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Killer is Dead, e anche il divertimento non si sente tanto bene

Killer is Dead, e anche il divertimento non si sente tanto bene

Bisogna essere realisti: per quanto Goichi Suda e Grasshopper abbiano ormai una buona nicchia di fan che si va via via sempre più ingrandendo, e nonostante abbiano lavorato ai generi più disparati, nelle loro opere sono sempre mancate delle meccaniche che, pur funzionali, fossero davvero convincenti e con quel qualcosa in più che rendesse la giocabilità profonda, pienamente convincente e ben collaudata. Insomma, è sempre stato difficile considerarli dei capolavori a tutto tondo, pur essendosi sempre distinti per trame bizzarre, personaggi eccentrici e tutto un mix di idee originali, o quantomeno poco comuni nel videogioco, che hanno saputo creare un alone di fascino non indifferente. Purtroppo, questo non è il caso di Killer is Dead

È vero, a giudicare dai trailer e dalle anteprime ci aspettavamo in molti che ne uscisse fuori chissà quale capolavoro, i requisiti sembravano esserci: cel-shading di gran classe, nemici giganti, gnocche, massacri, e frasi ad effetto come "Love and Kill". Un trionfo di stile "sudiano" per come ci ha sempre abituati, con molteplici richiami a sue vecchie produzioni. Titolo a parte, per il quale si tiene a precisare che Killer is Dead non ha molto a che fare con Killer 7, se non per alcuni rimandi concettuali, è innegabile come esteticamente ne sia una sorta di evoluzione stilistica. Stile grafico di rara bellezza, quello di Killer 7, uno dei punti più ammalianti mai raggiunti dal cel-shading, atto a creare scenari inquietanti, trascinanti ma al tempo stesso stranianti, sempre ripresi con le giuste inquadrature, ma che doveva anche il merito a una scelta degli scenari mai banale e sempre attraente.

Pur mantenendo un appeal diverso, il cel-shading di Killer is Dead, realizzato con un inusuale utilizzo dell'Unreal Engine 3, è tecnicamente straordinario e riesce a dare una caratterizzazione visiva libidinosa a tutto ciò che appare, con elegantissimo risalto per i colori più sgargianti e un estremo senso del dettaglio per le ambientazioni e situazioni più caotiche, adorabili nella loro orgia di particolari e animazioni dirompenti ma sinuose, tra le ampie sfumature delle aree più scure, dall'effetto tra il satinato e l'opaco, a tratti fastidioso, piacevolmente fastidioso, data l'imponente aggregazione con tutto ciò che è stato descritto poc'anzi. "Noise visiva", se mi passate il termine, che non ho problemi a definire avanguardistica: è uno stile unico che non sfigurerà mai, nemmeno fra altre dieci generazioni.

Mi piacerebbe continuare con gli elogi ma, ahimè, vi anticipo subito che finiscono qui, persino per quanto riguarda l'aspetto grafico nella sua interezza. Ma andiamo per gradi, è meglio dare prima una visione d'insieme di Killer is Dead.

Non avete idea di quanto sia meraviglioso quel dorato durante il gioco, nonostante il boss si stia effettivamente tagliando le unghie.

In un futuro non ben precisato, nel quale va di moda il turismo lunare, Mondo Zappa, elegante protagonista in giacca e cravatta, armato di Gekkou e Musselback (rispettivamente una katana ed un braccio biomeccanico), lavora per la Bryan Executioner Firm, associazione al soldo dello stato che si occupa di giustiziare malviventi su richiesta, capitanata da un cyborg dal quale prende il nome. Mai personaggi furono più insipidi in un gioco di Goichi Suda. Tralasciando il solito, ridicolo, escamotage narrativo dell'uomo misterioso che ha perso la memoria, Mondo manca quasi totalmente di carisma sotto ogni punto di vista, a partire dall'aspetto anonimo, passando per quel che si riesce a comprendere del background, fino ad arrivare alle sue frasi mediocri da classico protagonista spaccone di qualsivoglia scialba opera giapponese. Per non parlare della sua collaboratrice, Mika, che segue alla lettera i soliti standard nipponici di ragazzina ingenuotta che dovrebbe risultare divertente per ogni cosa che fa. E no, non fa mai ridere. Mai.

