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Racconti dall'ospizio #142: Jurassic Park nell'era delle console a 16 bit

Racconti dall'ospizio #142: Jurassic Park nell'era delle console a 16 bit

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

L'antefatto

Quando Jurassic Park e tutto il primo blocco di tie-in ad esso collegato invasero il mondo, avevo undici anni.

Non pensavo che una ricerca su google ben mirata potesse restituire esattamente ciò che avessi in mente.

Era l'età perfetta per cadere affascinato nel vortice del franchise partorito dalla fervida immaginazione di Michael Crichton, ma il preadolescente non aveva fatto i conti con l'oste, per l'occasione interpretato dal di lui padre che, adeguatamente informatosi, ritenne lo scimmiato undicenne non pronto per la visione del film.

Il cinema gli era stato vietato - e a undici anni non ero ancora in grado di fare una cosa contro un ordine preciso di mio padre -, non esistevano PSN ed eShop, non c'era alcun mercato dell'usato e nella cittadina di provincia in cui il piccolo me stesso risiedeva non c'erano attività commerciali dedite al noleggio di videogame. Gli stessi, come analizzato efficacemente dal Cinese, costavano uno sproposito per le tasche prepuberali (cfr. definizione di "fottìo"); ragion per cui, l'unico modo per riuscire ad abbeverarsi alla fonte dell'universo Jurassic Park, per il piccolo Nicola, era farsi prestare da un compagno di scuola la sua copia della cartuccia di Jurassic Park per Mega Drive, la console casalinga che il vostro affezionatissimo, non ancora conscio del suo futuro di fanboy Nintendo, aveva caldamente consigliato al parentado tutto come regalo per la sua prima comunione. Vai a sapere cosa ti combinano gli ormoni.

L'inizio. Ho i brividi anche solo a rivederlo.

Jurassic Park - Versione Mega Drive

Quanto riusciva ad essere evocativa, questa cover?

A distanza di venticinque anni, Jurassic Park per Mega Drive è uno dei pochi giochi di cui ho sprazzi ben precisi di ricordi: le pistole elettriche (mai viste nel film, presenza costante anche nella versione per Super Nintendo), i fucili con i tranquillanti, il gommone da pilotare con estrema attenzione per non perdere miseramente. I dilofosauri con i loro collari e sputi velenosi. La centrale elettrica. Il T-Rex che appariva nei momenti più inaspettati. L'enormità di tempo necessaria a capire come finire il gioco alla battaglia finale.

Il gioco in sé era un platform con una impostazione molto simile a quella di Flashback: si avevano a disposizione diverse tipologie di armi, bombe, livelli corridoio ben progettati e dispersivi, una storia che si dipanava lentamente e dinosauri, dinosauri ovunque.

Indovina indovinello: qui il giocatore sta controllando il Raptor o Grant?

Non finiva qui, però. Su Mega Drive, Jurassic Park ti permetteva anche di impersonare un Velociraptor continuamente e testardamente sulle tracce di Alan Grant. Potevi mangiare i compy o le persone per recuperare energie, issarti sulle piattaforme mordendole, fare salti spaventosi e, al termine di tutto, vincere contro l'uomo e affermare la supremazia rettiliana (da quest'ultimo punto di vista, nel 2018, sembra non sia cambiato nulla).

Preferisci un assegno di ricerca o un Raptor? Domanda dalla risposta scontata, se non si è ricercatori universitari.

Jurassic Park - Versione Super Nintendo

Non ricordo per quanto tempo giocai a Jurassic Park, ma stiamo parlando di diversi mesi. Una longevità artificialmente costruita sulla difficoltà del gioco, comune a tanti titoli di quel periodo, ormai scomparsa come scelta di game design.

SIGH.

Una cosa molto bella di quel periodo era che non esistevano soltanto i titoli multipiattaforma: era uso creare giochi completamente diversi per le console casalinghe. Così com'era accaduto l'anno prima per Aladdin (e anche in quella occasione la versione Mega Drive si era rivelata una spanna sopra quella Super NES), anche per Jurassic Park esisteva una controparte completamente diversa per la console Nintendo.

