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Il paradiso furry di Dust: An Elysian Tail

Il paradiso furry di Dust: An Elysian Tail

Nonostante la recente rivalsa degli indie game (anche se ci sarebbe da discutere in lungo e in largo riguardo al concetto stesso di indie, ma questo non mi sembra né il tempo né lo spazio adatto per una tale disamina), possiamo affermare un dato di fatto piuttosto incontrovertibile: col passare degli anni i videogame si sono allontanati sempre più dalla loro natura visceralmente amatoriale, con un industria che è passata dallo sviluppo artigianale in garage a produzioni multimilionarie e multiculturali degne dei più imponenti kolossal cinematografici. Dust: An Elysian Tail, è la proverbiale eccezione che conferma la regola: un vero e proprio one-man-game, sviluppato pressoché in solitaria dall'animatore e illustratore Dean Dodrill (aka Noogy). Un titolo per l'appunto in controtendenza assoluta, balzato all'attenzione del mondo - ed in primis di Microsoft - nel 2009, con la trionfale vittoria del contest Dream.Build.Play Challenge (successo che ha permesso al gioco di passare da semplice uscita XNA a vera e propria release in esclusiva su Live Arcade, con tanto di pubblicazione sotto etichetta Microsoft Games Studios).

E così, a distanza di tre anni (e dopo almeno un paio di ritardi che avevano quasi fatto perdere le speranze, vista e considerata la particolare natura del progetto) finalmente Dust è sbarcato sui nostri schermi, pronto a chiudere col botto una Summer of Live Arcade a dire il vero piuttosto sottotono rispetto ai gloriosi standard abituali. L'opera prima del team Humble Hearts (etichetta dietro alla quale si cela il solo Noogy) è un action-brawler bidimensionale dal sapore gustosamente old school, con una struttura in stile Metroidvania e spruzzatine qua e là di platform ed RPG.

Il tratto di Dust che immediatamente balza all'occhio è senza ombra di dubbio la sua direzione artistica, e in particolar modo il suo peculiare character design: il titolo si presenta infatti come un coloratissimo cartoon ricco di dettagli ed effetti, contraddistinto sopra ogni cosa dalla sua impronta furry. Un'impronta peraltro decisamente marcata, che a seconda della vostra simpatia per il genere potrà influenzare (e non di poco) l'effettivo gradimento complessivo dell'esperienza.

Io, tanto per sgomberare il campo da qualsiasi equivoco, ammetto di preferire ben altri tipi di immaginari e di estetiche, e confesso di aver più di una volta inevitabilmente storto il naso dinnanzi ad alcuni passaggi di Dust. Intendiamoci bene, non è questione di fare i finti adulti e di snobbare aprioristicamente i colori vibranti oppure un certo tipo di personaggi pucciosi in quanto "da bambini", anzi: io vado matto per cose come Adventure Time o Spongebob, e il mio feticismo per Patapon è una parafilia della quale di certo non mi vergogno.

Però, che cazzo, ci sono cartoon e cartoon. E il problema di Dust è che spesso, troppo spesso per i miei gusti, si viaggia pericolosamente sulla linea di confine, con certe atroci robacce in stile DeviantArt-andato-a-male, quasi come se il gioco fosse concepito per alimentare e titillare le fervide fantasie di quel tipo di fanbase che si esalta per contenuti di questo tipo. Insomma, mi immagino inevitabilmente caterve di immagini con i protagonisti del gioco in pose disgustosamente esplicite in arrivo sulla Rete, proprio perché è il gioco stesso a viaggiare sui binari della fanart.

La melensa zuccherosità di fondo, le vocine insopportabili (Fidget è qualcosa di veramente odioso), i continui versetti e l'atmosfera globale hanno insomma avuto un rilevante impatto nel NON farmi apprezzare particolarmente le vicende narrate, forse anche perché - limite mio eh, sia ben chiaro! - non sono riuscito a farmi coinvolgere dal drammatico racconto di una sanguinosa guerra con protagoniste creaturine cucciolosamente antropomorfe.

