Outcazzari

Il mio approccio bipolare al nuovo episodio di The Walking Dead

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana (tipo qui), sputavo veleno sulle produzioni di Telltale Games, che ritenevo di qualità davvero bassa. Poi han buttato lì uno SHAMALAYAN TWIST da antologia, mi hanno fatto innamorare con la prima stagione di The Walking Dead e non ne sono più uscito fuori. The Wolf Among Us, pur con qualche turbolenza nel nostro rapporto, ha consolidato la storia d'amore e la seconda stagione di The Walking Dead ha fatto il resto. Insomma, siamo ormai al matrimonio. Quasi. Forse. O forse no. Perché? Perché l'altra sera è scattato un nuovo SHAMALAYAN TWIST e, per la prima volta in quasi tre anni, ho esclamato, non senza una punta di timore, che un qualcosa di buttato fuori da Telltale Games mi aveva fatto cagare (il link porta a Facebook, mi sa che se non avete account non potete visualizzarlo, anche se le mie impostazioni per la privacy sono in zona “aperta dietro”).

Wut? Eh, sì. Il terzo episodio della seconda stagione di The Walking Dead mi ha fatto cagare. Panico per le strade. Com'è possibile?!? Uaddafak?!? Eh, succede. Un po' me ne vergognavo, un po' non me ne capacitavo, un po' alla fine ero quasi contento perché mi piace fare il bastian contrario. Era accaduto. È stato un crescendo graduale, fra l'altro. Ho iniziato a giocare l'episodio una sera in cui ero preda di forte stanchezza e ho fatto un po' fatica a navigare fra i primi scambi da orchite al campeggio estivo di Bill Carver. Mi sono detto: “Vai a dormire, riposati e giocatelo domani, altrimenti finisce che non te lo godi.” L'ho fatto. Ho dormito. Mi sono riposato. Ho dormito pure il giorno dopo, per essere sicuro di riposarmi. E poi l'ho giocato. E mi ha fatto cagare. Poi, intendiamoci, è un far cagare relativo alle aspettative, perché va anche messo in relazione al fatto che qualsiasi episodio di The Walking Dead (e di The Wolf Among Us) l'ho valutato in una forbice che va da 8.5 a 9.5. But still. Cagare.

Io di fronte al terzo episodio della seconda stagione del The Walking Dead Telltale Games.

E perché mai? Beh, per diversi motivi, che adesso mettiamo tutti in fila per benino. Innanzitutto, è un episodio che ho trovato scritto proprio male. Ma male male, eh. Nel curiosare sull'internet dopo averlo portato a termine, sono incappato nella recensione di Gamespot, all'interno della quale c'è un paragrafo specifico dedicato a puntare il dito sui problemi di scrittura dell'episodio. Un paragrafo che coglie tutto in pieno, riassumendo alla perfezione. Certo, poi in fondo alla pagina c'è un 8, ma lì è anche questione di sensibilità personale, di bicchiere mezzo pieno e bicchiere mezzo vuoto, di come la prendi e in che direzione. Fatto sta che la sostanza è quella: un intero episodio trascorso a schivare i MACCOSA mentre si viene sballottati un po' a caso di qua e di là, costretti ad ascoltar monologhi insipidi emessi da personaggi che hanno lo spessore del cartonato di Paul Walker (pace all'anima sua).

