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PlayStation 2 e la conquista della posizione eretta

PlayStation 2 e la conquista della posizione eretta

A sancire l’innegabile successo di PlayStation 2 concorsero diversi fattori. Di certo contribuì l’incredibile quantità di PlayStation vendute, la base di utenti che aveva sposato la causa di Sony alla prima incarnazione della Play segnando una generazione, inquadrava un target di mercato a cui vendere nuovamente la stessa cosa, però molto meglio.

Su PlayStation 2 si poteva trovare più Metal Gear, più Tomb Raider, più Gran Turismo, nella loro forma migliore; c’era una progressiva crescita del prodotto insieme alla sua utenza, che magari aveva proprio nella console Sony le prime esperienze di gaming, e che con la Play decise di scalare gli anni dell’infanzia e raggiungere l’adolescenza, anche con quel pretesto di seriosità che hanno gli adolescenti a voler essere trattati da adulti.

E Sony, con PlayStation 2, iniziò a trattare i suoi utenti da adulti, assecondò quel desiderio di crescita in primis attraverso il design della console.

La PlayStation originale era un oggetto da cameretta, la si doveva poggiare su un piano che avesse ampio spazio al di sopra per l’apertura verticale del vano disco. Filologicamente, questo non la rendeva diversa da un Nintendo 64, per fare un esempio, con il suo vano per la cartuccia nella parte superiore della console.

PlayStation 2, sancendo l’obsolescenza di quel sistema di caricamento dischi, retaggio del giradischi tramandato ad una generazione di stereo e lettori CD portatili, si avvicinava ad ampie falcate verso la categoria degli hi-fi, che già da tempo preferivano il carrello per la possibilità di lasciare il piano orizzontale libero e, quindi, impilare uno sull’alto, magari in mobiletti appositi, le varie componenti dell’impianto (CD, mangianastri che da qualche parte girava ancora, preamplificatore… ).

PlayStation 2 si poneva come console moderna, un oggetto che si poteva sfoggiare in un salotto rispettabile, ad uso di un bacino d’utenza allargato, non strettamente legato al gioco. La potevi piazzare legittimamente sotto la TV buona e utilizzare come lettore DVD, il più economico lettore DVD, quando avvenne il cambio di formato, proprio in quegli anni.

Il GameCube non poteva competere con questa versatilità, nonostante fosse un giocattolo perfetto, qualcuno potrebbe dire rovinato da quella maniglia, che nelle intenzioni sposava un’idea di portabilità da “cassetta dei giochi” da trasportare. Non aiutò nemmeno riproporlo in nero: nell’immaginario collettivo, il GameCube è di quella precisa sfumatura di viola che non potevi piazzare in salotto senza farlo sembrare un giocattolo fuori posto.

Per me resta bellissimo.

Stesso discorso per l’arroganza aggressiva della prima Xbox, che proprio sobria non era, con la sua bolla verde e il suo enorme pad ostile.

Nel mercato di quegli anni, PlayStation 2 brillava per sobrietà ed equilibrio, nonostante le dimensioni anche significative, avviando un discorso di civile imborghesimento che avrebbe subito una battuta di arresto con PlayStation 3, dal look e dalle dimensioni di un dispositivo di lancio per missili nucleari.

L’indimenticabile modello noto come al grande pubblico come FAT. Fortunatamente, pare che ci siamo liberati per sempre del design panciuto.

La posa verticale era un vezzo che ho visto sfruttare poche volte, assecondato dalla possibilità di ruotare il piccolo logo policromo posto sul carrello del lettore ottico. Un “in più” che, per il solo fatto di esserci, la faceva somigliare al monolito di Odissea nello Spazio, tralasciando il discutibile accostamento di nero e di blu. Ma capiamoli, sono giapponesi.

Per diffusione, PlayStation 2 ebbe l’ulteriore effetto di definire nell’immaginario collettivo la forma che doveva avere una console nel 2000, lasciando alle spalle le forme morbide e piene di dettagli delle vecchie console, fatte di spigoli ammorbiditi e orpelli vari.

Un primo passo verso un minimalismo sfiorato ma mai del tutto afferrato.

Troppe scanalature, troppe scritte, eppure una definizione formale concreta, a due volumi sovrapposti, quello superiore a sbalzo sull’altro, espediente utile per la posa verticale, perché forniva una base sufficientemente stabile senza ulteriori aggiunte, solo per geometria, abbassando il baricentro della macchina.

Cosa è rimasto, della lezione di PS2, nel product design di Sony? Relativamente poco.

La composizione a due volumi sovrapposti si è perpetrata con effetti diversi anche in PlayStation 3, dal design oggettivamente poco accattivante e difficile da piazzare, date le dimensioni, e su PlayStation 4. PlayStation 4 Pro riprende le scanalature orizzontali, inspessendole e trasformandole in strati, nascondendo al loro interno prese d’aria.

PlayStation 4 è quadrata, solida, ma manca della raffinatezza compositiva dei suoi competitor diretti.
La scelta della sezione a parallelogramma è inutile, dato che non è chiesto ad una console di essere aerodinamica, vezzo evidenziato dalla parete posteriore, che ritorna verticale nel momento in cui deve alloggiare le porte. Dubito che la forma esteriore sia stata dettata da una disposizione della componentistica interna.

Il design “a strati” caratterizza la versione definitiva di questa generazione.

La lezione di PlayStation 2 pare essere stata maggiormente recepita da Microsoft.

La generazione One ha ingranato malissimo, al di là del look and feel della macchina così démodé, così tanto videoregistratore inizio anni Novanta, eppure, avendo una forma più “pura” sulla quale lavorare, sono riusciti a correggere il tiro anche a livello di design, oltre che di servizio offerto.

Lo stile rimanda chiaramente a quello dei mangianastri.

La One S all digital è semplicemente perfetta. Un prisma bianco fisicamente impenetrabile, poggiato su un secondo volume in nero, molto sottile, che la slancia, rialzandola un minimo dal piano di appoggio e che nasconde una porta USB sempre nera, esattamente con la stessa disposizione che aveva in PlayStation 2. Il volume inferiore che, in un gioco di ombra, sapientemente scompare, facendo galleggiare il volume bianco nel buio.

Non gli si può dire niente.

Xbox One X è ancora più furba: la disposizione dei volumi è speculare a PlayStation 2 ma variano le proporzioni tra le parti, come anche la differenza di dimensioni tra il volume inferiore e quello superiore.
Come per le console di casa Sony, anche questa X nasconde nella scanalata orizzontale la fessura per i dischi.

Sapiente gioco di luci e di ombre per farla sembrare più asciutta e minimale di quanto davvero non sia.

In ultimo, il meraviglioso design monolitico di Serie X: presentata anche questa in verticale, l’utenza si è subito voluta sincerare della possibilità di poterla disporre anche in orizzontale. La disposizione orizzontale fa perdere tantissimo in forza plastica alla macchina, la fa somigliare a un idolo caduto, adagiata pigramente su un fianco e non ritta come un menhir.

Se costituirà un cambio di paradigma nella distribuzione dell’entertainment del salotto è tutto da vedere, anche dal momento che siamo ancora in trepidante attesa della risposta di Sony. Sta di fatto che Xbox Series X ha nelle proporzioni una vocazione verticalistica, aiutata da una base minore quadrata, che conferisce stabilità nella posizione eretta più di quanto abbiano fatto i profili troppo ridotti che hanno caratterizzato l’attuale generazione.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai vent'anni di PlayStation 2, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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