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Sono stato fregato da Persona 3 Portable, ma è soprattutto colpa mia

Sono stato fregato da Persona 3 Portable, ma è soprattutto colpa mia

Non ho vizi, ma poche e travolgenti dipendenze. Niente caffé, alcolici o sigarette, solo robe e robacce di cui mi disfo con una certa fatica, dopo aver compreso quanto si sono impossessate di me. 

Di solito succede quando arrivo a programmare ogni dettaglio di qualcosa all’apparenza eccezionale e razionale, ma che si rivela una gran minchiata quand’è ormai troppo tardi. La più demenziale è accaduta qualche Capodanno fa: volevo abbandonare la marijuana, così avevo deciso di fumare in una giornata l’ultima dozzina di grammi che mi restava nel barattolo, e a cui far seguire schimicate con cibi destinati (o rimasti) dal cenone, e intervallati poi da un paio di film selezionati con largo anticipo dopo ore di doomscrolling su Letterboxd. Volevo indurmi al disgusto esasperando il divertimento; e aveva funzionato, anche se non come me l’ero immaginato. Alle sei del mattino dell’1 gennaio mi ero infatti trovato in uno stato catatonico, col ventre gonfio e gli occhi sbarrati. Avevo appena finito Apocalisse nel deserto di Werner Herzog, un documentario che provoca effetti stupefacenti già di suo, quando avevo cominciato a vomitare a spruzzo svariati chili di cibi più o meno digeriti. Da quel momento non ricordo granché, se non l’odore pungente dei succhi gastrici che ricoprivano il pavimento su cui mi ero addormentato all’istante.

Cominciare l’anno nuovo guardando Werner Herzog: esperienza stimolante ma da non ripetere.

Quella che segue è una minchiata altrettanto innocua, ma decisamente più lunga e frustrante: aver giocato a Persona 3 Portable (d’ora in avanti P3P) su Nintendo Switch. Ero rimasto sotto con Persona 5 Royal (analizzato a fondo qui e qui), del tipo che il sabato andavo a letto felice che il giorno dopo avrei potuto spararmi 7-8 ore di gioco filate, e mentre tentavo di addormentavi avevo pensieri come “chissà che posso fare innamorare Makoto di me, 4 punti in ‘fascino’ non sembrano essere sufficienti”. O ancora, e con un po’ di vergogna, ammetto che cercavo su Pornhub le reverse gangbang di Joker che trombava le waifu del gioco. Questo era il mio livello di dipendenza dal gioco. Ma una volta terminato, avevo bisogno del metadone. La soluzione più intuitiva era giocare i titoli precedenti, che guarda caso erano stati da poco ripubblicati su console. Su Reddit, leggevo all’unanimità che Persona 3 era il gioco migliore della serie, quello con la trama più matura, i personaggi meglio scritti e la colonna sonora inarrivabile. La nuova versione era stata tradotta in italiano, con in aggiunta poi tutta una serie di piccole migliorie per renderlo appetibile a un pubblico meno avvezzo, che magari aveva conosciuto la serie di Persona solo col quinto capitolo, proprio come me. 

Persona 3 è stato pubblicato per PlayStation 2 nel 2008 nell’edizione FES. Nel 2011 è arrivato un remake alleggerito pensato per la PSP e denominato Portable, in cui il giocatore esplorava la città non più muovendosi direttamente fra i luoghi ma col cursore sulla mappa, come una visual novel insomma. Per compensare, era stata aggiunta la possibilità di scegliere fra un protagonista maschile o femminile. In occasione della pubblicazione per le console contemporanee, Atlus aveva scelto la versione portatile, non la più performante FES – c’è tutto un dibattito su Reddit su quale delle due edizioni sia la migliore. Poco male, pensavo, dato che avrei giocato su Switch, un’altra console portatile. Ma come con la marijuana, non è andata come immaginavo.

Innanzitutto, non sono riuscito a sopperire alla mancanza di esplorazione in 3D. Non sono abituato alle visual novel, o meglio, ho un pregiudizio nei confronti di questo genere che solo Persona 5 è riuscito ad aiutarmi a mettere da parte, grazie proprio ai personaggi che a schermo si muovono. Ma questa è una fisima mia su cui sarei potuto passare sopra, se non fosse che in P3P non ci sono neanche le cutscenes in full-motion video. 

Capisco che Switch non sia la console più performante sul mercato, ma ciononostante avvertivo in continuazione quanto fosse vecchio il gioco che avevo tra le mani. Quasi tutto stava lì a farmelo notare, ricordandomi in alcuni casi anche la mia miopia: al contrario dei disegni dei personaggi, gli sfondi sono sempre sfocati in quanto upscalati, così come le icone a schermo, fuori fuoco e fuori moda. È tutto ovattato, come l’audio: quando si cerca su Google uno degli aspetti in cui Persona 3 eccelle anche a distanza di anni, quello è la colonna sonora. Non è l’acid jazz di Persona 5, ma una specie hip hop con influenze j-pop parecchio più ritmato e incalzante. Non vedevo l’ora di spararmi una boss battle con questa di sottofondo, e invece no: l’audio è compresso come un mp3 a 128 kbps; capisco che il gioco è del 2008, però. Sembrano piccoli dettagli, ma che sommandosi finisco per compromettere l’esperienza di P3P, un gioco uscito dodici anni fa su una console portatile con grossi limiti come PSP. Non metto in dubbio l’ottimo livello di scrittura, quello è già noto da tempo, ma da solo non basta a renderlo un gioco divertente, specie per chi si è innamorato della serie con P5R, un gioco coi suoi difetti ma esTremamente più moderno rispetto a P3P.

Quando la miopia si confonde con l’upscaling.

C’è poi una cosa che mi ha fatto arrabbiare sul serio: dopo due mesi dall’uscita, quando avevo accumulato ormai una trentina di ore di gioco, è stato pubblicato un leak bello sostanzioso riguardo il remake di Persona 3, e a questo punto direi che l’ufficializzazione è imminente.  Atlus e la mia dipendenza mi hanno fatto spendere soldi per un gioco della PSP, quando avrei potuto aspettare un altro po’, godendomi così appieno l’esperienza, ormai compromessa. Ma forse è colpa pure del capitalismo, ché incolpandolo non si sbaglia mai.

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