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Si fa presto a dire Fantasy

Si fa presto a dire Fantasy

Anche se a volte ce lo si è dimenticato, perché succedeva altro o perché gli autori si sono impegnati a dimenticarselo/ignorarlo, Il trono di spade è una serie fantasy. Voglio dire, ci sono i draghi, ci sono i nemici soprannaturali che vogliono la vita azzerata, i nani e gli alberi con la faccia. Anche se l’elemento fantastico è per lunghi tratti in secondo piano e a fare la voce grossa sono le bassezze umane e le trame di palazzo, i libri, così come la serie, si aprono proprio con il soprannaturale, che il lettore sa essere un elemento chiave del racconto anche se i protagonisti ancora no. Per capirci, è un po’ come Battlestar: Galactica che, pur avendo astronavi, pew pew e profezie, è sopratutto una storia che parla di uomini, società e decisioni estreme prese in tempi difficili. Questo è fondamentalmente il motivo per cui queste serie, ovviamente Il trono di spade più di Battlestar: Galactica, escono dal genere e diventano universali, con insospettabili nuovi fan solitamente poco avvezzi a queste tematiche che si appassionano genuinamente, anche se magari nella loro lista di Netfilx ci sono solo NCIS e Don Matteo.

Dire però che Il trono di spade è un fantasy sarebbe abbastanza inesatto, perché da quando è nato, e da quando ha iniziato a diramarsi in diverse strade, il fantasy è diventato un genere ricco di sottogeneri molto diversi tra loro. La saga di Martin, anche se fa molto per mischiare le carte e non legarsi troppo a una definizione, potrebbe essere definita con facilità Dark Fantasy. In questo sotto-genere, il clima è sempre un po’ da catastrofe imminente (“L’inverno sta arrivando”), non ci si fa problemi a perdere personaggi importanti in modi cruenti e spesso ci sono elementi comuni con la letteratura horror, come, per dirne uno a caso, i morti che ritornano in vita. Non è che poi i confini di questo modo di raccontare storie siano proprio così netti, perché possiamo definire Dark Fantasy anche le storie raccontate dal punto di vista dei mostri e non dei sopravvissuti (Cronache dei vampiri di Anne Rice, per esempio), così come molti lavori di Lovecraft, Clive Barker, Stephen King e Neil Gaiman. Oltre a Dark Souls e Castlevania, ovviamente.

Prima de Il trono di spade (e degli ultimi vent’anni, via), però, il fantasy era spesso associato a Tolkien e alla Terra di Mezzo, anche se, a fare quelli che puntano il ditino, dovremmo dire che quello è in realtà l’High (o Epic) Fantasy, che il professore di Oxford ha praticamente inventato e codificato. Tutto nasce nel 1937 con Lo Hobbit e si perfeziona ovviamente nel 1954 con Il Signore degli Anelli: esiste un mondo “secondario” (definizione sua, io la prenderei per buona) che è tendenzialmente un medioevo con elementi fantastici e magici. Questo mondo, che è quello in cui la narrazione prende luogo, può essere totalmente inventato e separato da quello reale, come ne Il Signore degli Anelli, parallelo e accessibile, come nelle Cronache di Narnia (C.S. Lewis era, oltre che BFF di Tolkien, pure fondatore insieme a lui del circolo Inklings) oppure interno al mondo stesso, come in Harry Potter, anche se qua cambiamo un po’ sotto genere. Ma ci arriviamo. Nell’High Fantasy, a differenza di Il trono di spade, la bussola morale dei personaggi è molto semplice da interpretare: ci sono i buoni, ci sono i cattivi e ci sono quelli che passano da una parte all’altra. È difficile che le aree grigie, insomma, siano così evidenti, perché il fulcro è la lotta tra il bene e il male, che ha confini, in questo tipo di storie, sempre molto netti. Nascendo da Tolkien, che creava i mondi e le loro regole prima ancora delle storie, ogni mondo secondario ha una sua forma precisa, un suo set di regole, una sua geografia, storia e religione. La magia, così come gli elementi fantastici, può essere più o meno evidente, ma comunque presente e coerente con il background stabilito. Una spruzzatina di rimandi o riferimenti alla mitologia norrena o classica (meno) e il gioco è fatto. La Ruota del Tempo di Robert Jordan e la Saga di Shannara di Terry Brooks sono forse gli esempi con alle spalle il più alto numero di copie vendute, mentre in tempi recenti, anche La caduta di Malazan di Steven Eriksonn ne è un discreto esempio, anche se potrebbe rientrare di più nel Dragon Ball Fantasy, vista la tendenza a cavare fuori entità sempre più antiche e potenti di capitolo in capitolo.

