Outcazzari

L'amore infinito per la GDC

L'amore infinito per la GDC

Questo articolo si manifesta su Outcast.it alle undici di mattina. Vale a dire quando il sottoscritto e la banda di sciamannati che lo accompagnano, in contumacia Fotone, saranno già sapidamente impegnati a passeggiare fra le morbide hall del Moscone Center di San Francisco, per assaporare ancora una volta, per la decima volta, la Game Developers Conference. O, perlomeno, così sarebbe se non esistesse il concetto di fuso orario. Invece, dato che si parla delle undici di mattina d'orario italico, noi saremo (auspicabilmente) impegnati a dormire della grossa nel nostro appartamento in zona improbabile della città, con la prima giornata di fiera ancora di là da venire. E d'altra parte questo articolo lo sto scrivendo sull'aereo decollato a malapena da un'oretta, con ancora oltre dieci giri di lancetta piccola davanti a me, compiaciuto dell'essere riuscito a piazzarmi nei posti con tanto spazio davanti causa area poppanti ma senza essermi beccato dei poppanti al fianco, infastidito dal pungente odore di vino da quattro soldi che mi trapana narici e cervella, solleticando quella punta di mal di testa con cui mi sono svegliato alle tre di notte e che avevo quasi domato a botte di amico ibuprofene. Il vino lo sorseggia un tizio francese seduto alla mia destra, che mentre scrivevo "tizio francese" ha scagliato uno sbadiglio epocale, e questo articolo sta partendo un po' troppo per la tangente, considerando che dovrebbe essere un pezzo dedicato alla GDC e non una bloggata personale. Premiamo il tasto reset.

Sabato siamo andati a comporre un disco indie fra i boschi.

La Game Developers Conference nasce nel 1988, sotto forma di ritrovo quasi intimo, con trenta sviluppatori di videogiochi o giù di lì nel salotto di Chris Crawford, nome storico del settore, personaggio adorabile e creatore, giusto per buttare lì un titolo, di un classico come Balance of Power. L'allegra compagnia si ritrova a chiacchierare di pratiche, idee, tendenze, notizie e spetteguless legati allo sviluppo di videogiochi e la cosa piace al punto di diventare appuntamento fisso annuale. Un anno dopo, l'evento mostra già maggiore ambizione, radunando centocinquanta persone all'Holiday Inn di Milpitas, e da lì la crescita non si ferma più, regalandoci una vera e propria conferenza ad ampio respiro, la cui sede si sposta nel tempo avanti e indietro fra San José e San Francisco, mentre la GDC trova una sua maturità composta da decine di migliaia di persone che ogni anno si ritrovano all'insegna di un'idea che, per molti versi, è rimasta quella originale.

Il tutto, mentre in giro per il pianeta diventano sempre più numerose le manifestazioni di natura simile e le vere e proprie edizioni satellitari della GDC stessa (vi abbiamo raccontato più volte in podcast la GDC Europe, per esempio). La foto è un metaforone.

La GDC, infatti, non ospita il coacervo di marketing, annunci, effetti speciali, rumore e fumo che segnano i grossi appuntamenti fieristici del videogioco. Questi elementi trovano spazio al suo interno, in maniera ridotta e composta, ma non dominano la fiera. Per qualche anno è sembrato che dovessero farlo: addirittura, per un breve periodo, la GDC pareva dover assumere perfino maggior importanza dell'E3 sul fronte degli annunci e in ogni caso, per diversi anni, attorno al Moscone Center, grossi publisher come EA, 2K e altri sono andati avanti a presentare i loro pezzi da novanta (per esempio il terzo e il quarto Battlefield). Ma poi, magari complici anche la contrazione del settore (quantomeno sul piano del quantitativo di grosse produzioni) e la necessità di concentrare un certo tipo di attività attorno al momento chiave stagionale rappresentato dall'E3, questa tendenza si è dissolta nel nulla.

