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Darkwood - Vieni, c'è una casa nel bosco

Darkwood - Vieni, c'è una casa nel bosco

Il vero orrore, quello autentico, è simile all’erotismo. Vive di riflesso, di ciò che suggerisce ma non mostra, dell’immaginario personale del “fruitore“, pronto a sopperire inconsciamente alle deliberate mancanze di chi, quell’orrore, lo esercita con subdola flemma. E proprio come nelle pulsioni erotiche, il climax sfocia in qualcosa di potente e insostenibile, capace di generare un piacere malsano, ma bramoso al contempo di trovare uno sfogo, una via di fuga da quella dolce tortura.

Darkwood è esattamente questo, un gioco che ha il coraggio di scommettere tutto sulla paura latente, riuscendo a vincere e mandando il banco allo sbaraglio. Sotto dei riflettori di tale foggia, parlare di meccaniche ludiche ed espedienti narrativi sarebbe delittuoso, visto che è lo stesso gioco, in apertura, a palesare la sua natura criptica. Mi limiterò, quindi, a fornirvi qualche vago input, suggerendovi la straordinaria carica di orrore di cui il gioco è pregno e anticipandovi la sua invidiabile qualità.

Il minimalismo grafico è un ulteriore alleato dell’atmosfera.

Un bosco spettrale, una visuale a volo d’uccello - che tuttavia cela ciò su cui non poggiamo lo sguardo - un tutorial che spiega poco o nulla e una mappa scarabocchiata, sulla quale non è presente nemmeno la nostra posizione. Cosa fare, quindi, se non accorpare curiosità e terrore e cercare di interiorizzare le meccaniche di Darkwood? Domanda retorica, risposta fatta di piccole scoperte e meste dipartite. Sperare di rimanere in vita è inizialmente una chimera, nel gioco degli Acid Wizard Studio: bisogna arrangiarsi con armi rudimentali create sul momento, arroccarsi con barricate d’emergenza e tenere a bada il “male” strisciante con porte sprangate e trappole artigianali.

Ogni singolo elemento, qualsiasi facezia può essere utile per superare incolumi la notte. Questo ciclo apparentemente infinito trova pian piano una sua strada, inanellando una serie di eventi in grado di costruire un discreto supporto narrativo. Tutto rimane sempre fumoso e indistinto, principio vitale col quale viene alimentato il panico, ma talvolta è concesso un elemento in grado di solleticare la nostra curiosità, mettendo a dura prova l’istinto di conservazione. Il gioco ci permette di agitare goffamente qualche oggetto come arma da offesa o di improvvisare piccole trappole; tuttavia, contro il miasma notturno e le mostruosità indistinte che ci inseguono mollemente, c’è davvero poco da fare.

Gli effetti di luce hanno delle leggi tutte loro, mescolandosi alla perfezione con la monocromia visiva.

Quest’ineluttabilità del fato, dopo un iniziale sconforto, spinge ossessivamente a proseguire. Durante il  giorno, è necessario uscire dalla nostra baracca ed esplorare le aree circostanti alla ricerca di provviste e chincaglieria assortita. In linea di massima, si tratta di materiale utile per il crafting: legna, stracci, bottiglie vuote, ma anche oggetti di natura alimentare/curativa, come funghi, carne, alcol ed erbe varie. Vitale, poi, la ricerca di carburante per il generatore del nostro rifugio, ultimo, tenue baluardo contro le aberrazioni notturne. In questi termini, volendogli appioppare per forza un genere, potremmo definire Darkwood come un Minecraft o un Terraria in salsa horror ma, credetemi, non gli renderemmo giustizia.

Nulla è realmente visibile, se non orientiamo esattamente il nostro sguardo.

Il gioco di Acid Wizard Studio è assai più di una riuscita commistione di generi. Un comparto sonoro assolutamente splendido e un’essenzialità stilistica tendente al monocromatico creano un’atmosfera unica, quasi ancestrale. Non ho alcuna intenzione di spoilerare i continui espedienti psicologici coi quali il gioco trascina nel panico e la follia e se il web ha già fatto danni, la mia coscienza rimane comunque intatta. Ritornando alle mere chiacchiere, le modalità di gioco per masochisti non mancano, con scarso materiale reperibile e la temutissima morte permanente. Sono elementi potenzialmente utili ad allungare la longevità, anche se credo sia più probabile il sopraggiungere di un esaurimento nervoso.

Mai come ora dovrete fidarvi del vostro istinto e gettarvi nel mondo di Darkwood con un bagaglio di informazioni prossimo allo zero. Godervi quest’esperienza sopraffina cullati da un audio davvero fuori parametro e un’aura caustica capace di mozzarvi il fiato. Dovete lasciarvi trasportare dagli eventi, accumulare sterpaglie, molliche e speranze: sarà un morboso, sordido piacere dimenarsi come pezzi di carne alla mercé di predatori deformi, affamati e invisibili.

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Ho giocato a Darkwood su una PlayStation 4 PRO grazie a un codice per il download fornitomi gentilmente dal distributore. Ho speso almeno venti ore, comprendendo tutte le morti, per cercare di far luce sui misteri del gioco, ma il puzzle allestito dagli sviluppatori è davvero enorme. Il gioco è disponibile su PC, su PlayStation 4, su Switch e su Xbox One.

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