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Non son degno di NiOh, non lo merito più. O forse sì, vai a sapere

Non son degno di NiOh, non lo merito più. O forse sì, vai a sapere

Sapevo che NiOh ce l'avrebbe fatta sin dai tempi della demo, tanto longeva e appassionante da zittire parecchi giochi a prezzo pieno. Slegata e - anzi - dotata di un precisa identità rispetto alle linee guida tracciate da Demon's Souls e compagni, l'avventura di William Adams ha saputo incatenarmi alla PlayStation 4 grazie a una vicenda colma di rispettoso amore per il lore nipponico. Davvero, una volta che mi metti davanti samurai più oni che si ammazzano vicendevolmente, come diavolo faccio a tornare indietro? Complici numerosi impegni di lavoro, non mi sono però sparato NiOh tutto d'un fiato come avrei voluto, ma ho dovuto razionare l'esperienza; una situazione che è calzata a pennello con la struttura stessa delle missioni che costituiscono l'ossatura del gioco di Koei Tecmo, organizzate in aree separate l'una dall'altra senza alcuna velleità open world.

Un po' come nel primissimo Souls di Miyazaki, certo, ma anche come in una versione nippo/oscura di Mega Man in cui attraversi il livello, fai fuori il boss e torni nella mappa in tempo per intascare qualche ricompensa: l'ideale per le mie sessioni mordi e fuggi. Quindi sì, c'è stato un certo feeling tra me e NiOh, ma non solo perché pareva costruito a tavolino per soddisfare i miei gusti e venire incontro ai miei tempi lavorativi in una maniera solo apparentemente ruffiana. Il Team Ninja sa come realizzare un superbo gioco d'azione (almeno quando non si cala anfetamine pesanti e ti tira fuori Ninja Gaiden 3) e NiOh non è da meno.
A tutti piace affettare demoni giapponesi, ma il know-how degli sviluppatori si allontana agilmente dal mero button mashing grazie all'oculata gestione della stamina, all'utilizzo del rigenerante ki-pulse, che dopo qualche ora diventa una seconda natura, e alle posture variabili, ognuna con i suoi pro e contro in termini di potenza, velocità e mosse. Un po' come in Bushido Blade qualche anno prima (secondo la mia fuorviata concezione del tempo, 1997 = l'altro ieri), ma infinitamente meglio, una danza di morte dinamica e violenta da ballare assieme a dieci tipologie di armi. Archi, cannoni, katane, asce, tonfa e chi più ne ha più ne metta: le ho amate tutte, le ho usate tutte, ho respeccato le abilità di William a seconda del mio stile di gioco e ho investito infiniti punti abilità nei relativi moveset, un vero piacere. Alla fine dell'avventura, però, io e NiOh ci siamo lasciati un po' male, ma la colpa è tutta mia.

Come già detto, avevo poco tempo da dedicargli, ma sono comunque riuscito a sconfiggere Yamata no Orochi senza lo specchio di Yata, la spada di Kusanagi e una squadra di tre lottatori partecipanti al King of Fighters. Piano piano, con i miei tempi: il successo è arrivato, però mi sono fermato lì. Le tre espansioni che hanno composto il season pass sono di discreta qualità, ma sono dedicate a chi ha continuato a potenziare William oltre i confortevoli limiti della semplice modalità storia, offrendo una sfida (nonché livelli di difficoltà extra) chiaramente dedicata a un pubblico decisamente hardcore.

Morale della favola? Per recensire al meglio l'ultimo DLC (chiamato molto appropriatamente La fine del Massacro) ho dovuto fare visita al mio amico Marco e regolare i conti con Yodogimi e compagni grazie a un personaggio capace di nuclearizzare i boss con un paio di colpi.

No, letteralmente, faceva fuori i boss con due colpi. Roba da "Oh, dai, qui fatti colpire un attimo, non riesco a capire bene il pattern se non lo fai neppure respirare".

Marco ha passato il 2017 all'insegna di NiOh, non giocando praticamente ad altro. Scimmiatissimo, mi dice di aver completato ogni livello di difficoltà e ora vivrà nell'attesa di un secondo capitolo. Il "mio" William, invece,  si era rivelato inadeguato, e non sarei stato in grado di coprire l'ultimo contenuto scaricabile con le sue forze. Non è un male, in realtà: Team Ninja ha fatto una scelta coraggiosa e degna di plauso, creando contenuti per una fetta di pubblico particolarmente dedicata, intrigata dal livellamento selvaggio e dal loot à la Diablo.
Il William di casa Dellafrana recupererà il terreno con calma, senza fretta: tutta colpa mia che ho investito il mio tempo in Persona 5, Breath of the Wild e altri diecimila giochi.

La morale della storia è che NiOh è fighissimo, ma io devo diventare più saggio, ampliando la mia determinazione meditando su mantra capaci di aprirmi la mente.

Fortunatamente dispongo di una fonte d'ispirazione autorevole che mi accompagna sin dalla giovinezza.

Bene così, me la gioco durante la prossima cena.

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Questo articolo fa parte della Cover Story "I (nostri) migliori anni del videogioco", che trovate riepilogata a questo indirizzo.

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