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La mia bolletta di Ultima Online

Il 24 settembre del 1997, un giorno prima del mio ventesimo compleanno, Ultima Online uscì dalla fase di beta, avviò la sua conquista del pianeta dei videogiocatori su PC e lo sdoganamento definitivo di quello che poi sarebbe diventato un genere prima dominante, poi dominato (da World of Warcraft, che per altro ha appena compiuto vent’anni). Ma il 24 settembre del 1997 io avevo altro a cui pensare. Nel corso della mia lunga estate abruzzese, avevo frequentato la scuola guida di Giulianova, con tra l’altro il mio primo incidente (tamponato da dietro, quindi tecnicamente non era colpa mia, anche se l’istruttore aveva inchiodato perché non stavo rispettando una precedenza) durante letteralmente l’ultima di guida e con un esame scritto passato in maniera scintillante. A settembre ero poi tornato giù per affrontare l’esame di pratica, dimenticandomi di allacciare la cintura ma comunque ottenendo lo stesso la promozione per qualche bizzarro motivo. Ero quindi fresco di patente, ma stavo affrontando un lutto significativo, dato che mia madre aveva appena salutato e mi ritrovavo immediatamente proiettato nell’età adulta. Insomma, appunto, c’avevo altro da fare. Tipo giocare come un ossesso a Resident Evil sulla prima PlayStation.

Circa un anno dopo, Internet entrò nella mia vita. M’ero procurato un PC nuovo fiammante e in grado di far girare il terzo Monkey Island, che purtroppo mi avrebbe deluso furiosamente, e c’avevo agganciato un modem a 33.6k. Di lì a poco, seguendo le indicazioni pubblicate sulla rivista PC Zeta, avrei scoperto il magico mondo di Usenet e dei newsgroup, che per chi non sa cosa siano potremmo definire come gli antenati delle discussioni sui social network e quindi, volendo, i papà dei forum. Insomma, dei “posti” online in cui chiacchierare con gente sconosciuta, fare amicizie, esplorare il mondo attraverso uno schermo. Ora, dicevo, 33.6k. La connessione a banda larga, intesa come ADSL, sarebbe arrivata in Italia solo nel 2000, figuriamoci la fibra. Figuriamoci poi a casa mia, che ufficialmente apparteneva a una via ma strutturalmente figurava nell’altra, e quindi dovetti attendere cinque anni prima di poter avere la fibra ottica che tutto il resto della via già aveva. Ma sto divagando.

Un’immagine che ho trovato cercando “newsgroups 1997”.

33.6k significava che tornavo a casa da [dovunque fossi], accendevo il computer, avviavo la connessione con tutti i suoi beeep strunz batiiinz brreeeep, lanciavo il download della posta, facevo partire il download dei messaggi nuovi dai newsgroup che seguivo, andavo a prepararmi un caffè o, che ne so, a fare qualcosa d’altro, e al ritorno davanti allo schermo, forse, il download di tutta quella roba si era concluso. Poi leggevo le discussioni, scrivevo decine di risposte, mi riconnettevo, bip bip bip, inviavo. Una roba folle per la rapidità a cui oggi siamo abituati e che pretendiamo e che ci fa incazzare quando fai tap sul telefono e le cose non accadono IMMEDIATAMENTE. Ma boh, a me sembrava normale, forse perché ero stato allevato dai tempi di caricamento del Commodore 64, vai a sapere.

Ah, giusto: qua sopra ho detto “mi riconnettevo”, perché quando non ti risultava strettamente necessario starci appiccicato, da Internet ti scollegavi, un po’ perché teneva occupata la linea telefonica, un po’ perché la connessione a Internet si pagava a consumo, al minuto. C’erano delle tariffe speciali che costavano meno rispetto a fare una telefonata, ma comunque costava, e quindi il tempo trascorso appiccicato a Internet dovevi essere anche un po’ capace di gestirtelo. Ed è un dettaglio importante, in relazione al titolo di quest’articolo. Anche perché gli smartphone non esistevano e l’unico modo per seguire le cose che volevi seguire online era quello lì: tornare a casa, collegarti e pagare denaro sonante per ogni minuto speso a scaricare, caricare, consultare, farti la tua dose quotidiana. Roba da matti.