Oggi, e ormai da qualche edizione, può ancora capitare che qualcuno sfrutti l'occasione per fare la voce grossa, soprattutto se si tratta di presentare novità tecnologiche particolarmente significative. Non a caso, la GDC ha fatto da palcoscenico per le prime apparizioni di PlayStation VR, per due anni consecutivi (e sempre lì venne presentato Move nel 2009). Insomma, può accadere, ma il focus sta altrove. La GDC è soprattutto un contesto in cui a prendere possesso della situazione è l'altro lato della barricata. La comunità degli sviluppatori costituisce il nucleo umano attorno a cui ruota tutto, con tavole rotonde, conferenze, laboratori, tutorial, approfondimenti, ma anche feste serali, momenti d'incontro e networking, lo spazio enorme dato a tutta quella marea di produzioni indie che altrove viene messa in ombra dal polverone delle grosse produzioni. E poi ci sono le serate dei premi, adorabili per quanto magari un po' logorroiche, con in particolare l'Independent Games Festival, che dal 1999 pone il riflettore sui titoli indie più interessanti, e i Game Developers Choice Awards, sorta di notte degli Oscar del videogioco in cui il settore si autocelebra con perfetto stile yankee.

Niente conferenze con i grossi publisher che se la dicono e se la cantano da soli, insomma. Anzi, ormai da qualche anno, sono sostanzialmente spariti i keynote dei grandi nomi che un tempo tenevano banco... e questo un po' mi spiace, anche pensando a quello di Satoru Iwata rimasto nel cuore di tutti noi. Ma anche niente stand attira boccaloni a base di gnocca ed effetti speciali, niente musica sparata a mille in ogni dove, niente appuntamenti incentrati sull'aria fritta e interviste da cinque minuti con responsabili marketing che ti servono risposte precotte. Quasi niente, via. E che c'è, però?

Questo sono io mentre provo PSVR per la prima volta alla GDC 2014.

C'è, innanzitutto, gente che quegli stand se li gira perché magari sta cercando di costruirsi una carriera e vuole seminare curriculum in ogni dove, cumuli di persone interessate alla condivisione e alla crescita professionale, tonnellate di incontri dietro le quinte che ribollono di produzioni e tecnologie ancora nascoste al pubblico, in cui vengono stretti accordi che un giorno potrebbero cambiare la nostra visione del settore. E in questo senso, sì, ad andarci da giornalista, la GDC ti fa sentire un po' come un intruso, che cerca di scavare alla ricerca di notizie, contenuti, idee interessanti per te e per chi magari ti leggerà o ascolterà, senza dare troppo fastidio alle persone su cui la fiera è incentrata.

Ma, allo stesso tempo, la Game Developers Conference costituisce un momento e un'occasione clamorosi. Offre l'accesso a un monte pazzesco di conoscenze ed esperienze condivise, con tantissime conferenze interessanti che guardano a passato, presente e futuro, che spaziano fra i criptici tecnicismi e la semplice leggibilità, fra la nostalgia per i vecchi tempi e l'entusiasmo per quelli attuali, trattando argomenti di ogni tipo, seguendo percorsi che vanno dalla scena indie alla VR (entrambe sempre più importanti), dalla programmazione al design, alla grafica, al sonoro, alla I.A., alla produzione, al mobile, ai settori casual e serious, passando per l'educazione, la localizzazione e i temi scomodi a base di diversità e tolleranza.

E poi, sì, ci sono i giochi, tanti, tantissimi, con qualche grossa apparizione ma soprattutto una marea di produzioni piccole e medie a cui dare gioiosamente spazio, per scoprire la folle carica di forza, creatività e voglia che si respira fra quei corridoi, quelle stanze, quegli spazi. C'è lo showfloor, che ospita diverse iniziative dedicate a raccogliere più sviluppatori sotto un ombrello, da quella ormai ricorrente organizzata da Double Fine, all'Indie MEGABOOTH, passando per la sezione con i candidati ai premi IGF e tutti gli agglomerati territoriali dedicati a Canada, Regno Unito, Italia e via dicendo. C'è l'opportunità di provare centomila sperimentazioni a base di realtà virtuale, ma anche le follie a base di controller improbabili dell'area Alt.Ctrl.GDC. E c'è in generale una bellissima atmosfera, rilassata, piaciona, amichevole, di reale comunità, silenziosa e garbata, che mi ha regalato alcuni fra i momenti professionali più belli della mia carriera, per esempio quando ho trascorso ore a chiacchierare a tutto campo con Richard Garriott o Jason VandenBerghe, o ancora quando mi sono spaparanzato sul pavimento a blaterare coi ragazzi di Inkle Studios o nei numerosi incontri con Dave Gilbert. Insomma, la GDC è proprio bella.

