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Furiosa: a Mad Max saga è comunque meglio di John Wick 2

Furiosa: a Mad Max saga è comunque meglio di John Wick 2

I miei fedeli lettori (tutti e 5) potrebbero cogliere la raffinata provocazione: non ho un buon rapporto con John Wick 2: Parabellum, pur non essendo a priori avverso ai sequel o ai prequel. Se me lo chiedete, The Addams Family 2 è un piccolo gioiello che perfeziona quello che era ancora acerbo nella prima mostruosa prova di forza di Raul Julia (sigh), Anjelica Houston, Christopher Loyd e Christina Ricci; Interceptor 2 è il film che cambia per sempre il modo di vedere la post apocalisse e credo di essere l’unico al mondo ad aver preferito il secondo Robocop al primo (“Thanks for not smoking!”). Quando un bel film mi appare imperfetto, mi rimane sempre un senso di vuoto, ho ancora fame e un sequel è il mio più grande desiderio.

Migliorare la perfezione.

Al contrario, quando un bel film mi dà tutto quello che credevo di volere, sono sazio e il massimo a cui riesco a pensare è: “appena mi riprendo, voglio sentire esattamente questo stesso sapore”. Nessuno perfezionerà mai gli spaghetti alio, olio e peperoncino, per così dire…

Matrix Reloaded, Pacific Rim Uprising e il secondo John Wick sono purtroppo un tentativo di rifarmi gli spaghetti aglio, olio e peperoncino aggiungendo panna o acciughe (in alcuni casi: entrambi): film che arrivano quando sono completamente sazio per rispondere a domande che non avevo fatto e che hanno, quasi sempre, delle spezie e dei condimenti di troppo.

Sbagliare tutto quello che non potevi sbagliare.

Figuriamoci quanto potessi essere ben disposto verso Furiosa: a Mad Max Saga, il prequel del film che nel 2015 aveva fatto dire a persone più argute di me: “Se questo film fosse uscito al posto dell'Arrivo del treno dei fratelli Lumiere, si sarebbe detto: questo è il cinema, possiamo chiudere, ciao!”.

Dopo di che, spinto dalla pressione sociale più che dalla curiosità, andai comunque a vederlo e senza ulteriori indugi, posso rivelare come è andata.

Meglio che con John Wick 2.

Furiosa è un film potente che adempie al dovere minimo che si impone a qualsiasi cosa sia legata a Fury Road: dare senso all' esistenza del cinema.

Se non ha avuto il rincontro di pubblico e critica che ci si aspetterebbe, non è certo come sperano alcuni maschietti frustrati a causa della protagonista femminile, ma molto semplicemente perché “non è Fury Road”, e questo molti non sono riusciti a perdonarlo.

È anche un film imperfetto, di cui la maggioranza dei sostenitori si sente in dovere di sottolineare i difetti, ma a testimoniare che razza di film sia, è difficilissimo trovare due persone in completo accordo su quali siano questi difetti. C’è talmente tanta roba ed imbottito di talmente tanto cinema che non ci si raccapezza.

Intensità!

Nel raccontare quello che è stato per me, inizierei dal togliermi i sassolini dalla scarpa, per poi avanzare leggero verso un finale in gloria.

Intensità!!

Cominciamo dal sassolino più macroscopico: l’interprete protagonista. Ho sentito glorificare l’interpretazione di Anya Taylor Joy e non intendo neanche discutere il fatto che sia una giovane promessa. Ma non è Charlize Theron e non mi è stato possibile collegare la sua Furiosa a quella “adulta”.

La giovane Anya mette una ragguardevole intensità nella sua recitazione: i suoi occhi sono un vulcano gelido ma alla fine tutto si riduce ad un virtuosismo. Un acuto da soprano tenuto per minuti, e minuti, e minuti, e minuti, fino a che non si può evitare di appiccicarle la storica battuta di Sergio Leone a proposito di Clint Eastwood e realizzare che per tutto il film ha due espressioni: con la sciarpa sulla bocca e senza sciarpa sulla bocca. Qualsiasi empatia con il personaggio viene bloccata da quegli occhi fissi e incazzati dietro due impossibili lenti colorate.