Ora, dicevo, i newsgroup: il mio preferito, quello che seguivo più assiduamente, quello che la prima cosa che facevo al rientro a casa era controllare se questa o quella persona m’avesse risposto, era it.fan.studio-vit, formalmente dedicato alla chiacchiera riguardo alle riviste dello Studio Vit, nella pratica un luogo in cui si poteva discutere di qualsiasi cosa ci passasse per la capoccia. Lì dentro feci conoscenza con un sacco di persone che a conti fatti compongono una fetta enorme delle mie amicizie “da età adulta” e alla fin fine la mia carriera lavorativa nasce in larghissima misura dagli anni trascorsi là dentro. E là dentro, a un certo punto, non ricordo perché o percome, esplose la mania di Ultima Online.

Credo che un punto cruciale fu l’esplosione dei server non ufficiali. Per giocare a Ultima Online dovevi pagare un abbonamento e ottenere quindi accesso a uno degli shard su cui venivano distribuiti i giocatori, ma io un abbonamento a quel gioco non lo feci mai. Lo comprai, certo, ho ancora qui la scatola con la sua mappetta di stoffa, il CD e tutta la carta stampata allegata. Ma mi limitai a fare un po’ di pratica col sistema di gioco sfruttando il mese di abbonamento gratuito. E, suppongo, quello incluso in Renaissance, la seconda espansione uscita nel 2000, che ho pure lei qua sullo scaffale e suppongo quindi di aver comprato. Credo. Non lo so. Però c’erano gli shard non ufficiali, quelli creati dagli appassionati, a cui si poteva accedere gratuitamente e che tra l’altro vivevano di regole proprie, che coprivano tutto lo spettro di possibilità da “Si fa il cazzo che ci pare” a “Giochiamo di ruolo durissimo, altro che il lassismo di Richard Garriott”. Ecco, a un certo punto, la gente di it.fan.studio-vit si proiettò in massa su uno (o più) di quei server. E quindi ci andai pure io.

Il 9 agosto del 1997, durante il beta test di Ultima Online, il personaggio di Lord British, controllato da Richard Garriott stesso, venne fatto fuori, nonostante fosse teoricamente invincibile. All’epoca fu una roba di cui si parlò un sacco sulle riviste e che aggiunse ulteriore fascino a questo gioco così atteso. Rimane ancora oggi un episodio fondamentale nell’evoluzione del settore. Più o meno.

Ultima Online era una roba spettacolare. A guardarlo oggi fa tenerezza, ma in quel momento lì, con quel sistema di gioco così libero che offriva, con tutto il portato di fascino che si trascinava dietro per il semplice fatto di essere la propagazione online di una serie amatissima come quella di Ultima* e, in generale, con il suo essere il primo MMORPG davvero capace di raccogliere quantità enormi di giocatori, costituiva un’esperienza incredibile. Lo so, pare assurdo, ma per me era in qualche modo una prima concretizzazione di quel concetto di realtà virtuale, di mondo fittizio in cui perdersi completamente e vivere un’altra vita, che la narrativa di fantascienza ci prometteva fin dai tempi di Tron e di altre corbellerie cinematografiche tipo Il tagliaerbe. Non avevi un visore in testa, non ti ci immergevi fisicamente con periferiche bizzarre, eppure entravi in quest’altro mondo e ti costruivi una seconda vita appassionante.

*Che poi io ho giocato davvero solo a Ultima VII e per altro, pur amandolo un sacco, non l’ho mai finito perché a un certo punto l’avevo “rotto” andando dove non dovevo col tappeto volante e m’ero bloccato.

E ognuno lo faceva alla sua maniera. I racconti e i ricordi di quel periodo sono senza fine, come del resto immagino lo siano per qualsiasi gioco incentrato sull’online uscito da allora a oggi. Syb schiavizzata dal suo ragazzo dell’epoca che le aveva subappaltato il lavoro in miniera e la faceva farmare per il proprio guadagno mentre lui andava in giro a farsi i cazzi suoi. Flx che era talmente odiato da tutti per il suo comportamento in-game da essersi ridotto a girare per il gioco costantemente nudo, così quando [chiunque lo incontrasse] lo beccava e lo corcava di mazzate, quantomeno non perdeva nulla delle ricchezze accumulate. I racconti di Sole e dei suoi viaggi fra scorpioni giganti e altre creature. Quell’altro a cui avevano svaligiato casa (eh, sì, potevi comprarti e arredarti casa) e gli avevano pure ammazzato il cane.

Che gente balorda, che frequentavo.

Richard Garriott qualche anno prima di essere assassinato nella beta di Ultima Online.

