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La mensola di Shin X #26 - Splatterhouse: squarta che ti passa

La mensola di Shin X #26 - Splatterhouse: squarta che ti passa

Da sempre sostenitore di titoli bistrattati dalla critica, Shin X è passato da “difensore dei poveri” a “masochista”, da “acquirente compulsivo” a “forzato bastian contrario”. La verità è che a suo parere ogni titolo può dire qualcosa: c’è chi sbraita, chi sussurra, chi lo fa con i sottotitoli e chi lo recita in versi. L’importante è avere lo spirito di voler ascoltare. E l’antro in cui riposano questi brutti anatroccoli è la sua mensola. L’unico luogo nel quale possono diventare cigni.

Splatterhouse, old gen. L'universo videoludico langue dietro le patch di The Witcher 3 e la Mensola propone un titolo bistrattato e zoppicante di un lustro fa. Possibile? Ebbene sì: lasciate fare a me, ragazzi (so che è un rischio grosso) e seguitemi passo passo. Per una settimanella scarsa mettete in stand by le vostre nuove console e ne guadagnerete in patch, news e aggiornamenti. Come? Dandovi al retro-retrogaming, naturalmente. La doppia apposizione non è casuale, visto che Splatterhouse in versione Ps3 e 360 contiene anche i tre capitoli originali in 2D. E beh, nonostante l'anacronistico livello di difficoltà, rimangono tre belle pietre miliari. O tombali, per rimanere in tema.

Sotto la mazza la bestia crepa.

A catturare, di Splatterhouse, sono due robusti elementi: atmosfera e fisicità. I vari livelli, tra dimore indemoniate, mattatoi incrostati e altre location putrescenti, trasudano sangue e budella da tutti i pori (o pixel, ma è una battuta vecchia, ormai). I sopracitati episodi "vintage" sono stati reinterpretati in chiave 3D con un piglio diligente e fedele allo spirito originale. Il gioco, quindi, dispensa con fierezza ettolitri di emoglobina, ammaliando i fan con animazioni rabbiose e possenti, begli effetti di luce, corridoi ammantati da ombre inquietanti e tentacoli che si aggrovigliano in ogni parte dello scenario. Il gioco Namco, tra omaggi, citazioni e qualche sparuto scivolone, riesce comunque a replicare l'atmosfera dei preistorici vecchi episodi, sempre in bilico tra trash e gore. Cosa per nulla facile, visti altri obbrobriosi reboot pubblicati nello stesso periodo.

Visivamente croccanti, i boss non sono altrettanto riusciti riguardo a pattern e dinamiche di gioco.

E Il bello deve ancora venire! Il combat system si rivela una camicia di forza di quelle cazzute: vi tiene incollati al pad e non lascia scampo. Personalmente mi sono dato fin da subito al grinding selvaggio, per poter potenziare Rick nel miglior modo possibile. Solo scavando come tassi tra i vari upgrade e alberi delle abilità potrete sperare di sopravvivere sotto i colpi di qualche sgorbio ancestrale. La difficoltà è altina, non sottovalutatela. Il numero di mosse, a differenza di quanto avviene in altri titoli simili, non costringe a virtuosismi degni di un gioco musicale. Ogni combo si assimila gradualmente e alla perfezione. Rick è potente, brutale, devastante e impietoso. Tutta la sua cattiveria è trasmessa al pad come pochi action hanno saputo fare nella passata generazione. Solo i veri capolavori del genere riescono a restituire un senso di spietata fisicità negli affondi, e pur non ambendo a tanto, Splatterhouse sa farsi valere senza complessi d'inferiorità.

Non c'è peggior sordo di chi perderà la testa.

Ironico, irriverente, meta-referenziale... senza tener conto del sonoro metal ignorantissimo e dei battibecchi schizofrenico-freudiani tra la maschera e il protagonista. Un esempio di scena memorabile? OK: si entra in una stanza enorme, silenzio tombale... all'improvviso un mostro immenso sfonda una parete e la maschera, impassibile: "E ora chi è questo coglione?". Posso assicurarvi che in game è davvero da sganasciarsi. Ah, un consiglio per i vecchietti che trovassero il livello di difficoltà troppo alto: è possibile potenziare il personaggio partendo da facile per poi ricominciare a normale e\o difficile, mantenendo le abilità già acquisite. Un "new game +" anticipato e fatto in casa, praticamente.

Potreste morire un attimo? Avrei da fare.

A coronare il tutto abbiamo delle arene sbloccabili, che pur sembrando all'inizio meri vasconi da imbrattare, rappresentano la sintesi ludica del gioco. Orde sempre più coriacee vi terranno col fiato sospeso, in attesa di essere maciullate. Una sfida aggiuntiva degna di plauso e un extra assai gratificante (mai quanto le foto delle signorine con le tette al vento, però). Che dire, ancora? A fronte di tutto questo, sono vere e proprie coltellate al cuore (è proprio il caso di dirlo) i numerosi tentennamenti del frame rate. O i boss un po' scorretti.

Insomma, smembramento di arti (compresi i propri) utilizzabili come armi, mazze ferrate, tubi, mannaie, esecuzioni tanto efferate da sconfinare nel comico, sangue a litri, frattaglie e una gran dose di giocabilità, tenute insieme da una violenza inaudita e una ficcante ironia.

Questo "vecchio" Splatterhouse è una piccola, grande perla, credetemi. "Mensolatelo" approfittando di qualche svendita e non ve ne pentirete... Lo giuro sul mio intestino crasso.

L'evocatore della domenica #06

Videopep #104 – I miei giochi di maggio 2015

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