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Racconti dall'ospizio #168: Farmacia di frontiera

Racconti dall'ospizio #168: Farmacia di frontiera

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

A inizio anni Novanta, la carriera di Al Lowe stava andando alla grandissima. Leisure Suit Larry era ormai lanciato, grazie anche al balzo qualitativo fatto registrare dal quarto e quinto episodio, e un nuovo capitolo era ovviamente inevitabile. Nell’intervallo fra le due uscite, però, Lowe si unì a Josh Mandel, che avrebbe poi ricevuto il dubbio onore di prendere in mano Space Quest VI dopo la “rottura” fra i Two Guys From Andromeda e non vedersene riconosciuta la paternità in seguito alla sua, di rottura, con la dirigenza Sierra. Eppure, nel 1993, Lowe e Mandel tirarono fuori una di quelle avventure grafiche Sierra splendide ma che i poco attenti tendono a dimenticare, fosse anche solo perché non hanno goduto di due, tre, quattro, cinque seguiti: Freddy Pharkas: Frontier Pharmacist.

E, ovviamente, dimenticarla è ingiusto, perché si tratta di un gioco delizioso e divertentissimo, che lo stesso Lowe considera fra i suoi migliori, dando per altro gran parte del credito proprio alla collaborazione con Mandel, che scrisse una valanga di battute e pure le canzoni. Già, le canzoni. Freddy Pharkas: Frontier Pharmacist aveva un’introduzione cantata, con tanto di pallina modello karaoke che invitava a seguirne la melodia. Guardate che meraviglia.

Il gioco venne ideato perché nel 1992, parola di Lowe, i videogame a tema western si contavano sulle dita di una mano, ma ovviamente il papà di Larry Laffer non poté che applicare il suo approccio al genere, creando una parodia che omaggiava Mezzogiorno e mezzo di fuoco. Ma perché un farmacista? Lo racconta lo stesso Al Lowe sul suo sito, con un aneddoto che ricorda parecchio quello sulla creazione di Leisure Suit Larry e ti fa venire il dubbio che se lo sia inventato. In pratica, mentre discuteva la sua idea con Roberta Williams, voleva dire “farmer” (contadino) ma la sua bocca provò a dire “rancher” (mmm… proprietario di ranch, diciamo) e ne venne fuori “farmercist”. E, beh, così narra la leggenda: ma certo, un farmacista!

Il gioco, come accadeva all’epoca, venne sviluppato relativamente in fretta, anche accavallandosi un po’ con la lavorazione di Leisure Suit Larry 6: Shape Up or Slip Out!, e infatti finirono per essere pubblicati entrambi nel 1993. Ma se la sesta quinta avventura di Larry Laffer, nel bene e nel male, godette del rapido successo che era ormai sostanzialmente automatico per le produzioni seriali di Sierra, il povero Freddy Pharkas impiegò ben tre anni a confermare nei negozi la bontà del progetto. Comprensibilmente, dato che si trattava di un marchio inedito, si comportò da diesel ma, ehi, riuscì complessivamente a superare il mezzo milione di copie. Mica male, no? Però, proprio perché c’era voluto tutto quel tempo, Josh Mandel se ne era ormai andato, il destino di Sierra aveva iniziato ad accartocciarsi fra acquisizioni e demolizioni e non se ne fece mai nulla.

Fra l’altro, proprio facendo ricerche per scrivere questo pezzo, scopro solo ora che l’edizione su CD-ROM del gioco, vale a dire quella che possiedo e a cui giocai, aveva i dialoghi brutalmente tagliati rispetto a quella su dischetto. Come mai? Come detto, nel momento in cui le vendite giustificarono la riedizione, Mandel non lavorava più in Sierra, Lowe era rimasto a occuparsene da solo e dopo un po’ non ne poté più delle sessioni di doppiaggio infinite, dato che la quantità di testo inclusa nel gioco era veramente spaventosa. Decise quindi di smetterla, lasciando fuori qualcosa come un 15% dei testi, che includeva un sacco di battute e perfino svariati indizi sulla risoluzione dei puzzle. Ecco, se già avevo voglia di rigiocarci, adesso ne ho ancora di più.

Comunque, nonostante i tagli (mannaggia ad Al!), i miei ricordi di Freddy Pharkas: Frontier Pharmacist rimangono quelli dell’estasi suprema che è propria dell’idillio dell’amore. Il sodalizio fra Lowe e Mandel tirò fuori il meglio da entrambi e ne uscì un gioco dall’umorismo e dal design forse superiori a qualsiasi altra cosa su cui abbiano lavorato i due. La grafica, nonostante uno stile per i personaggi non troppo nelle mie corde, era spettacolare, come per un po’ tutti i titoli Sierra dei primi anni Novanta e il gioco era divertentissimo dall’inizio alla fine. Infatti venne accolto a braccia aperte dalla critica, che anche a distanza di anni continua a inserirlo nel novero delle migliori avventure grafiche di sempre. E ci sta. Anche se non se lo ricordano in tanti.

Se volete recuperare il gioco, o anche solo approfondire un po’, questo è un buon punto di partenza. Questo articolo fa parte della Cover Story più veloce del West, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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