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Immortal Redneck: quando la mummia ha il grilletto facile

Immortal Redneck: quando la mummia ha il grilletto facile

Deve esserci qualcosa d'impercettibilmente libidinoso, nell'ambientazione filo-egiziana. Un fascino morboso e sensuale che, nel corso degli anni, ha spinto scrittori, registi e sviluppatori di videogiochi a utilizzarlo come teatro per le proprie creazioni. Immortal Redneck appartiene proprio a questo filone: prende a prestito l'immaginario mistico dell'antico Egitto e lo riscrive in chiave ironica e sparacchina. Nonostante il design un po' vacuo e derivativo, il titolo dei CremaGames riesce quasi subito a fissare i propri punti di forza, offrendo una giocabilità frizzante e spronando il giocatore all'ennesima partita.

Anch'io ero spaventato dalle sessioni platform, ma sono abbordabilisime.

Immortal Redneck è un FPS roguelike senza fronzoli e totalmente votato all'azione. Il mummificato protagonista si fa largo tra i nemici con tre armi base, cercando di sopravvivere alle orde di ogni piano. Lo scenario si fa via via sempre più angusto e altrettanto pericoloso: siamo pur sempre in una piramide, in fondo. Le stanze, generate in maniera procedurale, sono stracolme di aberrazioni, armi e orpelli di varia natura. Per onor della precisione, il gioco appartiene alla branca dei "roguelite", la declinazione più abbordabile del genere madre.

Con l'oro ottenuto in ogni (di)partita, infatti, si possono acquistare upgrade permanenti presso un generoso albero delle abilità, presente all'ingresso del dungeon. Le primissime schermaglie sono relativamente facili, ma salendo verso la vetta della piramide, e del boss che ci attende, la sfida diventa sempre più ardua. Fortunatamente, più si rimane in vita, più è possibile metter su un arsenale e una resistenza invidiabili, grazie a delle pergamene bonus sparse in giro, e al nuovo armamentario che si trova lungo il percorso.

L'arsenale è deliziosamente anacronistico.

Anche se solo raramente si possono portare più di tre armi alla volta, non ci vuole molto per iniziare a capire quali siano gli strumenti di morte più efficaci. L’equipaggiamento base è determinato dal dio che si sceglie a inizio partita, caratterizzato anche da specifiche capacità magiche e abilità passive. Ci sono nove divinità in cui incarnarsi, da sbloccare tramite l'albero di cui sopra, ma è possibile scegliere solo tra due eroi casuali all'inizio di ogni sessione.

Presto viene naturale sviluppare una certa empatia con una divinità specifica, ma è necessario essere duttili e sperimentare. Le varie stanze della piramide sono scelte in modo casuale da una set pre-costruito, e poi rimpinguate con mostri e tesori randomici. Questo si traduce in maratone piuttosto varie, anche se inevitabilmente destinate a raggiungere un certo livello di saturazione/noia. L'upgrade costante è l'ancora di salvezza dell'intera produzione, addolcita anche dal gunplay soddisfacente e dall'atmosfera scanzonata.

I nemici non hanno un aspetto così letale, ma non bisogna mai fermarsi alle apparenze.

La natura procedurale dell'esperienza, croce e delizia di molti giochi di questo tipo, si aggrappa ai ritmi indiavolati presi a prestito dai classici del genere, come Doom e Serious Sam. Anche le sparute fasi platform sanno essere appetibili, concedendo un ampio margine di errore e persino la possibilità di aggrapparsi a bordi delle strutture. In tal modo, balzare verso i nemici o barcamenarsi tra minuscole piattaforme diventa un valore aggiunto e non un elemento frustrante. 

Volgendo un occhio critico alla direzione artistica, Immortal Redneck non risulta particolarmente felice, mostrando ambientazioni e nemici piuttosto anonimi e privi di qualunque guizzo creativo. Per fortuna, il lato tecnico sopperisce alle mancanze del design, proponendo un frame rate inchiodato a 60fps e degli apprezzabili effetti di luce.

Divinità in miniatura attenteranno alla nostra non-vita.

Tutta la parte estetica è votata a semplicità e stilizzazione, portando l'azione furiosa al primo posto; questa è una scelta consapevole degli sviluppatori, a cui va una generosa nota di merito. Immortal Redneck è uno sparatutto forse un po' brullo, ma comunque intelligente e concitato. Un gioco che va dritto al sodo e tiene sempre sulla corda, grazie a un graduale e gratificante senso di progressione. Non sarà tramandato ai posteri dell'iconografia videoludica ma sa come divertire e svolgere al meglio il suo "polveroso" lavoro.

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Ho scaricato Immortal Redneck su PlayStation 4 PRO grazie a un codice fornitomi gentilmente dallo sviluppatore. Ho giocato per circa venti ore, sbloccando le nove divinità e gran parte dei potenziamenti a disposizione. Dopo una decina di ore, la ripetitività comincia a farsi sentire, ma il continuo senso di progressione aiuta a non demordere. Il gioco è disponibile anche su PC, Switch e Xbox One.

Altro che primo amore, è la prima GDC che non si scorda mai!

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