Ryse: Figlio de Roma: più sangue, meno Kinect
Quando ho saputo che la Xbox One di Microsoft sarebbe stata piazzata sul mercato obbligatoriamente di fianco al nuovo fiammante Kinect, ho subito immaginato che almeno un paio di giochi di lancio avrebbero supportato 'sta periferica, mostrandone le strabilianti caratteristiche. E infatti ecco che, puntuale, Ryse, l'action game anticoromaneggiante in lavorazione ormai da mesi e mesi come esclusiva su Xbox 360, manda brutalmente a quel paese l'ormai vetusta console e il suo vecchio e laggante Kinect per approdare in pompa magna su Xbox One, dotata di un Kinect decisamente meno laggante. Quale migliore occasione per dare una bella prova di forza del nuovo sistema di controllo che un titolo tripla A sviluppato ormai da anni? Ecco, non questa. Perché oltre al cambio di piattaforma, Microsoft ha anche optato per un radicale cambio di sistema di controllo: ciao ciao Kinect 2.0, bentornato joypad, con tanti saluti al motion gaming e al "Perché c'è un Kinect in questa scatola?".
OK, tolta la possibilità di agitare il gladio a destra e a manca, cosa resta dunque in Ryse: Son of Rome? "Meno di quanto mi aspettassi" potrebbe essere una buona risposta, che va strettamente a braccetto con "Più di quanto temessi". Innanzitutto, per gli amanti della terminologia, il gioco è un action game in terza persona classificabile come hack'n slash: nei panni di un possente centurione romano (er figlio de Roma del sottotitolo), dovremo farci strada attraverso i sette capitoli che compongono la trama del gioco, applicando con dovizia l'ormai fantomatica politica dell'antica Roma "Dividi et squarta". Prego notare che quando parlo di "antica Roma" mi riferisco ad un'ambientazione prettamente storica. Niente mitologia (almeno, non troppa), niente mostri, fauni, chimere o ciclopi, solo una genuina ambientazione storica più vicina a quella de Il Gladiatore che a quella di God of War, per intenderci. Con l'aggiunta di un sacco di roba che esplode, ecco.
La trama si riassume rapidamente senza grandi timori di spoiler: il vostro giovane soldato romano Marius Titus torna a casa a Roma per lamentarsi col padre circa l'originalità del proprio nome, quando un gruppo di barbari assale la sua famiglia e fa una strage. Segue, inevitabile, una lunga ed elaborata vendetta che avrà luogo nelle strade di Roma, in Britannia per fare le prove principali dello sbarco in Normandia (lungimiranti, i romani), in Caledonia e via dicendo. Un lungo viaggetto raccontato sorprendentemente bene, tramite un simpatico artificio narrativo che ha però la pesante colpa di far capire immediatamente al giocatore dove andrà a parare la storia. A ciascuno dei capitoli del gioco corrisponde una sequenza giocata in cui, controllando Marius tramite una visuale ravvicinata in terza persona, daremo battaglia armati di gladio e scudo.
Senza girarci troppo attorno, la base di Ryse: Son of Rome è il suo sistema di combattimento, tutto sommato abbastanza semplice da spiegare. Marius può infatti portare colpi leggeri o pesanti contro i nemici semplicemente premendo un pulsante e puntando lo stick analogico verso il suo bersaglio. Data l'assenza di un sistema di "aggancio" dei bersagli, è possibile dispensare zaccagnate a 360° gradi, tenendo così a bada tutti gli assalitori che ci circondano. In caso un nemico sferri un colpo contro il nostro centurione, basterà premere il tasto A unitamente allo spostamento dello stick analogico sinistro per intercettare il colpo e contrattaccare. Il combattimento non è dunque composto da combinazioni chilometriche e spettacolari di colpi, quanto piuttosto da una sana distribuzione di attacchi dove serve, condita da contrattacchi facilmente effettuabili.
Questo non significa che smanettare di qua e di là sia sufficiente per cavarsi dai guai. Esistono infatti diverse tipologie di nemico (non troppe, a dire il vero) che si comportano in modo differente. Se per il classico "grunt" che ci attacca a testa bassa bastano due/tre mazzate fatte bene, senza pensarci troppo, già coi primi nemici dotati di scudo sarà necessario innanzitutto aggirare le loro difese tramite appositi colpi pesanti, per poi colpirli al corpo rapidamente e infliggere danni. Ulteriori tipologie di assalitore richiederanno approcci diversi, quel tanto che basta per variare un po' i combattimenti, molto più di quanto inizialmente non sembri. Una volta che un nemico ha ricevuto una quantità congrua di danni, sarà possibile avviare un'esecuzione che lo eliminerà definitivamente (di solito in modo assai cruento). A differenza di quanto avviene in altri giochi simili, dove l'esecuzione dell'esecuzione (gh!) è affidata alla pressione di tasti al momento giusto (sì sì, gli amati quick time event), in Ryse le cose funzionano in modo leggermente differente: quando si avvia un'esecuzione, la sorte del nemico è segnata (nel senso che schiatta e basta), ma al giocatore è data la possibilità di premere i pulsanti al momento giusto per "ottimizzare" la mossa e ottenere bonus di energia vitale e punti esperienza.
Oltre a picchiare con gladio e scudo, potremo ogni tanto afferrare lance (o, meglio, "pilum") da lanciare contro i nemici e impartire ordini ai nostri sottoposti, sebbene tali azioni siano spesso e volentieri strettamente legate a contesti specifici e risultino dunque un po' forzate nell'esecuzione. Ecco, un aspetto fortemente criticabile del gioco è una certa carenza di varietà in relazione alle armi che andremo a utilizzare. OK, magari gli sviluppatori hanno voluto mantenere un minimo di aderenza storica, ma in effetti acchiappare ogni tanto qualcosa di diverso da un gladio per tagliuzzare i nemici sarebbe stato molto gradito. Così com'è, il gioco soffre di una certa ripetitività negli scontri, anche a fronte degli espedienti che ho segnalato poco sopra, un elemento ben poco giustificabile, considerando i tempi di sviluppo biblici: nessuno che in Crytek abbia detto "OK, mettiamoci una bella mazza"?