Io, però, Ultima Online lo vivevo con lo stesso relax con cui in quel periodo mi approcciavo alla vita. Cazzeggiavo. Non avevo la minima voglia di mettermi a grindare per accumulare esperienza e diventare in grado di esplorare le vastità (del cazzo che me ne fregava) di Britannia. Passavo praticamente tutto il tempo gironzolando per la cittadina iniziale, andando a menarmi con gli zombi nel cimitero locale, vagando nella campagna circostante, magari combattendo qualche mostriciattolo ma nulla di che. Accumulavo merce che tingevo, decoravo, ritoccavo, per poi srotolare un tappetino nella via e vendere le cose ai passanti. Ammiravo il paesaggio. Chiacchieravo coi passanti. E ovviamente non avevo una casa, figurarsi se potevo permettermela.

Ed era bellissimo! Potrà sembrare incredibilmente poca cosa, ma uno dei miei ricordi più cari dell’esperienza su Ultima Online è un pomeriggio passato su un ponte, a pescare nel fiume, chiacchierando con Gizmo, al secolo Alessandro Gori. Non so, magari lo conoscete, curò per qualche tempo la posta di PC Zeta e oggi è un comico piuttosto famoso che s’è pure beccato qualche querela. Ecco, un pomeriggio sul fiume, con la canna da pesca, a chiacchierare dei fatti nostri, salutando questo o quell’altro conoscente che magari passava sul ponte e si fermava a fare due chiacchiere.

Insomma, per me Ultima Online era una chat glorificata.

Ultima Online come me lo ricordo io.

Ma, dicevamo prima, la connessione la pagavo. Al minuto. Dopo un mese di Ultima Online, mi arrivò una bolletta del telefono da un milione di lire. Che tecnicamente suppongo si possano convertire in circa 500 euro, ma probabilmente in quel momento “pesavano” come mille euro. E insomma, non benissimo. Mi dissi che dovevo darmi una regolata. Che sì, da quel momento sarei stato attento. Il mese dopo, altro milione di lire. Tra l’altro io dico “milione” di lire ma onestamente non ricordo con precisione, facile che fosse anche un milione e duecentomila lire, una roba del genere.

E niente, alla seconda bolletta consecutiva di quelle che se fossi stato uno che viveva coi genitori m’avrebbero lanciato il computer dalla finestra (del settimo piano, per altro), disinstallai Ultima Online e non ci misi mai più piede. E non solo: con un effetto stile terapia shock, non ho MAI più toccato un MMORPG, se non magari in situazioni lavorative molto circoscritte. E forse è meglio così.

Tra l’altro, la storia ha un finale ironico, nel momento in cui veramente poco tempo dopo (magari anche due mesi dopo, la mia memoria fallace mi dice così) arrivarono le tariffe flat, che mi avrebbero potuto permettere di continuare a giocare a Ultima Online senza finire sul lastrico e grazie alle quali caddi per qualche tempo nel tunnel più profondo di Quake III e Unreal Tournament, sui quali fino a quel momento mi ero abbastanza moderato.

Ma, appunto, ormai per Ultima Online era tardi.

E forse è meglio così.

Questa è la copertina di Ultima Online nella sua primissima edizione. L’ho messa là in cima ma la rimetto qua per dare un saluto ai fratelli Hildebrandt, due illustratori clamorosi dalla carriera memorabile. Se Tim è morto da quasi vent’anni, l’11 giugno 2006, Greg ci ha lasciati da circa un mese, il 31 ottobre 2024. Ciao.

Ah, un altro tra l’altro: c’è un lieto fine che avrei adorato poter dare a questa storia ma che non sono riuscito a organizzare per un mix di fesseria e complicazioni logistiche. Un decennio dopo, a una GDC Europe in quel di Colonia, ho passato un’ora a torchiare di domande Richard Garriott, per un’intervista penso molto bella e ormai credo reperibile solo tramite la Wayback Machine e c’ho pure provato a trovarla lì sopra per linkarla ma non sono riuscito a beccarla e mannaggia tutto. Eh, ecco, in quell’occasione, col senno di poi, mi sarei dovuto portare la bolletta da far autografare. Ma soprattutto avrei dovuto farlo nel 2018, al Classic Post Mortem di Ultima Online alla GDC. Vuoi mettere che colpo di teatro tirarla fuori e farmela firmare da Garriott, Starr Long, Raph Koster e Rich Vogel? Con due di loro pure trasvestiti da Lord British e Blackthorn? Eh, niente.

Tra l’altro, un altro, non posso manco allegarla come documentazione fotografica a questo articolo, perché continuo a dirmi che quando passo da Milano dovrei rovistare fra le vecchie carte e recuperarla ma poi non lo faccio mai. :(