Trent'anni di Warcraft
Nella prima metà degli anni Novanta amavo tantissimo il PC come macchina da gioco. Mi sentivo completamente a casa con mouse e tastiera, ero capace di fare pressoché qualsiasi cosa (servisse ai videogiochi) con DOS e Windows ed ero abbastanza innamorato dei generi più in voga sulla piattaforma. Sì, mi piacevano un sacco anche le avventure grafiche, che oggi proprio non riesco più a digerire. Ma ero soprattutto un fan dei nuovissimi sparatutto in soggettiva e RTS. I primi nati in seguito al clamoroso successo di Wolfenstein 3D e Doom di iD Software. I secondi, nati in seguito alla geniale intuizione dei Westwood Studios, che quando furono ingaggiati da Virgin Games per occuparsi del seguito di Dune, stravolsero un po’ le caratteristiche del gioco originale (un mix di avventura grafica e strategia) per concentrarsi solo sulla componente strategica, dando vita al genere degli strategici in tempo reale (Real Time Strategy, RTS, appunto). In quegli anni consumai Dune II (1992) e mi innamorai perdutamente del genere. Adoravo quelle meccaniche basate sulla costruzione di edifici in grado di generare a loro volta unità da mandare poi in battaglia, guidandole anche passo passo, volendo.
Ero talmente gasato da quel sistema di gioco che quando vidi sulle pagine delle riviste le prime immagini di Warcraft, stavo impazzendo. Ed ero anche un po’ incredulo, perché le anteprime descrivevano il gioco come un clone quasi spudorato di Dune II. In pratica, Blizzard (software house che avevo giusto sentito nominare, prima di allora, e di cui mi fregava quasi zero) aveva preso il gioco dei Westwood Studios e ne aveva copiato il concept paro paro, sostituendo l’ambientazione sabbiosa dell’universo creato da Frank Herbert con un mondo fantasy in cui si scontravano Orchi e Umani.
Una roba che tendenzialmente potrebbe pure portarti a pensare: “Vabbe’, questi stanno copiando uno dei migliori giochi del momento, vogliono fare i furbi, ma magari non ne sono capaci e fanno la classica schifezza che viene fuori da operazioni di questo tipo”. E invece col cavolo. Se a leggere le anteprime stavo impazzendo, quando riuscii a giocare la versione completa del gioco (15 novembre 1994 la data d’uscita, ho appena controllato) quasi mi scoppiava la testa. Warcraft era, sì, un clone spudorato di Dune II. Ma era clamorosamente bello. Forse anche meglio del gioco a cui si ispirava così fortemente. L’ambientazione riuscitissima, le unità caratterizzate benissimo, con una serie di voci campionate che hanno fatto storia (specialmente quelle degli Orchi che si lamentavano quando si cliccava sulle loro teste troppo frequentemente), una colonna sonora epica e un gameplay gustosissimo rendevano Warcraft: Orcs and Humans (titolo completo) non solo un concorrente pazzesco di Dune II, ma anche forse il nuovo punto di riferimento del genere. Io stesso, che nel frattempo ero diventato grande fan dei Westwood, vedevo le mie convinzioni vacillare, perché il gioco Blizzard era una bomba. Gli autori di Dune II incassarono il colpo e si rifecero avanti nel 1995 con Command & Conquer, seguito spirituale di Dune II che alzava l’asticella e introduceva delle caratteristiche diventate poi fondamentali per il futuro del genere. Come la selezione di più unità contemporaneamente, per esempio, anche tramite drag and drop del mouse. Eh, sì. In Dune II e nel primo Warcraft le unità andavano selezionate e spostate singolarmente. Una ad una. Un clic per ciascuna.
Una grande evoluzione e un gioco complessivamente strepitoso. Ma Blizzard non aveva ancora finito. E infatti dopo pochi mesi, sempre nel 1995, si presenta con Warcraft II, che – esattamente come il suo predecessore aveva fatto con Dune II – uguaglia e forse migliora ogni singola caratteristica messa in campo da Command & Conquer. E stavolta si differenzia anche un po’. Non sembra più una copia di un altro gioco, ma qualcosa con una sua personalità, spiccata e forte. Da lì in avanti, poi, Blizzard spicca il volo, sia come vendite che come qualità, e i giochi dei Westwood Studios, pur rimanendo validi esponenti del genere RTS, non reggono il confronto. Starcraft (1998) e Warcraft III (2002) consacrano Blizzard come la regina degli strategici in tempo reale. E Warcraft (complice anche l’arrivo dell’MMORPG World of Warcraft, nel 2004) come uno dei franchise più famosi e di maggiore successo nell’intera storia dei videogiochi.
E tutto questo grazie a quella sorprendente “copia di Dune II” uscita alla fine del 1994 che, evidentemente, era molto più che un semplice clone. Oggi festeggiamo proprio i trent’anni di Warcraft, che non è soltanto un mucchio di tempo, ma anche un periodo in cui questa serie di videogiochi ha avuto una presenza decisamente densa. Ah, a proposito, anche dopo Warcraft II (che ho adorato) ero comunque rimasto soprattutto fan dei giochi Westwood. Ma Warcraft III ha conquistato definitivamente il mio cuore ed è ancora oggi per me uno dei giochi più belli a cui abbia mai giocato. Superato sicuramente da World of Warcraft, di cui però parleremo tra pochi giorni, in occasione di un’altra importante celebrazione.
Quando giocavo a Warcraft, tra il 1994 e il 1995, vivevo in una casa con mia mamma, mia zia e mia nonna. E avevo il computer in una stanza che era di fianco a quella dove dormivano mia zia e mia nonna. Proprio con la scrivania attaccata alla parete confinante con l’altra stanza. Tenevo il volume basso per non dare troppo fastidio, ma comunque ci giocavo fino a notte fonda. E nonostante il gioco mi piacesse tantissimo, non potevo minimanente immaginare cosa sarebbe diventato il nome Warcraft nei trent’anni successivi. Cioè, tipo adesso mi viene in mente Hearthstone. Altro gioco a cui ho giocato per non so quanto tempo negli ultimi dieci anni. Hearthstone è ambientato a sua volta nell’universo di Warcraft. Non esisterebbe senza Warcraft. Vabbe’, perdonatemi, sono venuti fuori un po’ di pensieri disordinati. Bello Warcraft, bello il 1994, belli questi trent’anni.