Ora, per carità, deve ancora nascere la storia che non ha almeno un paio di personaggi inutili, deve ancora morire e risorgere la storia di zombi che non ne ha, figuriamoci quella di The Walking Dead che ne è priva. Se i colpi di scena funzionano, le trovate ad effetto non mancano e l'interazione convince, magari non c'è il dieci e lode, ma va bene lo stesso. Il problema è che si tratta forse dell'episodio meno “interattivo” della serie, in cui si passa quasi tutto il tempo immersi nelle conversazioni e, oltretutto, spesso anche all'interno dei dialoghi si ha poco da fare, perché si viene sommersi dal morbo del monologo. Morbo che, fra l'altro, si manifesta fortissimo nella figura di Bill Carver, cattivo che avevo apprezzato alla sua introduzione nel secondo episodio ma ho trovato qui scritto in maniera davvero pessima, con battute poco convincenti e pure francamente mal recitate da un Michael Madsen che è tornato quello di sempre. Dove per “quello di sempre” intendo “quello che quando doppia un videogioco sembra in doposbornia, pensa solo a staccare l'assegno e ti piazza lì delle pause drammatiche da recita di quinta elementare.”

http://youtu.be/mQhSX6Y6Bn0

A questo poi si aggiunge la discutibile messa in scena del campetto giochi di Carver, che a seconda dei momenti sembra un luogo abbandonato, un'enorme caserma vuota in cui vivono in quattro, un posto popolato da un sacco di persone armate pesantemente e una tech demo in cui mettere in mostra il sistema di recupero dei salvataggi di Telltale e ricordarti di come era andata a finire la tua partita a 400 Days. E insomma, c'è proprio tanto che funziona maluccio e che leva sostanza all'esperienza. Unendo tutti i pezzi, il risultato è che ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte a un episodio piuttosto debole sotto tanti punti di vista e che per certi versi spreca molto del suo potenziale.

Allo stesso tempo, chiaramente, ci sono dei forti lati positivi, che poi sono bene o male i soliti. Clem rimane un personaggio notevole e soprattutto trattato incredibilmente bene. Interpretarlo è sempre una sorta di scomodo e ansiogeno piacere, a maggior ragione in un episodio che scopre definitivamente le carte sul suo percorso narrativo per questa stagione: ne stiamo assaporando la crescita umana e il virare sempre più verso una donna dalla scorza dura, il cui spessore viene definito dalle nostre decisioni. E in quel senso funziona bene anche la gestione dei rapporti con Kenny (che, per quanto a tratti intollerabile nella sua caratterizzazione macchiettistica, ha il fascino dell'amico di lunga data) e con quella stordita di Sarah. Soprattutto su questo fronte si basano i dilemmi che Clem e il giocatore devono affrontare e che definiscono il percorso morale della giovane protagonista.

E poi c'è quella cosa di Luke identico ad Ash, reparto ferramenta, che mi fa ridere al punto di farmi un po' “uscire” dalla storia.

Ovviamente la spinta principale verso l'alto viene data dall'ormai consolidata abitudine, da parte di Telltale Games, sul fronte dei pugni nello stomaco. Anche In Harm's Way ha le sue due o tre trovate che spiazzano abbastanza, con ovviamente in testa l'ansiogeno finale (nonostante la scelta finale sia posta in maniera un po' cretina). E sono quelli i momenti che cambiano volto alla faccenda e ti fanno apprezzare anche un episodio che magari hai trovato debole o poco riuscito. Non cancellano i grossi difetti e, anzi, in un certo senso fanno ancora più rabbia, ma certo ti lasciano addosso un bel ricordo complessivo. Forse.

Ho giocato questo episodio di The Walking Dead su Xbox 360, grazie a un codice per il download ricevuto da Telltale Games, portando avanti il mio salvataggio che custodisco gelosamente dall'inizio della prima stagione e nel quale cerco di far crescere Clem come una brava ragazza, che fa il possibile per fare sempre la cosa giusta. In questo caso, la cosa giusta è assegnare un voto con pugno di ferro.

Voto: 5

 

“Ho detto CAGARE.”