Ok, però anche basta.

Conseguentemente, la sostanziale inutilità del coprotagonista interpretato da Tom Burke è molto meno fastidiosa. Spiritosamente qualcuno lo ha soprannominato “notallmen”, forse anche perchè quando se ne parla c’è sempre un attimo di pausa imbarazzata nell’ammettere di non ricordarsi il suo nome (Pretorian Jack). Io l’ho soprannominato molto più brutalmente “notMax”, perchè Fury Road aveva fatto un lavoro decisamente migliore nel rappresentare un rapporto credibile tra uomo e donna che si incontrano e non devono necessariamente stabilire rapporti (di subordinazione, di interessi comuni, sessuali) per poter fare della strada insieme. Basta l’incontro, basta il “se non lo fai tu, lo posso fare io”. Poi ammetto che anche io avrei di gran lunga preferito un “meetooism” in cui la sfilata di uominidimmerda si fosse arricchita di un ennesimo laido tenuto in riga dalla nostra protagonista a suon di bastonate e carotate. Mi sarebbe sembrato più in tono con il mondo rappresentato, ma d’altra parte davvero vogliamo fare una colpa ad un anziano gentiluomo del voler ancora credere in un mondo in cui un uomo si definisce tale anche quando apre la metaforica porta della carrozza alla dama?

A destra: Furiosa. A sinistra quattro comparse.

Secondo sassolino che mi ha puntato sotto il tallone per tutto il film è il muoversi tra le situazioni con un ritmo discontinuo: il film accelera, frena, accelera di nuovo, imballa il motore e poi attacca il turbo ma invece di lanciarsi mette una sesta di riposo con un filo di acceleratore per il lunghissimo, estenuante finale. La blindocisterna con un motore fottuto su due, al confronto, sembrava una Audi di ultima generazione con tutti i possibili ausili alla guida. E qui non vorrei che ci fossero equivoci: È EVIDENTE che è esattamente quello che Miller voleva, quello che cercava, quello che è il film che lui ha pensato.
L’estenuante, maledettissimo lui, finale è uno dei finali più potenti che mi sia capitato di vedere da anni a questa parte, il predecessore non lo aveva un finale così ben congegnato.

La saga che si era aperta con una delle apologie della vendetta più crudelmente soddisfacenti che la storia del cinema possa vantare potrebbe chiudersi, stante l’età di Miller, con una delle vendette più stanche, sfiancate, inutili mai mostrate. Per pochi minuti che si sono allungati fino a sembrarmi ore, si percepisce la stanchezza di vittima e carnefice, si alterna sulle loro facce un inseguirsi di “ora che faccio?” e “ma alla fine chi me lo ha fatto fare?”.

È un pezzo di cinema pazzesco. Ma è estenuante e non è il pezzo di cinema di cui avevo bisogno. Fatemi causa.

L’ultimo mezzo sassolino, nel senso che mi ha disturbato solo a metà, è quello di cui tutti hanno parlato: l’elefante in CG nella stanza, gli effetti in digitali esibiti e/o non celati. Il dibattito qui andrà avanti per anni tra se si sia trattato di una scelta o di una poverata, io mi limito a dire che la blindocisterna supercromata con la “Colonna Immortaniana” incisa sul fianco era una tamarrata fantastica mentre tutto il resto era inutile. Compresa la pesca lucidissima che, santo cielo, usare la CG per una cosa del genere quando un qualsiasi fruttivendolo giapponese per 30.000 yen te la faceva meglio…

Non guardare me, non l’ho scelta io la CG.

Tolti i sassolini, ecco che arrivano le cose buone che mi hanno tenuto seduto fino alla fine della proiezione, primo tra tutti il piacere di constatare che George Miller da Brisbane, in procinto di compiere ottant’anni, ancora riesce a trasmetterti il suo immaginario senza incertezze: ogni luogo e ogni personaggio entrano in scena e ne conosci ogni aspetto come fosse protagonista di un film a sè. Sia i personaggi già conosciuti, Immortan, Organic Mechanic, Il Mangiauomini e il mio preferito di sempre, Rictus Erectus, che quelli che arrivano solo ora: Octoboss prima di tutti.

