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Un'oretta con XCOM: Enemy Unknown, fra multiplayer e single player

Per realizzare un'anteprima di XCOM: Enemy Unknown (o di qualsiasi reboot, via) degna di questo nome, è necessario fare la solita premessa in cui raccontare i perché e i percome dello status mitologico cui è assurto il gioco originale. Io me la sono giocata chiedendo al Castelli di scrivere un Racconto dall'ospizio apposito. Quindi, se volete la premessa d'ordinanza, potete leggerla a questo indirizzo. Qua, invece, parliamo appunto del reboot, quello che sta simpatico ai fan integralisti, non quell'altro sotto forma di FPS che hanno insultato tutti ed è poi completamente sparito dai radar (a me comunque piaceva, ci tengo a ribadirlo).

Alla Gamescom 2012, l'appuntamento a porte chiuse era lungo un'ora e diviso in due parti, con una breve presentazione poi tanto tempo per giocare. In avvio, il lead designer Jake Solomon ha introdotto quella che era la grande novità proposta in fiera, vale a dire il multiplayer, e ne ha spiegato gli elementi base, pensati per coniugare il dinamismo e la snellezza richiesti da un'esperienza online moderna con la profondità che è giusto pretendere da un XCOM. Gli scontri fra due giocatori sono organizzati secondo una struttura che prevede innanzitutto la creazione della propria squadra: si hanno diecimila punti da spendere, che è possibile distribuire per "acquistare" i diversi tipi di unità, dal prezzo ovviamente variabile, scegliendo anche fra le varie razze aliene (e i punti vanno spesi anche per armi, attrezzature e poteri). Bisogna quindi assemblare umani e mostri dallo spazio, cercando di mescolare il meglio possibile fra loro le varie caratteristiche per ottenere un team equilibrato, o magari pensato con in testa una strategia ben precisa. Fatto questo, parte il match, che è strutturato su una meccanica a turni tanto quanto il single player, ma con un tempo limite per gestirsi. Quando è il proprio turno, si hanno a disposizione due minuti per gestire tutte le unità disponibili e poi si passa la mano, assistendo impotenti alle azioni dell'avversario. E il risultato è davvero quel convincente mix che Firaxis stava cercando. Gli scontri, orchestrati su mappe relativamente piccole ma comunque ricche di possibilità e spesso estese in altezza, vanno via veloci, frizzanti, carichi di pathos. Allo stesso tempo la natura del gioco non viene tradita da una qualche forma di furiosa azione in tempo reale e, in buona sostanza, si ottiene un compromesso più che gustoso.

http://youtu.be/oz5ePZTXLOI

Oltre al multiplayer, a Colonia mi sono ritagliato anche un po' di tempo per approcciare il gioco in singolo. Non abbastanza per farmi un'idea realmente concreta (ho giocato solo le prime tre missioni, che fanno fondamentalmente da corposo tutorial), ma senza dubbio sufficiente per uscirne rassicurato e fiducioso. L'impressione è che anche in quest'ambito, come era lecito attendersi, si sia lavorato per ottenere il giusto compromesso fra tradizione e modernità, ma il risultato sia fondamentalmente una corretta reinterpretazione dello spirito che caratterizzava il gioco originale. Perfettamente adattato al controllo via pad, con indicazioni a schermo precise e leggibili e controlli che fanno sentire subito a proprio agio, l'impianto di gioco recupera gli elementi che tutti vogliono rivedere. La gestione della squadra è a turni, senza compromessi, al di là del fatto che il motore grafico si concede qualche movimento di macchina spettacolare sui momenti più drammatici. Il team va coccolato e fatto crescere nel tempo, curandone promozioni ed equipaggiamento e pagando a caro prezzo i propri fallimenti, con la morte permanente dei singoli uomini sempre in agguato.

A questo si aggiunge la gestione del quartier generale (una montagna cava visualizzata in sezione), con i laboratori del caso per lo studio e il riciclo delle tecnologie aliene, e un'approccio alla campagna di livello globale, con tutta una serie di decisioni da prendere nel corso del gioco legate all'affrontare questa o quella missione, al rispondere o meno alla tal richiesta di soccorso e, conseguentemente, al coltivare diverse possibili e più o meno utili alleanze con le altre nazioni sotto attacco alieno. Sopra a tutto questo, poi, c'è un forte approccio narrativo, con un racconto che si sviluppa piano piano, una grande attenzione a fornire solida varietà nelle missioni e, soprattutto, atmosfera da vendere. Perché poi, alla fin fine, uno dei motivi per cui tanti ancora oggi adorano il gioco originale è rappresentato dal fatto che davanti a quello schermo ci si cacava sotto. Vuoi per la "mortalità" dei propri uomini, vuoi per la bella atmosfera e il fascino dell'ignoto, il pargoletto dei fratelli Gallop sapeva davvero prenderti per le palle e farti stringere lo sfintere.

E insomma, perlomeno sul coinvolgimento emotivo, Firaxis sembra proprio aver colto nel segno. Sulla reale profondità tattica e sull'impatto della necessità di "vendersi" all'ampio pubblico che un'odierna grossa produzione multipiattaforma deve per forza inseguire, beh, è presto per esprimersi. A onor del vero, le missioni che ho affrontato mi sono parse un po' troppo lineari e guidate, ma si trattava di quelle iniziali, forzatamente impostate come tutorial, che non possono certo fare testo. Attendiamo con fiducia, forti di quanto di buono s'è visto e del blasone indiscutibile legato al marchio Firaxis. Altro non si può fare.