E Bryan, e la sua assistente Vivienne, e tutti i clienti, e... chiunque, davvero chiunque, non c'è nessuno che abbia un minimo di caratterizzazione accattivante, qualcosa di diverso dal solito piattume che sa di già visto, qualcosa che ti faccia un minimo affezionare che non sia la consueta cutscene "da figo", sono tutti quanti delle macchiette da quattro soldi, non se ne salva uno. Sembra incredibile, è vero che la Grasshopper è sempre stata tutt'altro che impeccabile sul piano della rappresentazione dei personaggi (basti pensare a Contact o No More Heroes 2), ma mai in un videogioco dove Suda ricoprisse un ruolo così rilevante come in questo caso, qualunque fosse il genere.

Un boss in tutto il suo malsano splendore, in un posto appropriato per una creatura del genere.

La struttura con cui viene narrata la storia è abbastanza classica: due-tre cutscene, un po' di azione, altre cutscene, arriva al punto "B", cutscene di fine livello, repeat. Sì, le cutscene si sprecano neanche fosse un gioco di Kojima e spesso non riescono neanche a brillare. Figuriamoci, non bastassero tante frasi poco interessanti, i personaggi parlano anche con abbondante flemma, come a voler recitare una grande opera teatrale. Sarò schietto: la trama è un casino, viene spiegata in maniera molto vaga e non si capisce dove voglia andare a parare. Riesce persino difficile, tra la confusione, riuscire a comprendere se Suda intenda trattare una storia seria portata avanti con idee demenziali o una storia pseudo-demenziale che si fa strada in un'atmosfera seriosa.

Ho letto in giro qualche interpretazione di chi si è preso la briga di analizzare per bene tutto ciò che accade, ma non c'è nulla che riesca a far quadrare l'intera sceneggiatura (ma neanche metà), nessuno che sia riuscito a venirne a capo, a darne un senso o anche solo un significato simbolico.

Un'inquadratura ravvicinata che, ahimè, durante il gioco vi potrete solo sognare.

Personalmente, per capirci qualcosa, mi sono pure "costretto" a rivedere l'intero gioco una seconda volta, anche più: Luna, sogni, perdita della memoria, Killer is Dead, scopate, flashback, viaggi spaziali, unicorni, tipi che scompaiono a caso... oh, basta! Si ha come l'impressione che, se il tutto fosse stato raccontato in maniera chiara e lineare, ne sarebbe uscita fuori una storiella da quattro soldi. Quindi, dai, perché non mettere un po' di caos, simbolismo spicciolo e metafore pretenziose? Ecco, se dovessi scegliere pochi aggettivi per descrivere Killer is Dead, non c'è dubbio che "pretenzioso" sarebbe il primo che mi verrebbe in mente. Persino le musiche riescono ad essere tali pur essendo state composte dall'ormai leggendario Akira Yamaoka, che continua da qualche anno il sodalizio con Suda51, ma che stavolta appare quasi svogliato e si lascia andare a molta ripetitività e poca ispirazione, essendo raramente incisivo e concedendosi un po' presuntuosamente di attingere da Dvořák fin troppo spesso... e trovare un brano di musica classica (per lo più abbastanza conosciuto) come colonna sonora per certe battaglie, non so voi, ma io inizio a trovarla un'idea così abusata e saccente da risultare più ridicola che altro. Citazionismo un po' ruffiano, alla fine, di cui il gioco si avvale anche in qualche altro frangente.

Sono tanti dettagli, talvolta neanche tanto piccoli, che vorrebbero far passare Killer is Dead per un gioco maturo, ma la messa in scena non sempre è delle migliori e finisce spesso per essere abbastanza deludente. Si è puntato moltissimo sul "fattore gnocca", con cui si è voluto far leva per il lancio del gioco in numerosi video promozionali, con tanto di cosplayer famose in abiti succinti ad interpretare personaggi del gioco. È triste constatare che è stata solo mera pubblicità, come implicitamente dichiarato dallo stesso Suda riferendosi a Kadokawa Games (il publisher): "Hanno un sacco di idee e sanno benissimo come creare un gioco che abbia molta più visibilità e personalità: ad esempio la modalità Gigolò è un'idea su cui abbiamo lavorato tantissimo insieme."