A prescindere da questa parentesi sui gusti personali (che era a mio avviso doverosa, ma ha una valenza quantomai soggettiva!), vi sono aspetti oggettivamente formidabili in An Elysian Tail, resi oltretutto ancora più mirabili in virtù dello sviluppo in solitaria da parte di Dodrill. La qualità dei fondali è eccellente, la pienezza dell'immagine è encomiabile e le animazioni (per quanto forse leggermente troppo caricate, in maniera non dissimile da quanto visto in SkullGirls) non possono certo passare inosservate, specie considerando la vasta scala dell'insieme.

Insomma, Dust è bellissimo da guardare, ottimo da ascoltare... ma a gameplay come siamo messi? Scorrerà il sacro fuoco di Miyamoto tanto caro al nostro Pocauser, nel prestigioso debutto di Humble Hearts? La risposta è largamente positiva, anche se tra le tante luci non manca qualche ombra. Il fulcro su cui si regge il racconto di vendetta dello smemorato protagonista che dà il nome al gioco è rappresentato dal combat system: la base è quella di un perfetto hack 'n slash, pure ludicamente piuttosto rifinito e gustosamente capace di spaziare tra l'esecuzione di tecnicismi all'arma bianca e di poderosi attacchi a distanza.

Peccato che purtroppo, nonostante le premesse squisite, lo sviluppatore non abbia deciso di spingere maggiormente l'acceleratore in questo senso, limitandosi così a lasciare ad un livello abbastanza basilare un sistema di combattimento che con un po' più di approfondimento e di profondità avrebbe potuto davvero farsi ricordare per anni. Il risultato è che sulle prime non potrete non lasciarvi conquistare dalle spettacolari mazzate distribuite a destra e a manca da questa specie di Goemon peloso, salvo poi lasciare via via il passo ai rimpianti e ad una certa noia non appena la pochezza di mosse a disposizione, l'assenza di altre armi e la scarsa varietà di nemici si faranno inevitabilmente sentire.

Promosso, ma pure qui con riserva, anche l'impianto in stile Metroidvania: la quantità di contenuti è assolutamente apprezzabile e più che all'altezza dei 1200 Microsoft Point richiesti per il download (nonché testimoniata dalle oltre dieci ore necessarie a completare l'avventura!), eppure non manca qualche sbavatura. Per prima cosa, il level design è lontanissimo dalla barocca complessità dei capolavori del genere, e la visualizzazione con effetto "stanze separate" non gioca affatto a favore dell'insieme, dando al contrario l'impressione di una serie di quadri/compartimenti stagni riempiti in maniera più o meno convincente di piattaforme. Quasi come se gli stage fossero popolati di ostacoli più per creare movimento e varietà, che per una ben calibrata visione in termini di game design.

Ugualmente valida ma imperfetta anche la componente RPG: interessante la quantità di side quest disponibili (ma discutibile il modo in cui le stesse vengono affidate al giocatore, concentrandole in maniera poco saggia in blocchi di N missioni affidate contemporaneamente), piacevole la componente di level up del personaggio, un po' fine a se stesso il sistema di crafting delle risorse (reso spesso e volentieri inutile dalla presenza di forniti shop e dal loot abbondantissimo).

In definitiva, Dust: An Elysian Tail appare come un titolo godibile e largamente consigliabile, a tratti persino miracoloso, considerando il fatto che una produzione simile è in larghissima parte il frutto della passione e del lavoro di un'unica persona. Forse la vera pecca sta nel suo essere leggermente indeciso: cercando di accontentare al tempo stesso tanto i fan delle mazzate 2D quanto quelli dell'esplorazione dura e pura, Dust non raggiunge infatti né i fasti di Shank né quelli di Shadow Complex, finendo così per divertire senza tuttavia diventare davvero memorabile.

Ho contattato Noogy direttamente tramite NeoGaf, e mi è stato gentilmente fornito un codice review per scaricare il gioco. In oltre undici ore sono arrivato ai titoli di coda, con una percentuale di completamento del 95% (che presto diventerà il 100%, che ci sono alcuni segreti/citazioni particolarmente sfiziosi e che ci tengo a scoprire).

Voto: 7.5

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