Già che prima li ho citati di soppiatto, vi parlo anche dei punti esperienza accumulabili da Marius, spendibili fra un capitolo e l'altro per ottenere diversi tipi di potenziamento, come maggiore resistenza fisica o esecuzioni più elaborate (e dunque più "fruttuose"). Nella mia partita li ho spartiti in un modo che mi pareva sensato e non ho mai avuto l'impressione di poter effettivamente personalizzare bene il mio personaggio: un elemento del gioco, insomma, che c'è ma si nota poco. Così come si nota ancora meno il supporto a Kinect, prima sistema di controllo principale e ora relegato a ricettore di comandi opzionali dal ruolo decisamente trascurabile.
Tagliuzzando qui e lì avanzeremo piuttosto rapidamente fra i capitoli del gioco - impantanandoci magari in un paio di passaggi effettivamente ostici, non più di un paio - e dopo una manciata di orette che difficilmente supererà le otto unità, assisteremo al glorioso finale di Ryse: Son of Rome e ci porremo l'inevitabile domanda: "E mo'?". Eh, in effetti, dopo i titoli di coda (dotati di una gran bella musica, eh!), non è che ci sia più molto da fare. Potreste rigiocare i livelli per ottenere i punti esperienza che vi mancano per sbloccare tutte le abilità e le esecuzioni di Marius. Oppure riesplorare i livelli in cerca degli elementi collezionabili che vi sono sfuggiti (non difficilissimi da trovare, considerando la linearità dei livelli). Niente che comunque riesca ad allungare molto un'esperienza per singolo giocatore decisamente breve, un altro elemento del gioco che fa porre la lecita domanda "Che cavolo hanno combinato, questi, in tre anni di lavoro?".
Appurato che la longevità non è un fiore all'occhiello di Ryse: Son of Rome, posso rivolgere un po' di attenzione al multiplayer, scoprendo che in pratica è una sorta di gioco nel gioco. Completamente slegata dalla trama principale, la modalità Gladiatore è infatti un'opzione cooperativa che consente a due partecipanti di lottare fianco a fianco in diverse arene, cercando di completare gli obiettivi che vengono enunciati di volta in volta da un infoiatissimo commentatore. Del gioco base tornano il sistema di controllo e la possibilità di raccogliere e lanciare dei pilum: per il resto si parla di un gameplay analogo alla modalità "orda" vista ormai in tanti altri videogame (a partire da Gears of War), con l'aggiunta di obiettivi secondari.
A condire ulteriormente l'azione della sezione multiplayer di Ryse, troviamo la possibilità di selezionare la tutela di specifiche divinità romane, che assegnano al nostro gladiatore abilità speciali ed equipaggiamento specifico, nonché la presenza di un inventario da gestire per potenziare il nostro personaggio. Completando con successo le missioni nell'arena, riceveremo infatti dell'oro, con cui comprare "pacchetti" di equipaggiamento. Immancabile ovviamente la possibilità di convertire denaro vero in valuta di gioco, ma data la natura cooperativa del multiplayer di Ryse, si tratta di un'opzione che non ho mai preso in considerazione, riuscendo comunque a godermi il gioco. Ecco, a dire il vero, la sezione multigiocatore è stata una sorpresa simpatica, che mi ha coinvolto per una manciata di ore e a cui ogni tanto torno: le partite sono abbastanza rapide, il netcode sembra sempre solido e, in generale, ci si diverte abbastanza.
Sommando ciò che Ryse: Son of Rome ha da offrire sia in single player che in multiplayer, direi che i contenuti proposti riescono comunque ad arrivare ad una sufficienza abbondante, sebbene ovviamente tale valutazione non sia da considerare prettamente positiva. L'impressione generale è comunque quella di un gioco arrivato al lancio della console nel migliore status possibile, facendo ciò che si poteva nel tempo di sviluppo il cui termine doveva coincidere col lancio di Xbox One. In tale ottica, l'apparato visivo di Ryse è semplicemente ottimo: bei modelli poligonali, validi effetti grafici sparati un po' ovunque e una fluidità quasi sempre buona sono aspetti che contribuiscono a formare un aspetto grafico che profuma effettivamente di "next gen", e che fa finalmente porre la domanda "Se al lancio hanno realizzato questo, cosa vedremo tra un paio d'anni?".
Probabilmente lo scopriremo in un eventuale Ryse 2, con la speranza che Crytek possa svilupparlo senza tutti i sobbalzi che hanno accompagnato la realizzazione del primo. Nel frattempo mi preme sottolineare anche la buona colonna sonora e il discreto doppiaggio in italiano, competente anche se ogni tanto carente in quanto a enfasi. Nota negativa per la durata di alcuni caricamenti, un aspetto comune a più di un titolo di lancio di Xbox One e che spero di veder scomparire quanto prima. In definitiva, come titolo da abbinare alla console nuova di zecca, Ryse: Son of Rome può avere anche il suo perché, se si apprezza il genere e se si decide di dedicare anche qualche oretta al multiplayer.
Ho giocato Ryse: Son of Rome tramite una copia del gioco fornita direttamente da Microsoft. Dopo aver assistito alle vicende della campagna single player, mi sono dedicato qualche ora alla modalità multigiocatore.