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Racconti dall'ospizio #115: Might as well Joust

Racconti dall'ospizio #115: Might as well Joust

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Lessi Ready Player One in inglese più di cinque anni fa: la Feltrinelli locale ci mise un bel po' a procurarmi una copia e ovviai l'attesa scaricando il libro in un formato digitale, sulla cui legalità magari ci soffermeremo un'altra volta. Il mio amico Lorenzo Mazzocchetti mi aveva consigliato di leggerlo, perché pareva una cosa super nerd e, a un certo punto, pare citasse Blade Runner, una condizione che mi rende decisamente arrendevole. Io però faticai un po' con la lettura, sia all'inizio che - specialmente - verso il finale, quando Wade Watts pare essere in anticipo di diecimila mosse rispetto a Sorrento e all'onnipotente-o-quasi IOI.

Il motore che mi permise di andare avanti e sopportare una parte conclusiva in cui la credibilità della vicenda viene abbattuta da un bulldozer guidato dai miei maroni che ascoltano The Loco-Motion a tutto volume è però rappresentato da un ottavo capitolo di inossidabile bellezza. Dungeon & Dragons, la discesa nella Tomba degli Orrori, il primo ma fighissimo (tanto da spingere Wade a passare alla visuale in terza persona per ammirare i dettagli della nuova armatura) equipaggiamento magico e Acererak, un lich che tiene in ostaggio il primo, fondamentale traguardo dell'avventura con un cabinato originale di Joust.

Possiedo Joust nelle salse più disparate, comprese l'accecante versione Lynx e l'homebrew per Neo Geo Pocket. Oh, ognuno ha le sue droghe.

Cioè, stiamo parlando di un nonmorto potentissimo che ti sfida con un vecchio videogioco della Williams in un labirinto pieno di indicibili orrori: è già il mio migliore amico.

In quel capitolo, ci sono quasi tutte le cose da nerdone sfigato che mi fanno palpitare il cuore, ma va detto che Joust è un gioco molto punk; chiedete a John Newcomer la sue ispirazione e citerà gli uomini-falco di Flash Gordon, nientemeno! E non solo: entrato in Williams durante la spietata emorragia di idee dovuta alla partenza di Eugene Jarvis e Larry DeMar verso nuovi lidi, John voleva creare un gioco basato su La guerra dei mondi, ma l'hardware dell'epoca non era abbastanza muscoloso da concretizzare una simile visione. Quindi, i torreggianti extraterresti vennero messi da parte e John spostò l'idea alla base del gioco sulla mitologia. A tal proposito, le copertine di Heavy Metal e Dragon erano solite mostrare eroici guerrieri a cavallo di maestose aquile: volatili fieri e regali, tuttavia incapaci di muoversi sul terreno, un particolare che giustificò l'uso di struzzi battaglieri e cicogne al servizio dei giocatori. Due sprite differenti, un'idea niente male per distinguere all'istante chi è chi nel trambusto dell'azione; per la loro animazione, il grafico Jan Hendricks usò Animals in Motion di Muybridge, una risorsa che avrebbe fornito la giusta ispirazione negli anni a venire a molteplici menti illuminate, tra cui Jim Sachs per quanto riguarda la giostra in Defender of the Crown e Mike Singleton per il destriero tarocco di Gandalf in Shadowfax. A parte questo, John era deciso a creare un gioco che potesse offrire qualcosa di nuovo, non solo per quanto riguarda l'ambientazione. Per questo motivo, il nervosissimo bisogno di premere il pulsante "flap" per prendere quota venne visto come il mezzo per enfatizzare il legame tra il giocatore e la sua pixellosa cavalcatura alata, una simbiosi indispensabile per librarsi e colpire dall'alto gli avversari.

Il mio amico ricco Davide possedeva Joust su Atari 2600. All'epoca scassavo le balls perché non era uguale all'arcade, esposto regalmente nel mitico bar di Galileo.

A parte tutto, Joust era e rimane fighissimo perché può essere giocato cooperativamente oppure no, mandando in malora amicizie durature per ostacolare il nostro ex compagno. Due giocatori che combattono un duello all'ultimo pixel, mentre sullo schermo impazzano nemici a cavallo di poiane assieme al cattivissimo pterodattilo, resta uno spettacolo che non stanca mai.

Andrò al cinema per assistere a Ready Player One con tutto il corredo di dubbi necessario, mantenendo però la speranza di vedere Acererak offrire la partita a Wade, inserendo nel coin-op due monete come nel libro.

Questa scena da sola mi renderebbe incredibilmente felice, oltre a giustificare il prezzo del biglietto.

Questo articolo fa parte della Cover Story su Ready Player One, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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