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Amore Chirottero, la recensione di Batman: Arkham Knight

Amore Chirottero, la recensione di Batman: Arkham Knight

Quando sei giovane, libero e felice puoi permetterti di saltare di tetto in tetto con il vento tra le ali. Poi cresci, metti su famiglia e per andare in vacanza passi dal posto ponte alla Tempra Station Wagon. A Bruce è successa più o meno la stessa cosa: un giorno gira col suo bel rampino tra tetti a rincorrere conturbanti felini vestiti in latex, l’altro riempie di valigie la macchina per portare a Ladispoli il figlioccio, la ragazza del figlioccio, il padre della ragazza del figlioccio e pure la colf, che non sia mai che ci si trovi con le camicie non perfettamente stirate quando si esce la sera in discoteca. Anche se non permette di vivere la gioia di un agostano esodo estivo, la prima metà abbondante di Batman: Arkham Knight, che è anche l’ultimo capitolo di una trilogia (e mezza) di puro amore chirottero, è pericolosamente popolata di incroci stradali, macchine che esplodono e corse alla ricerca dell’ultimo parcheggio in una Gotham che non è mai stata così a prova di ZTL.

La novità più grande (e sbandierata) dell’atto finale di Rocksteady è infatti nemmeno a dirlo la Batmobile, che il team inglese introduce con la stessa grazia di un pianoforte a coda che precipita dal decimo piano di un palazzo, e che sull’economia del gioco ha un effetto egualmente dirompente. L’introduzione del mezzo cambia infatti non solo gli equilibri di una Gotham ancora una volta in mano al villain di turno (uno Spaventapasseri in grande spolvero, tra l’altro), ma proprio il modo di spostarsi per la città e sopratutto come la si vive. Se infatti in Arkham Asylum e (sopratutto) in Arkham City l’incontrare il gruppo di brutti ceffi per strada era attività tutto sommato comune (e incoraggiata a volte, vuoi per guadagnare qualche punto Wayne Tech, vuoi per affinare le proprie tecniche di combattimento), ora questa parte del gioco viene quasi del tutto abbandonata, visto che insomma, vi trovate a girare per strada con un carro armato.

La Batmobile barocca di Burton o della serie con Adam West è infatti un lontano ricordo, visto che il mezzo creato da Rocksteady è praticamente una versione snellita e meno tozza del Tumbler di Nolan. La cura riposta nel design e nelle animazioni del corazzato baraccone è ammirevole: ogni arma, gadget, cambio di assetto o attività a cui vi dedicherete con la Batmobile è pensato (e realizzato) con cura certosina, così come quella sensazione di pesantezza e fisicità che restituisce guidare il mezzo per le strade di Gotham, non dovendosi mai preoccupare di fioriere, pali della luce o addirittura colonne di cemento, tutti elementi di arredo urbano incapaci di fermare la corsa del corazzato. Una volta a bordo della macchina, la si può utilizzare in due differenti modi: come veicolo e come carro armato. Ça va sans dire che nel primo modo non si comporta differentemente da qualsiasi altro veicolo nella storia dei veicoli (oltre al fatto che, beh, si chiama Batmobile e gira per Gotham), ma nel secondo modo si apre tutto un mondo fatto di missili, scarti laterali e impulsi EMP che trasformano il gioco nientemeno che in un TPS, nel quale si devono abbattere i droni che i nostri armatissimi nemici paiono avere in quantità industriale.

La pressione del dorsale sinistro, infatti, rende la batmobile incredibilmente più lenta ma capace di spostarsi in tutte le direzioni come se fosse un hovercraft, e ovviamente sparare (con colpi infiniti). I droni nemici sono di diverse tipologie e spaziano fra quelli dalle capacità di guida degli uomini col cappello e blindati armati come una portaerei da abbattere solo colpendoli in modalità stealth (cioè da dietro). Lo scatto rapido, che si può fare in tutte le direzioni, diventa in un attimo il migliore amico del Batman autista, che si trova spesso in situazioni assai più che caotiche, da affrontare sempre con una certa impronta tattica. Essendo il movimento in modalità tank assai ridotto, infatti, diventa tutta una questione di precisione e attenzione, anche se cambiare dal cannone alla mitragliatrice (per abbattere i missili a ricerca) tenendo sempre sotto controllo tutto quello che avviene intorno non è esattamente la cosa più semplice del mondo.

In generale, tutte le situazioni in cui la Batmobile è protagonista sono divertenti da affrontare (sopratutto le sfide dell’Enigmista con protagonista Catwoman) e solitamente ben gestite, e questo nonostante nella prima parte della storia sia fin troppo evidente, a volte al limite del pretestuoso, l’intenzione di Rocksteady di far usare il veicolo assai più del dovuto. Sia chiaro: la macchina è bella e piace a tutti, ma doverla usare per scalare un muro e fare una sezione di parkour sui tetti di un magazzino abbandonato pare troppo perfino per uno che è malato sia di giochi di guida che di uomini pipistrello.