E infatti, per quanto possano essere state nobili le intenzioni di creare un protagonista che, passando le giornate ad ammazzare per lavoro, ogni tanto ha anche bisogno di divertirsi, è inutile girarci intorno: la realizzazione, pur riuscendo a strappare qualche sorriso, è squallida, se si pensa quanto sia solo uno specchietto per le allodole, un mezzuccio per riuscire a vendere un po' di più. La modalità Gigolò non è composta da nient'altro che stupidi minigiochi, al termine dei quali appare una cutscene di Mondo che si porta a letto la ragazza di turno: alla prima si otterrà un'arma aggiuntiva, le volte successive si vedrà qualcosa in più del loro rapporto. Una modalità superficiale, sia concettualmente che ludicamente, e non c'era nessun bisogno di rendere ancora più mediocre la frivola caratterizzazione del protagonista.

Va bene, la smetto, del resto ho sproloquiato così tanto per un gioco d'azione senza ancora dire una parola sul versante della giocabilità, e direi che è arrivato il momento di farlo. Il gioco sembra iniziare bene, su questo aspetto, ponendo sin dal principio una struttura all'apparenza interessante e ben sfaccettata, anche se sviluppata su una manciata di tasti: attacco con katana, pugno per il guard break, schivata/parata, Musselback, Adrenaline Burst.

Killer is Dead: Chef Tony Edition.

Magari si fa un attimo fatica a raccapezzarsi tra queste meccaniche, considerando come vengono noiosamente spiegate tramite un tutorial fatto di schermatine tutte da leggere, ma almeno sulle prime si ha l'impressione che sia qualcosa di funzionale e appagante. È presente un classico sistema di combo, nel quale più sono i colpi di spada che si riescono a mettere a segno senza farsi colpire o senza perdere troppo tempo più sale il contatore, più la katana si ingigantisce e maggiori diventano i danni e l'estensione dell'hitbox, con tanto di splendidi effetti visivi fluorescenti della spada grondante sangue, e gli attacchi di Mondo, che colpo dopo colpo diventano sempre più arzigogolati e devastanti. Arrivati col contatore delle combo oltre i trenta colpi, una volta tolta tutta l'energia ad un nemico, si può scegliere l'animazione con cui finirlo per avere ricompense differenti: le sinapsi dei nemici per riprendere un po' di vita, le gemme per aumentare permanentemente l'energia, le rose per incrementare la barra del sangue (necessaria per l'utilizzo di alcune abilità e del Musselback) e i cristalli lunari utilizzabili a piacimento per l'acquisizione di nuove mosse e potenziamenti di vario genere.

La schivata è la base del combattimento: quando un nemico sta per affondare il colpo, questo si illumina per un attimo di rosso e, premendo tempestivamente (ma neanche tanto) il tasto della parata insieme alla levetta direzionale, Mondo si sposterà rapidamente per eseguire il Burst Rush, un contrattacco basato su una serie di colpi concatenati premendo ripetutamente il tasto attacco, mentre lo schermo si colora di rosso, bianco e nero in un effetto fumettistico impagabile, che assieme al – voglio ripeterlo – già di per sé maestoso stile grafico, continua a stabilire quanto Killer is Dead sia visivamente splendido. Il punto è che, tolta la combo schivata-attacco, ci si rende ben presto conto di quanto tutto il resto delle meccaniche serva a ben poco. L'Adrenaline Burst, attivabile sprecando una tacca della barra del sangue, permette di squartare immediatamente un nemico, e va bene che l'effetto è figo, però me ne faccio poco, se non nelle situazioni più caotiche in cui voglio eliminare direttamente qualcuno e poi giocare in più tranquillità. Il guard break, vabbé, c'era o non c'era cambiava poco, visto che serve per rompere la difesa avversaria in sostituzione del tasto attacco.

Anche il braccio biomeccanico, dal quale è possibile selezionare numerose armi, a parte per qualche trucchetto di poco conto (del tipo "Spara a destra e a sinistra per aprire la porta", wow!) e "gimmick" assortiti, non è poi così pratico da usare e neanche molto divertente, in quanto non aggiunge attacchi al contatore delle combo. Certo, può congelare il timer per non farlo scadere, ma il suo utilizzo è raramente incisivo, e se lo è non dà la minima soddisfazione. Cioè, dai, ho una spada che più attacchi infliggo e più diventa gigantesca (e di un blu fiammeggiante!), mentre vedo il numero dei miei attacchi salire esponenzialmente e i nemici che esplodono in una pioggia di gemme colorate... cosa me ne faccio di fermarmi a sparare?

