The Ranch: la sit-com bifolca con baffi, mucche e touchdown che a me mi piace proprio così
Lo ammetto e non me ne dolgo: le risate registrate, altresì dette risate finte o risate gregarie, inserite in sit-com e programmi televisivi per accompagnare gag, battute e momenti comici, non mi danno alcun fastidio.
Con questo non voglio dire di essere un convinto sostenitore di tale stratagemma e forse non accetterei un patto Soros che le inserirebbe nella mia vita (parliamo prima di soldi, però… ), ma insomma, se lo show è fregno, le risatine posticce ci stanno, non mi dispiacciono e non mi provocano di certo l'ittero.
E queste risatine registrate/finte/gregarie, in un prodotto abbastanza fregno come The Ranch, calzano proprio a pennello. Tra l'altro, anche i pennelli non mi danno particolarmente fastidio, ma questo è un altro discorso. Ecco, piuttosto, l'unica cosa che cambierei di The Ranch è la sigla iniziale, ovvero quel pallosissimo brano Mammas Don't Let Your Babies Grow Up to Be Cowboys cantato da Shooter Jennings e Lukas Nelson.
Molto meglio un Blake Shelton o – Paolo Giacci approverebbe – Truck Yeah di Tim McGraw.
Beau Bennett (Sam Elliott e i suoi splendidi baffi) possiede un ranch da quasi mezzo secolo a Garrison (512 abitanti), piccola cittadina del Colorado. Il figlio maggiore Rooster (Danny Masterson) lavora con lui e fa battutine sarcastiche a rotta di collo, mentre la moglie/mamma Maggie (Debra Winger) è andata a vivere in una roulotte e gestisce il bar del posto. L'altro figlio, la promessa del football Colt Bennett (Ashton Kutcher), è andato via di casa per inseguire il sogno di diventare un giocatore di football professionista. Poi, però, rovina tutto a suon di alcool e ragazze, capisce che a 34 anni la sua carriera può dirsi ormai conclusa e fa ritorno al ranch. La famiglia Bennett, disfunzionale e perennemente in bolletta (eh, oh, c'è la siccità), è finalmente riunita e lo show può avere inizio.
The Ranch è una sit-com vecchio stampo, forse vecchia di venti/venticinque anni, con quelle dinamiche fintissime eppure collaudatissime. Il risultato, manco a dirlo, funziona alla perfezione ancora oggi. Gran parte del divertimento ruota attorno agli esilaranti battibecchi tra i due fratelli e tra i due fratelli e i baffi del padre. Non c'è quell'ironia beffarda-ma-edulcorata di That 70's Show. Netflix, ora, concede più libertà, le parolacce sono ammesse, le battutine a sfondo sessuale più che benvenute. E poi Masterson è fenomenale, Elliott che ve lo dico a fare e addirittura, per chissà quale bizzarra alchimia, anche Ashton Kutcher se la cava alla grandissima, perfetto per il ruolo del quarteback sciupafemmine.
Oltre alle risate, alla spassosa misantropia, a cowboy buzzurri che bevono whisky e si pisciano reciprocamente nei cereali o a al personaggio magistralmente interpretato da Sam Elliott (taciturno, burbero, scontroso, obsoleto, convinto che le stelle sino solamente satelliti spia del governo), c'è spazio anche per i sentimenti e un pizzico di serietà. Beau e moglie che cercano, a fatica, di recuperare una mezza separazione e Kutcher perennemente conteso tra la giovanissima Heather (Kelli Goss) e l'ex ragazza Abby (Elisha Cuthbert). Per carità, si tratta di intrecci prevedibboli, telefonatissimi, dai risvolti che si intuiscono sin dai titoli di testa, ma non stonano nell'economia della serie.
La tipica ambientazione redneck di un ranch in Colorado prevede luci smarmellate in perfetto stile sit-com, quattro o cinque ambientazioni statiche (la cucina, il salotto, il portico, il bar, la roulotte e il cassone del pick-up) e, per l'appunto, risate registrate a volontà.
Dieci puntate compongono la prima parte della prima stagione, ma il 7 ottobre Netflix renderà disponibile la seconda parte. Dunque, procuratevi divano, cassa di birra, bottiglia di Jim Beam e Paolo Giacci con una steel guitar che intona Mammas Don't Let Your Babies Grow Up to Be Cowboys.
Ho guardato tutto The Ranch quando uscì su Netflix lo scorso aprile e l'ho riguardato tutto proprio l'altro giorno, apprezzandolo ancora di più. Okay, sono proprio un bifolco.