Nonostante però la trama fatichi a ingranare, una volta messa la quarta (badumtshh) riesce ad avere dalla sua un paio di passaggi davvero ben orchestrati, che anche se non proprio imprevedibili, riescono a mantenere alta una tensione sempre in crescendo. La sceneggiatura non è che sia proprio perfetta, e in un paio di momenti ha dei cali di scrittura (dovuti probabilmente anche a quella “sindrome da Avengers” che obbliga ad avere cast sempre più estesi a cui donare minutaggio) abbastanza evidenti, che però hanno il merito di non saltare mai lo squalo e condurre con un certo mestiere il giocatore a un gran finale dal tono dolce amaro.

Quello che c’è nel mezzo è un gioco opulento e di maniera, nel quale Rocksteady mette forse da parte la voglia di stupire pur di confezionare una Gotham che possa essere considerata il suo lascito non solo al mondo dei videogiochi, ma anche a quello dei comics. Da quel punto di vista non si può proprio dire nulla allo sviluppatore: la città è una meraviglia di pioggia e cinismo, ricca di scorci memorabili e piena di quella feccia criminale alla quale alla fine non si può non volere bene. Pur non essendo un super fan della struttura open world, devo dire che qua gli amici di Bebop hanno davvero fatto di tutto per evitare quelle antipatiche missioncine filler utili solo a riempire la mappa di gioco. Ci sono ovviamente cose da fare che tendono al ripetitivo, ma sono giusto due o tre linee di quest sulle tante invece ben scritte, che sfruttano in modo intelligente i personaggi di Bob Kane. Due Facce, il Pinguino, Firefly sono tutti protagonisti di storie collaterali mai troppo lunghe, che ben posizionano i personaggi all’interno del gioco, rendendo Gotham viva e piena di quegli incontri che ti aspetteresti di fare, sopratutto se indossi un mantello nero e i tuoi genitori non li vedi da un bel pezzo.

Sezioni in macchina a parte, il gioco ripropone in sostanza quanto già visto nel suo predecessore, con un arco narrativo che si svolge all’interno di una sola notte e che va a toccare tutti quegli argomenti sempre cari ai fan dell’uomo pipistrello, come il difficile rapporto con la città e quell’imperativo morale da non superare rappresentato dal rifiuto dell’uccidere i propri nemici. Questo è in particolare il tema principale di Arkham Knight, che fa ancor più da filo conduttore rispetto all’obiettivo di nottata, che è quello di fermare lo Spaventapasseri e il Cavaliere di Arkham, new entry creata appositamente per questa storia.

Sempre sugli scudi le sezioni da predatore notturno, in cui Batman deve prendersi cura di diversi nemici all’interno di un’area più o meno chiusa, cercando di farlo il più silenziosamente possibile. L’aumentata varietà dei nemici e delle loro dotazioni rende un po’ più complesso il percorso netto (anche se la possibilità di ucciderne fino a tre con un colpo speciale può aiutare) e lo stesso principio si può applicare al sistema di combattimento, con il quale è quasi difficile stare al passo. I gadget da utilizzare in battaglia iniziano ad essere decisamente tanti e gestire i diversi tipi di assalto (elettrico o con coltello), i nemici corazzati e quelli normali rende gli scontri molto meno propensi al button mashing e più invece ad una ordinata concatenazione di azioni e reazioni, tra l’altro assai più gratificante del menar pugni senza un piano preciso in testa. Divertente anche la possibilità di combattere in coppia: in alcuni momenti è infatti possibile scambiarsi al volo con un partner (Robin e Catwoman, ad esempio) per effettuare K.O. di coppia dall’alta spettacolarità, oltre che per poter utilizzare un personaggio più agile di quel culturista vestito di nero che è Batman.

E poi niente, ad eccezione di una prima parte di storia abbastanza fiacca, in Arkham Knight funziona tutto: la cura per i dettagli, le transizioni tra una cutscene e l’altra, la spettacolarità spinta che gasa oltre ogni limite sono un po’ dei marchi di fabbrica che rendono questo “more of the same” un gagliardo tributo al personaggio e un gran bell’addio da parte di Rocksteady, che pur rimanendo entro i confini del manierismo, confeziona un gioco opulento, massiccio e sopratutto divertente, che mai ha fatto sentire così Batman come prima. Tutto questo poi è accompagnato (almeno su console, perché su PC ciaone) da un comparto tecnico capace finalmente di svettare anche su console, e che solo poche volte ho visto boccheggiare. In quasi tutte, tra l'altro, erano implicate la Batmobile e qualche situazione un po’ troppo caotica. Certo, a volte i caricamenti possono dare l’impressione di durare un pizzico in più del dovuto, ma è il più che onesto scotto da pagare per caricare una Gotham ricchissima, nella quale la pioggia batte incessante, e che alla fine è (ancora una volta) la vera protagonista del gioco.

Ho giocato a Batman; Arkham Knight grazie ad una copia inviata da Warner, terminandolo in una quindicina abbondante di ore di gioco. Dopo aver completato la storia, ho ripreso la Batmobile per terminare le varie missioni secondarie, operazione tutt'ora in corso, quando le ore di gioco sono molto più vicine alle trenta che alle venticinque.

Voto: 9

L'evocatore della domenica #11

Old! #120 – Luglio 1995

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