Un gioco con inquadratura dall'alto, alternato a sezioni ripetitive in prima persona stile Wolfenstein 3D (no, la realizzazione tecnica non arrivava neanche a poterlo paragonare a Doom), il tutto inframezzato dalla raccolta di un numero improbabile di uova. Non ci siamo, Ocean, mi spiace. BlueSky Software vince il confronto di diverse distanze. Nonostante entrambi i giochi abbiano quella cavolo di pistola elettrica.

SOB.

Jurassic Park - La versione migliore di tutte

Tutto qui? Due giochi a 16 bit? Ma scherzate? Un franchise da mungere come Star Wars ai giorni nostri non può non prevedere anche un'uscita per Mega CD, l'espansione dal modico prezzo di un rene e un occhio per Mega Drive, con supporto al full motion video. Viene per questo sviluppata in-house, da Sega Multimedia Studio in USA, una avventura grafica che si rivelerà (a posteriori, all'epoca il Mega CD lo potevo solo vedere nelle vetrine dei negozi di giocattoli) la migliore delle incarnazioni tie-in.

Grafica e musica ineccepibili per l'epoca, colonna sonora coinvolgente e ben scritta, realizzazione tecnica che riusciva a coniugare un altissimo livello di dettaglio con una fluidità del gioco di tutto rispetto, piena zeppa di enigmi e con la triste possibilità di incappare in un game over, da completare entro dodici ore reali raccogliendo sempre delle benedette uova. Il fantasma delle quest secondarie dei MMORPG era già sceso sulla terra.

Un reperto del periodo in cui nelle recensioni dei videogame ci si riempiva la bocca con termini come "full motion video" e simili.

Il tutto, ambientato dopo gli eventi narrati nel film, a differenza degli altri due giochi che invece lo narravano da diversi punti di vista e con qualche leggera variazione della trama tra film e romanzo; condito da sequenze video e in computer grafica che all'epoca avrebbero fatto sbavare a un giocatore litri e litri di saliva. E c'erano anche gli avi dei quick time event: situazioni in cui bisognava cliccare e agire in istanti ben precisi durante le animazioni su schermo per poter andare avanti nell'avventura. Con una realizzazione spregiudicata, come da seguente aneddoto, tratto da Wikipedia:

Il sound designer Brian Coburn, insieme a un team addetto alla registrazione, viaggiò fino alla palude di Okefenokee in Georgia per registrare degli alligatori infuriati. Racconta Coburn "Trovammo e mettemmo all'angolo gli alligatori nella palude per provare a farli arrabbiare, così da farli sibilare. Fummo arroganti e cercammo di infierire sugli alligatori per ottenere un risultato più drammatico." Coburn e il team furono effettivamente attaccati da un alligatore durante il processo. I suoni furono usati per il ruggito del Tirannosauro, mentre i versi degli uccelli per altri dinosauri. (fonte: Wikipedia)

Giocare a un'avventura grafica sapendo che parte del team di sviluppo ha rischiato di finire mangiata dagli alligatori la rende molto più... appetibile; la stessa è stata poi decretata a più voci (ovviamente contestate) il miglior prodotto di intrattenimento basato sull'universo di Jurassic Park fino a quel momento.

E dopo avervi raccontato tutto questo, sognerò il livello col gommone mentre il T-Rex cerca di sbranarmi e di non precipitare sulle rocce aguzze. Non so se sia un bene.

Per la cronaca, guardai Jurassic Park finalmente la prima volta su Italia 1, dopo diversi anni dall'uscita in sala, di nascosto dai miei, sentendomi finalmente realizzato nel preciso istante in cui il T-Rex azzanna in un sol boccone il WC e il suo occupante. Tra uno spot di Mediaset e l'altro, su uno schermo da 20 pollici.

Vita di merda; Nexo digital, non è che avete in programma una bella full immersion dei primi tre film al cinema?

Questo articolo fa parte della Cover Story “Jurassic Outcast”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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