Poi, però, come mio solito, ho rigiocato l'episodio, in versione PC, portando avanti l'altro salvataggio, quello in cui tratto tutti da schifo e provo ad esplorare situazioni diverse. E improvvisamente mi si è manifestata davanti l'altra faccia della medaglia. Sarà che, ovviamente, al secondo giro segui con meno attenzione i dialoghi già sentiti, clicchi ferocemente, cerchi di schivare i tempi morti e, in sostanza, pensi ad altro fino a quando hai l'opportunità di fare qualcosa di diverso. Quindi non mi sono sucato una seconda volta il peggio che l'episodio ha da offrire. Sarà anche che, appunto, ho provato cose diverse. Sarà, insomma, quel che sarà, ma il mio giudizio si è ammorbidito. Il fatto è che quando l'impatto emotivo di un gioco si basa anche sulle varianti, per quanto sottili, che applichi alla storia, beh, è inevitabile che alcune possano fare una gran differenza.

Nel mio caso è stato fondamentale il ceffone. E non dico che la riuscita dell'episodio dipenda dal ceffone, perché può tranquillamente piacerti anche senza ceffone (ho i testimoni) e perché comunque, anche col ceffone, non spariscono i problemi di cui ho parlato fino a qui. Ma quel ceffone, quello che Clementine può beccarsi con tutta la faccia nella prima scena e che alla mia prima partita ero riuscito a schivare, stabilisce un tono ben preciso. Con Carver non si scherza e anche Clem, la protagonista indistruttibile, è in guai grossi. Partire con quel ceffone potente in da fazza ti cambia la prospettiva in maniera brutale e ti mette in uno stato d'animo totalmente diverso ogni volta che ti ritrovi ad avere a che fare con Carver. O, almeno, su di me ha avuto quell'effetto e l'ha avuto nonostante stessi giocando l'episodio per la seconda volta. Hai detto niente.

Rimane però un personaggio deludente, scritto male e recitato peggio. Tié.

E ci sono altri esempi, piccoli e grandi, che si possono fare. Su tutti, uno in particolare. Che, di nuovo, non è necessariamente un dealbreaker, ma il suo effetto ce l'ha. C'è un personaggio al quale è dedicata tutta una sottotrama di questo episodio, con tanto di gran finale dall'impatto emotivo particolarmente forte. Oddio, a dirla tutta, anche qui non è che si entri in zona alta scrittura, anzi, è tutto abbastanza prevedibile e banalotto, ma il classico impatto brutale da The Walking Dead c'è e, come sempre, se per qualche motivo ci si dovesse essere affezionati al personaggio, la cosa può funzionare molto bene. Ma se quel personaggio l'abbiamo lasciato morire nello scorso episodio, ovviamente, tutto questo non si verifica e, al contrario del solito, non c'è nulla che vada a sostituirne in qualche modo il ruolo. In fondo è anche giusto così, sembra quasi fatto apposta per accontentare chi vuole bivi più netti, ma da un certo punto di vista è un peccato. O forse no.

Comunque, il senso del descrivere questo paio di aspetti specifici sta nel dire che, in fondo, la bellezza di questo episodio di The Walking Dead sta come sempre, ma forse un po' più del solito, negli occhi di chi guarda. E anche nel modo in cui quegli occhi guardano, nelle scelte compiute, nelle conseguenze che han portato. Il, che se vogliamo, si aggiunge alla pila di difetti, perché significa in sostanza che non tutti i possibili percorsi narrativi possono vantare la stessa qualità, ma allo stesso tempo testimonia lo sforzo per offrire un'esperienza davvero mutevole e, soprattutto, la profonda inutilità del dare eccessiva importanza al numeretto posto in coda a una recensione. E vabbé.

Ho rigiocato In Harm's Way su PC, sfruttando il Season Pass gentilmente fornito da Telltale Games a inizio stagione e portando avanti il mio salvataggio alternativo, quello in cui tratto tutti da schifo, sputo in faccia alla gente, sfido con spocchia i cattivi, mi prendo i conseguenti manrovesci e cerco di esplorare percorsi alternativi. E insomma, alla fin fine il mio giudizio si è ammorbidito, anche se i problemi continuo a vederli e su questo non transigo.

Voto: 7,5
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