Fracassando muri, e non solo, in quell'obbrobrio tutto marrone del livello contenuto nel DLC.

La verità è che, essendo presente un sistema di crescita del personaggio che dipende così tanto dal contatore delle combo, si innesca mentalmente quel labile piacere del voler sbloccare e potenziare tutto fino alla fine ed è impossibile resistere alla voglia di combo per l'acquisizione di ogni tipo di punto esperienza. Che poi, insomma, di tutti i potenziamenti, quelli veramente utili sono poco meno di una manciata, tra cui arriva puntualissima la cura, utilizzabile dappertutto sprecando un po' di sangue, a sbilanciare notevolmente il gioco, riducendone drasticamente la difficoltà. Non che ce ne fosse così bisogno, visti i tre continue disponibili in ogni livello e la possibilità di comprarne altri a volontà.

In fin dei conti, una volta presa confidenza coi controlli, il gioco si riduce a un button mashing del tasto d'attacco misto a quello della schivata, perché sì, è possibile effettuarla fino a quattro volte consecutivamente con un delay d'animazione quasi nullo, dopodiché si passa ad una capriola durante cui si rimane vulnerabili giusto per qualche attimo. Non c'è nemmeno davvero bisogno di prendere al millesimo il tempo di attacco dei nemici, basta schivare un po' a casaccio per far partire in automatico il Burst Rush e pestare duro sul tasto attacco. Persino alla difficoltà più estrema, sbloccabile una volta finito il gioco, ci si riduce il più delle volte a premere come capita tra il tasto attacco e la schivata per andare avanti tra i livelli. Al massimo i nemici hanno molta più vita e i loro attacchi sono ben più potenti, ma il risultato è che si martella il pad così tanto fino a far letteralmente male le mani e i polsi, ma senza che ci sia mai una sfida appagante.

Forse giusto l'ultimo boss, alla massima difficoltà, potrebbe dare qualche problema, visto che, incredibile a dirsi, ci sono addirittura da imparare dei pattern per poterlo sconfiggere. Che poi non è nemmeno niente di troppo arduo, ma il gioco vizia così male verso la strada della nullafacenza più sfrenata che, arrivato a quel punto, non ti aspetti di doverti impegnare un minimo. Tra l'altro, quelle – per fortuna poche – situazioni in cui si prova a dare una diversa inclinazione al gameplay, come ad esempio l'uso della mitragliatrice piantata a terra, sono di una noia indescrivibile e sembrano non finire mai.

Lei è presente solo nella Fan Edition. Così, giusto per farvi desistere dal comprarla, come no.

Anche per quanto riguarda i combattimenti contro i boss, solitamente un momento di spicco nella produzioni di Goichi Suda, in Killer is Dead non si riesce ad andare oltre a una gradita variazione dal solito pattern "attacca-attacca-attacca-schiva-schiva", dando ancora una volta l'impressione di un'occasione persa. Poi il loro design è sempre eccezionale, questo bisogna ammetterlo... ma vuoi per dei pattern avversari smorti e come sempre poco funzionali a ciò che l'intero parco mosse offre, vuoi per gli effetti sonori poco incisivi dell'intero gioco, anche le battaglie coi boss - circostanze che in un buon action dovrebbero sempre svettare - contribuiscono in buona parte al non lasciare un'esperienza goduriosa e memorabile.

E non sono nemmeno moltissimi. L'intero gioco è formato da pochi livelli, molti dei quali riempitivi: con la scusa che son messi lì a raccontarti parte della trama, durano poco e c'è giusto da premere una manciata di tasti. In ogni caso, le ambientazioni... come dire? Avete presente l'inizio di quest'articolo, in cui dicevo che l'eccezionale stile grafico risaltava maggiormente nella sua magnificenza tramite i colori più accesi? Ecco, quasi sempre i livelli sono scurissimi e, per quanto i concept degli scenari siano originali, questa mancanza di luminosità si fa sentire. Ma non è solo questo: c'è anche l'aggravante dei dettagli visivi anonimi e copincollati reiteratamente per l'intero scenario, ci sono le telecamere che, a parte quando riprendono la Luna gigantesca nel cielo (che insomma, è sempre la Luna, si vince facile qui), non fanno mai inquadrature di un certo spessore (altro che Killer 7), senza contare che seguono sempre male l'azione, tant'è che mi sono ritrovato innumerevoli volte a dover spostare la visuale col dito della mano sinistra sull'analogico destro, visto che il resto dell'arto era impegnato a mashare come uno scoppiato. Ma c'è pure un set di nemici scarno e dalla sfida monotona... oh, la chiudo qui: c'è che 'sti benedetti livelli fanno veramente schifo e hanno poco da dire, o quantomeno pochi motivi per non essere dimenticati subito dopo la loro conclusione, per non parlare di tutte quelle riempitive missioncine di contorno tra uno stage e l'altro. Anche se sì, c'è da riconoscerlo, c'è una cosa di cui non ci si scorda facilmente, ovvero quanto sia fastidioso il tearing mentre si sposta la visuale: non credevo potesse essere un problema così grande come mi avevano detto, ma sulle prime ho anche avuto come una sensazione di nausea, forse anche complice il frame rate di 30 FPS piuttosto incostanti, nonostante il gioco giri a 720p.