Chi ci segue regolarmente e lo fa da anni dovrebbe ormai conoscere la tiritera e sapere bene quel che ho cercato di spiegare fino a qui. Ma un ripassino non fa mai male. Quest'anno, come abbiamo già detto più volte nei primi video legati al viaggio, cercheremo di raccontarvi la Game Developers Conference in maniera un po' più approfondita del solito. Ci sarà innanzitutto la copertura video, spensierata, rozza e scemotta come sempre, che abbiamo già iniziato a realizzare, che proveremo a rendere ancora più abbondante e che potete seguire nella playlist qui sopra. Fra l'altro, a meno di imprevisti, sotto questo punto di vista avremo forse qualche piccola novità: se da un lato il grosso del lavoro sarà, come al solito, costituito da piccoli video realizzati al volo, in maniera scalcagnata e verace come piace a noi, dall'altro cercheremo di aggiungervi anche materiale realizzato con maggior cura, registrazioni più curate e "stabili", magari perfino qualche videoanteprima più tradizionale e impostata. Non voglio fare promesse clamorose per non riuscire poi a mantenerle, quindi non garantisco nulla. Ma insomma, quantomeno ci siamo attrezzati.

Inoltre, ci sarà una proposta di articoli "live", per noi di Outcast abbastanza inedita. Abbiamo già pubblicato una serie di bloggate personali la scorsa settimana, ma con questo articolo inauguriamo la cinque giorni di fiera, durante la quale, come da promessa, vi proporremo almeno un pezzo al giorno, magari anche qualcosa in più, oltre a quelli aggiuntivi che come sempre arriveranno poi, con maggior calma. E ovviamente, a tempo debito, chiuderemo il tutto con l'inevitabile Outcast Reportage. Uno sforzo magari non esagerato e al pari di quanto possono offrire siti professionali, ma senza dubbio superiore al nostro solito, anche per ripagarvi del contributo che ci avete offerto nei mesi passati tramite le vostre donazioni e i vostri acquisti sui siti partner. Abbiamo prelevato solo una parte di quanto giaceva in cassa e l'abbiamo utilizzata per pagare una porzione piccola, ma significativa, delle spese di viaggio. Ciao e grazie.

Ma di che si parlerà? Cosa offre, questa GDC 2017? Parecchio. Ci saranno quattro post mortem classici, con membri dei team originali impegnati a raccontare la creazione di The Oregon Trail, Seaman, Deus Ex e Civilization. Ma non mancheranno gli approfondimenti dedicati a titoli recenti come Resident Evil VII, Final Fantasy XV, Nioh, Thumper, Hyper Light Drifter, Owlboy, Oxenfree, Horizon: Zero Dawn, Pokémeno GO, Dishonored 2, Salt and Sanctuary, Night in the Woods, The Legend of Zelda: Breath of the Wild, Old Man's Journey, Mini Metro, Tacoma, Inside, Overwatch, Mafia III, Below... e OK, la smetto. E poi, dopo un anno di assenza, si manifesta di nuovo #1reasontobe, non mancano gli imperdibili GDC Microtalks organizzati da Richard Lemarchand e ovviamente tornano i vari percorsi delle conferenze, fra scena indie, realtà virtuale, narrazione. Insomma, tanta roba. Tanta roba che come al solito sarà impossibile seguire per intero e che potremo/vorremo/vai a sapere recuperare anche a distanza di tempo grazie al sempre prezioso GDC Vault, in cui ritrovare registrazioni di cose interessanti perse per strada.

E poi i giochi: lo showfloor e i vari eventi collaterali sembrano più ricchi che mai, fra produzioni indie medie e grandi e l'ormai inevitabile valanga di proposte VR, con tutte le tecnologie più nuove e futuristiche a corredo. Aggiungiamoci qualche appuntamento ad hoc interessante, con i nuovi giochi di Wadjeteye Games e Inkle Studios, l'intrigante Snake Pass, Syberia 3, il wipeoutiano Formula Fusion, il remake Outcast: Second Contact (che non possiamo perderci per ovvi motivi) e alcune nuove produzioni da studi noti che non abbiamo ancora il permesso di svelare (Shyamalan Twist!). Insomma, l'ho già detto? Tanta roba.

È una GDC promettentissima, come forse non capitava da due o tre anni. Non manterrà magari tutte le promesse, ci ritroveremo sicuramente a sbadigliare sconsolati davanti a qualche speaker improbabile, ma sarà ancora una volta una settimana bellissima. E, alla nostra maniera outcazzara, cercheremo di farla vivere anche a voi.

Post Mortem #19: Narrazione e realtà virtuale secondo Tequila Works

Post Mortem #19: Narrazione e realtà virtuale secondo Tequila Works

GDC 2017 alla come capita

GDC 2017 alla come capita