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Paperback #2: L'ospite. Alieni che brillano?

Paperback #2: L'ospite. Alieni che brillano?

Paperback è la nostra rubrica quindicinale in cui parliamo di libri non strettamente legati al mondo dei videogiochi. Visto che per quelli legati al mondo dei videogiochi c’è quell’altra.

OK. Sedetevi. Prendete un bel respiro. Fate cinque minuti di esercizi di meditazione e cercate di liberare la mente dai pregiudizi. Perfetto, ora possiamo iniziare!

Vorrei parlarvi oggi di un romanzo di Stephenie Meyer, la scrittrice accusata di aver in un certo qual modo “dissacrato” la figura del vampiro, rendendo quella che era una creatura maestosa e mitologica un pavido vegan con problemi di autostima e la pelle catarifrangente. Ma pochi sanno che la buona Stephenie, accanto ai vampiri che brillano, ha scritto anche un altro interessantissimo romanzo intitolato L’ospite e pubblicato nel 2008 in Italia.

Il romanzo è ambientato in un futuro prossimo (o un presente alternativo, a voi la scelta) nel quale l’umanità è stata praticamente spazzata via dagli alieni; che non sono, badate bene, i tripodi de La Guerra dei Mondi o le locustone di Gears of War o una delle qualsiasi altre razze brutte cattive e forzute cui la moderna “fantascienza”, chiamiamola impropriamente così, ci ha abituati. Si tratta di piccole creature argentee (non immaginatevi delicate fatine. Si tratta più dell'incrocio tra un'ameba e un vermicolo bavoso) in grado di introdursi nel corpo di un essere umano, annullarne la coscienza e utilizzarlo come ospite. Appunto. Questa razza di alieni arriva su un pianeta e lo colonizza fino a farlo diventare una specie di colonia pacifica e felice di alieni tutti buoni e gentili annientando la volontà della specie dominante e assoggettandola come farebbe un parassita. Inutile dire che i pochi umani superstiti e ben nascosti lottano strenuamente per preservare la propria identità, la propria coscienza e la propria vita.

In tutto questo un’aliena, Viandante, viene innestata in un’ospite “particolare”, la cui coscienza è tutt’altro che sottomessa o cancellata. Viandante e Melanie (questo il nome della ragazza) saranno costrette a convivere nel medesimo corpo, a provare le stesse sensazioni e ad imparare a conoscersi meglio per sopravvivere a tutte le avventure che le attendono.

Ecco L’ospite è, se vogliamo, un romanzo di fantascienza molto asimoviano, come deriva culturale, in cui l’elemento fantascientifico viene utilizzato non come fine, ma come mezzo per scandagliare, da un punto di vista apparentemente estraneo, le emozioni, i pregi e i difetti dell’animo e della società umani. La storia risulta un po’ scontata nel suo svolgimento e i colpi di scena non si rivelano particolarmente incisivi, tuttavia il viaggio che la Meyer ci propone è oltremodo piacevole e ci fa un pochino riflettere sul significato di “umanità”.

Lo consiglio quindi a tutti coloro in cerca di una lettura tutto sommato leggera, piacevole e intrigante e che apprezzano la fantascienza sociologica à la Asimov (e chi mi conosce sa che raramente tiro in ballo il Vate). Anche se il buon Isaac, beh, proprio un’altra classe. Perché ve ne parlo ora, dato che la data di pubblicazione è un po’ datata? Perchè ne sarà tratto un film, uscita prevista 2013, con la sceneggiatura e la regia di Andrew Niccol (Gattaca e The Truman Show, giusto per fare due nomi), il che ci fa ben sperare.

La protagonista sarà Saoirse Ronan (Amabili Resti), che come età è in linea con quella anagrafica di Melanie. Eppure la Mel del romanzo, pur nella sua giovane età, ha comunque acquisito quella sicurezza, quella maturità e  quella “durezza” generate dalle dure prove a cui è dovuta sottostare per sopravvivere in un mondo ostile, che non mi pare di ravvisare nel volto bello, angelico e anche un po’ svagato della Ronan. In fondo non sarebbe la prima volta che mi trovo in disaccordo con i casting per i romanzi della Meyer (scusa Robert, ma come Edward non ci siamo nemmeno un po’) e non solo. Ma spero di sbagliarmi.

Piccola nota critica: posto che a me i romanzi della Meyer piacciono proprio perché “leggeri” e adolescenziali (senza scadere comunque nel “moccismo”), mi domando se veramente sia stata la Meyer la prima a dissacrare la figura del vampiro,o se una deriva più affascinante e glamour non la si debba già alla sempre osannata Anne Rice, che in fondo fa di Lestat una sorta di rock star del soprannaturale. Ma tant’è. Magari ne parleremo in un altro contesto. Ok, dopo essermi inimicata tutti i tanti (troppi?) fan della Rice e tutte le ragazzine innamorate del buon Pattinson sono pronta per il programma di protezione della CIA.

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