Per la gioia di tutti quelli che leggono la recensione in ufficio, anche un po' di NSFW.

Ritornando al gameplay, aggiungo che l'unico modo per trarre puro giovamento dal giocare Killer is Dead è andare di modalità estrema e fruirlo nella maniera più hardcore possibile, ossia provando ad ottenere il rank massimo in ogni missione o puntando al giocare per punteggio, data la classifica online. Ci sono diversi fattori, che cambiano di livello in livello e talvolta neanche vengono ben specificati, che è necessario rispettare per ottenere punti tramite determinate ricompense finali,  le quali possono variare dall'eseguire trenta guard break al non farsi colpire neanche una volta. Ci avrei provato volentieri, se non fosse che, tra caricamenti, cutscene talvolta non saltabili e tempi morti in giro per i livelli, è indispensabile una pazienza fuori dal comune.

Diciamolo chiaramente (tl;dr): Killer is Dead è opera di un Goichi Suda che manca di quella naturalezza che l'ha sempre contraddistinto in meglio. Dopo anni di cultura pop giapponese fatta videogioco, l'autore vuole riprovarci con trame ingarbugliate ed atmosfere più surreali e mature, ma in questo caso non c'è Mikami ad aggiustargli il tiro come in Killer 7 e anche il publisher è intenzionato ad aggiungere futilità con la speranza di fare qualche soldo in più. Ciò che si è ottenuto è, in definitiva, un gioco troppo artificiale, sintetico, tenuto assieme da un sottile filo conduttore fatto di ermetismo spicciolo e di presunta poesia. Viene difficile, a questo punto, riuscire nuovamente a perdonare al caro Goichi il solito gameplay raffazzonato, per giunta così ripetitivo da risultare estenuante. Poi c'è anche chi potrebbe amare il button mashing ignorante, pieno di nulla e furioso fino a far male alle mani, unito alla presenza di ragazze sensuali e poco vestite. A proposito di questi ultimi aspetti, penso di capire perché sia stato scelto questo cognome per il protagonista, pertanto mi domando come mai, nel gioco, non ci sia mai da usare un pollo.

Ho giocato a Killer is Dead tramite una copia della Fan Edition prenotata su Amazon.it. Dopo aver finito il gioco e tutte le sotto-missioni in difficoltà Normal, l'ho poi interamente rigiocato e finito in modalità Estrema, completando la maggior parte dei livelli senza usare nemmeno un Continue, cercando di sbloccare qualche Obiettivo in più, finché non mi sono del tutto stancato. Ho usufruito dell'ottimo doppiaggio in inglese, trovandolo più pertinente per i personaggi, ma è possibile selezionare anche quello in giapponese. Segnalo che la Fan Edition, pur costando attualmente giusto qualche spicciolo in più, si distingue da quella normale per una splendida copertina cartonata e per alcuni contenuti extra, quali un disco con colonna sonora buttato lì alla bell'e meglio, degli orribili papercraft super deformed dei personaggi, un bellissimo artbook (di cui vi abbiamo mostrato qualcosina qui), un poster della madonna (non letteralmente), e un DLC contenente nuovi vestiti osé per i due personaggi femminili principali e un'altra ragazza con cui provarci. Ah, in più c'è anche il livello più brutto dell'intero gioco, condito da qualche sotto-missione. Il titolo dell'articolo l'ho lasciato scrivere a Nabu, perché mi sembrava di aver già detto abbastanza.

Voto: 6

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Colonel Campbell's Art Soup #33

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