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Lumines Remastered è un adolescente fico

Lumines Remastered è un adolescente fico

Dal 2004 al 2018 sono passati quattordici anni. Da allora a oggi, Lumines è passato dall’essere la neonata creatura di Tetsuya Mizuguchi per PlayStation Portable a ennesimo oggetto di una remaster. Una di quelle operazioni di cui spesso ci si lamenta, di cui alle volte si discute l’utilità, ma che questa volta, così come già successo con REZ Infinite, sembra essere stata fatta apposta per farci apprezzare la lungimiranza e la bravura del suo creatore.

Non voglio stare qui a farvi una filippica incredibile sulla vita, la carriera e le opere di Mizuguchi, un po’ perché l’ho già fatto altrove (bei tempi, quelli!), un po’ perché Fotone ha già detto molto del perché sia giusto amare uno fra i pochi autori videoludici che possono anche essere definiti artisti, nel senso tradizionale del termine, senza timori di sorta. Rimane però che, così come già successo col suo capolavoro per Dreamcast, anche Lumines non sia praticamente invecchiato di un giorno. Il gioco di base è esattamente come ce lo ricordiamo, assuefacente e perfetto nella sua dimensione originale; mentre i miglioramenti tecnici dovuti ai nuovi hardware, più performanti, impreziosiscono quella che già in originale era una forma smagliante, inappuntabile, pronta per il futuro e, a conti fatti, per la storia.

Uscito originariamente vent’anni dopo Tetris, Lumines ne raccoglie il testimone di puzzle game ammaliante, facile da giocare ma impossibile da padroneggiare davvero. E poco importa che la scansione dei pezzi in discesa venga eseguita orizzontalmente invece che verticalmente, o che al posto di tetramini tutti matti ci siano semplici quadrati colorati da far combaciare al meglio: la sensazione è la stessa, quella di un viaggio costante alla ricerca del miglioramento del punteggio, della giornata, di se stessi. Lumines possiede la capacità di darvi il Tetris Effect, ovvero quella trance agonistica che vi porta a pensare e sognare il gioco e le sue forme anche quando non state giocando, e che non a caso darà il nome alla prossima visione di Mizuguchi (e che personalmente aspetto come si aspetta lo stipendio, Babbo Natale, o Norman Reedus quando hai fame e ti deve arrivare Just Eat).

Un traguardo raggiunto attraverso forme e colori, certo, ma anche e soprattutto attraverso la musica e le vibrazioni, grande marchio di fabbrica di Mizuguchi. Anche in Lumines, non si tratta solo di una colonna sonora coinvolgente e martellante, ma anche e soprattutto di una componente delle meccaniche di gioco, che permeano l’azione e coinvolgono - quasi destabilizzano - la coordinazione occhio-mano, fondamentale per organizzare tutti i pezzi cadenti al giusto ritmo. Ogni beat è un passo in avanti verso la zona perfetta in cui si smette di ragionare sulle mosse e si lascia fluire la decisione. Ogni vibrazione del pad è un’onda che ci culla verso il prossimo pezzo, la prossima partita, il prossimo viaggio alla ricerca del punteggio più alto.

Lumines è il gioco che più di tutti ha saputo ritrovare le sensazioni di Pažitnov, e Mizuguchi è uno dei pochissimi che hanno messo a referto ben due giochi formalmente perfetti, incapaci di invecchiare e, addirittura, già pronti a quello che poi si è rivelato essere il futuro dei videogiochi, passando alla storia praticamente già al lancio. Il futuro è roseo, anzi, è lisergico.

La Trance Vibration tanto cara a Mizuguchi fa sì che le vibrazioni del pad/Joy-Con siano sincronizzate con la musica, oltre che con la distruzione dei pezzi.

Per quanto riguarda i contenuti, Lumines Remastered propone una scelta gustosa. Il piatto principale è ovviamente la modalità Sfida, una ripida scalata fino al Livello 100, con velocità e ritmo che variano ad ogni livello. In più, ci sono le modalità Sfida a tempo e Puzzle: nella prima bisogna mettere a referto il punteggio più alto in un determinato limite di tempo (ottimo se non volete perdervi intere mezz’ore senza che ve ne accorgiate), nella seconda bisogna riuscire nell’impresa di formare delle figure usando i blocchi che scendono dall'alto. Inoltre, da Lumines II tornano le modalità Modifica Skin e Missione, che permettono di assemblare una serie di livelli a scelta, o di affrontare cinquanta missioni/puzzle a un passo dall’impossibile. Per quanto riguarda gli scontri “diretti”, Lumines Remastered ci permette di sfidare la CPU o un altro giocatore in locale… insomma, niente sfide online, ma solo grandi lotte al punteggio con le classifiche. O gomitate sullo stesso divano.

Decidete voi se sia un male non poter sfidare i vostri amici in multiplayer online a un puzzle game (spoiler: non lo è). Nel frattempo, però, comprate Lumines Remastered, perché sarà anche una remastered, ma è una delle poche che ha davvero senso acquistare. Non state infatti comprando la rielaborazione di un team di sviluppo, un lavoro di restauro a un’opera che portava i segni del tempo, o una becera operazione di marketing. Con Lumines Remastered vi portate a casa la possibilità di giocare al meglio con un piccolo gioiello che, fino ad oggi, era rimasto confinato su una console ancorata al passato, cristallizzata nel tempo. Lumines, d’altro canto, ha e avrà sempre quattordici anni: giovane, bellissimo, drogato fino al midollo e sempre pronto a fare del dolce amore col vostro cervello.

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Ho giocato Lumines Remastered su Nintendo Switch dopo averlo comprato su eShop. Il gioco è disponibile anche su PC, PlayStation 4 e Xbox One.

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