" del combattivo pellerossa non può che essere l'arco, con una delle prime e più convincenti rappresentazioni di uno strumento di morte esotico e radicalmente diverso dal solito (tra l'altro ripreso come punto di partenza per il gustoso reboot visto nel 2008 su Xbox 360 e PlayStation 3, che sfruttava proprio la naturale silenziosità dell'arco per aggiungere una dimensione stealth all'insieme). Non che il buon Turok si facesse però mancare anche bocche da fuoco decisamente più aggressive e impattanti, visto il clamoroso arsenale di armi a disposizione – con tanto di incursioni in crudeli tecnologie aliene tipo l'indimenticabile Cerebral Bore, una sorta di trivella a ricerca che andava a trapanare il cranio di un nemico nelle vicinanze, fra sugosi brandelli di cervello lanciati in aria.

La fortuna della saga si è purtroppo andata ad affievolire nel corso degli anni, e il già citato Turok visto nella scorsa generazione di console non è sfortunatamente riuscito a invertire la tendenza (nonostante non si sia alla fine dimostrato un flop totale nelle vendite, ed anzi fosse prossimo a ricevere un sequel stoppato in fase di pre-produzione da Disney – già, Disney – con l'inattesa chiusura di Propaganda Games). Forse a parlare sarà il dinomaniaco che è in me, eppure resto piuttosto convinto che una nuova avventura del cacciatore di dinosauri potrebbe comunque avere, ancora oggi, il suo dannatissimo senso: del resto, perché una persona sana di mente dovrebbe dire di no all'idea di trasformare un T-Rex con innesti cybernetici in un puntaspilli grondante di sangue?

Questo articolo fa parte della Cover Story “Jurassic Outcast”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.