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I segreti di Wind River: ghiaccio, morte e sofferenza

I segreti di Wind River: ghiaccio, morte e sofferenza

Riscopertosi sceneggiatore di razza con Sicario e Hell or High Water dopo una carriera da attore di seconda o terza fascia, Taylor Sheridan ha giustamente deciso di far fruttare il credito accumulato per dirigersi da solo la sua sceneggiatura successiva. Non è un esordio assoluto dietro alla macchina da presa - c'è quel Vile risalente a sette anni fa che saluta in tutto il suo splendore (?) da torture porn su commissione - ma insomma, si può anche fare finta di niente, perché è evidente che in I segreti di Wind River si vede la nascita vera e propria dello Sheridan regista. Il film è infatti fondamentalmente il terzo passo del percorso avviato con le pellicole dirette da Villeneuve e Mackenzie, nuovo capitolo di quell'epica di frontiera che parla dell'America contemporanea attraverso un amore profondo per la sua provincia, i suoi confini più estremi e le persone che sopravvivono ai margini, schiacciate tra paradossi sociali e culturali.

Ci si sposta questa volta nel profondo Wyoming, attorno a una riserva indiana sommersa dalla neve, dove un agente del Wildlife Service si ritrova ad aiutare, nelle vesti di guida e uomo di contatto, un'agente dell'FBI incaricata di investigare su un caso di stupro e omicidio. Da lì parte una storia che, certo, affronta l'elemento investigativo e regala anche un paio di confronti armati notevoli per tensione e messa in scena, ma si concentra soprattutto sul raccontare il dolore, la perdita, la rabbia e, ancora una volta, le difficoltà di una vita completamente decentrata rispetto alle grandi città americane. Sheridan, poi, continua a scrivere le sue vicende e i suoi personaggi in maniera perfetta, trovando una forza e una personalità notevoli per i protagonisti, i caratteri di contorno, gli ambienti, le vicende, e dimostrando che le sue storie funzionano anche quando evitano certi caratteri un po' sopra le righe e piacioni espressi da alcuni fra i protagonisti dei due film precedenti.

E non fa certo male che per la terza volta consecutiva le scelte di casting per i suoi film siano perfette. Jeremy Renner è come al solito eccellente, in un ruolo meno banale e lineare di quanto possa sembrare, ed Elizabeth Olsen lo accompagna alla grande, per quanto forse con un personaggio esplorato meno a fondo. Se quindi Sheridan si rivela probabilmente ottimo nel dirigere gli attori (anche il resto del cast funziona benissimo), quel che gli manca è la forza espressiva di chi ha messo mano ai suoi precedenti script. La potenza delle ambientazioni fa funzionare comunque il film a livello visivo ma si sente la mancanza di un occhio dalla personalità più incisiva e la gestione dei tempi, del ritmo, del tono, del modo in cui dare peso ai diversi momenti, non è sempre delle migliori. Le sequenze di gran livello non mancano, fra il prologo, la sparatoria citata prima e i bei momenti conclusivi, ma il film non riesce a trovare una sua forma coesa fino in fondo. Gli manca quel passo in più che, magari, Sheridan troverà in futuro, e del resto non è forse neanche il caso di eccedere nel confronto con due registi dalla carriera ormai lunga e celebrata. Anche perché I segreti di Wind River è comunque una fra le cose più belle e interessanti uscite al cinema nel 2017 (o, in Italia, nel 2018).

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