E dopo averti provato quanto ancora sappia maneggiare immaginari, il giovane Miller raddoppia mostrandoti cosa riesce ancora a immaginare, ancora prima che mettere in scena. Piazzato a metà del film, a confermare che ogni Mad Max è un film a sè, l’assalto alla diligenza di questo film è di nuovo una giostra impazzita in cui ogni sequenza è più inconcepibile della precedente. Sembra quasi di sentire l’infante Miller, con la gioia dei suoi otto decenni, chiocciare: “e poi, e poi c’è la BOMBA CHIODATA! Che gira con tutte le catene, e le palle E I CHIODI! E gli altri hanno le moto che volano e quelli si appendono sotto al camion!!”. Come un bambino delle elementari, con la leggerissima differenza che a otto anni noi avevamo macchinine, pezzi recuperati dai lego e dai giocattoli rotti (pardon: “smontati”), lui a otto decenni questa cosa la realizza guidando diverse decine di persone in mezzo al deserto per diverse decine di giorni.

Arriviamo quindi a colui che sta assiso sul trono-biga delle cose migliori di Furiosa: il naso butterato posticcio con un Chris Hemsworth dietro.

Un naso con l’attore intorno.

Ammetto di essermi molto divertito a recepire i commenti tra il deluso e il rassegnato che descrivevano il nostro muscoloso biondone come un gigione in perenne overacting, quando era evidente che il gigione in perenne overacting non era Chris, ma Dementus.

Dementus che tutti prendono sottogamba, spettatori compresi, e che alla fine la infila in quel posto a tutti gli esseri umani che gli stanno intorno, soccombendo solo alla personificazione del destino, alla erinni Furiosa. Dementus che è un narcisista mitomane privo di controllo che, non si capisce molto bene come, tiene a guinzaglio un team composto di personalità tutt’altro che risibili, da Organic Mechanic a Octoboss, ed è così travolto dagli eventi che quando pensano si sia ritirato con la coda tra le gambe dalla Cittadella, poco dopo ha conquistato Gas Town. E quando Gas Town sembra ormai in preda all’anarchia e il Fattore si reca ad un consiglio di guerra alla Cittadella con l’intento di riprenderla con la forza, non si capisce come Dementus abbia risorse sufficienti a lasciare Gas Town e conquistare anche Bullet Farm. E quando Immortan Joe si risolve a supportare il Fattore nella riconquista di Gas Town, il cialtrone Dementus ha già messo in movimento una truppa d’assalto per prendere anche la Cittadella e l’unica cosa che glielo impedisce è il fatto di essersi fatto scappare Furiosa.

Ecco quanto Dementus sia un megalomane cialtrone e quanto è bravo il nostro Thor a interpretare un personaggio che recita in continuazione e che si concede pochi momenti di sincerità, tutti a causa di “Mini-D” (Furiosa): il primo quando, dopo aver dato il via alla brutale esecuzione di Pretorian Jack, mentre i suoi cani a quattro e due zampe lo sbranano, si deve appartare e guardare con sgomento le mani tremanti di una persona che si è spinta troppo oltre il limite e che ormai uccide o viene uccisa. La seconda quando è tutto finito e ha la serena accettazione del conquistatore che ha perso tutto ed è arrivato finalmente solo di fronte alla morte e visto che ha un po’ di tempo ancora mi ammorba con un monologo che non volevo ma che alla fine mi suco perchè è QUEL personaggio a proferirlo.

I pazzi siete voi.

E alla fine esco da Furiosa, dopo un’ultima scena in pessima CG di cui onestamente non sentivo il bisogno, con la netta sensazione di aver visto un bel film che non volevo vedere e penso che molti altri non lo hanno visto volutamente e questo ne ha decretato l’insuccesso.

A questi altri io dico: recuperate Furiosa, assolutamente.

Non vi piacerà, ma avrete visto un gran bel film.

Un rospo in gola da leoni

Un rospo in gola da leoni