Altra caratteristica dell’High Fantasy è quella di avere protagonista solitamente un giovane tordo, accompagnato da numerose e variegate compagnie, che si ritrova in un modo o nell’altro in faccende più grandi di lui. Questa è probabilmente una fra le differenze più grandi con l’Heroic Fantasy (o Sword and Sorcery), nel quale il protagonista è un eroe cazzutissimo, autonomo e che si fa pochi problemi a menare mani o spadoni. Anche in questo caso, come per il Dark Fantasy, i suoi padri putativi vanno ricercati nella letteratura classica, anche se è negli ultimi cento anni che il genere si è prima diviso e poi affermato nella sua nuova forma.

Se infatti tutto parte da I Tre Moschettieri di Dumas, è con John Carter di Marte di Burroughs e Conan il Barbaro di Robert E. Howard che vengono create le basi per il genere. Anche se è il secondo il riferimento principe del genere, fu Burroughs il primo a stabilirne le regole, ma il fatto che l’elemento fantastico fosse in realtà fantascientifico (alieni e tecnologia al posto di elfi e magia) lo hanno fatto rientrare in un’altra categoria. Si sa, i tassonomi nerd fanno di tutto, pur di creare un milione di sotto-categorie solo per il gusto di farlo. Nonostante lo Sword and Sorcery nasca con un uomo seminudo che brandisce una spada e tenda, per anni, a dipingere le donne come semplici oggetti d’arredo (Howard era però un femminista convinto, per l’epoca, i problemi con il genere sono nati dopo), già dalla prima metà degli anni Ottanta si prova a correggere il tiro grazie a Marion Zimmer Bradley e alla sua collana Sword and Sorceress, nella quale l’autrice di Le Nebbie di Avalon (che, per inciso, fa parte del Fantasy Storico, nel quale viene aggiunto un elemento magico a eventi storici realmente accaduti o nel quale l’ispirazione a miti e leggende classiche è evidente) pubblicava storie con protagoniste femminili forti che non fossero solo principesse da salvare.

Ora, pure essendoci un altro milione di leggere variazioni sul tema, a spanne, queste sono le sotto-categorie più famose e strutturate del fantasy con ambientazione classica, e cioè quel mondo vagamente medievale che più o meno sappiamo immaginare tutti. Negli ultimi anni, però, con l’editoria di genere che ha virato verso un pubblico più giovane, si è imposto quello che si definisce Fantasy Contemporaneo, a sua volta diviso in altri sotto-generi in base ad ambientazioni e tematiche. Senza entrare troppo nel dettaglio, Harry Potter è il campione indiscusso della categoria: J.K. Rowling, infatti, crea un mondo secondario all’interno di quello primario, che è sempre presente ma delimitato da confini magici, e ambienta le sue storie nella contemporaneità, riempiendole però di elementi magici (letteralmente) e tenendo il mondo secondario nascosto a quello primario. Il più pop e frequentato, sopratutto dall’editoria teen adult, è probabilmente l’Urban Fantasy, nel quale l’azione è all’interno di grandi città (ma non solo, diciamo centri abitati contemporanei), c’è consapevolezza delle entità soprannaturali (che spesso sono in conflitto tra loro) e che, pur con forze demoniache/celestiali in eterno conflitto, rimane legato a dinamiche cittadine, nelle quali la consuetudine della vita è turbata da questi avvenimenti, a volte stravolta, ma non annullata. Se state pensando a I Guardiani della notte di Luk’janenko, American Gods di Neil Gaiman (anche se non del tutto) o a Buffy l’ammazzavampiri, state pensando esattamente all’Urban Fantasy. Beh, ma direte voi, allora pure Twilight mi rientra in questa bizzarra categoria? Ecco, no, perché le storie invece così evidentemente basate sull’elemento romantico in un’ambientazione Urban Fantasy rientrano nella categoria Paranormal Romance.

Giusto per affezione personale, ma anche perché ci si trovano dentro delle opere meravigliose, è impossibile non citare anche il Comic Fantasy, che tra i racconti di Alice di Lewis Carroll, ma sopratutto il Mondo Disco di Terry Pratchet e, perché no, Monthy Python e il Sacro Graal, sanno sempre stemperare nel modo giusto toni a volte troppo pomposi. Menzione speciale, poi, per la Weird Fiction che, da Poe in avanti, si è saputa staccare dal romanzo gotico per esplorare situazioni sempre più oscure, che comprendessero elementi horror, fantasy e di fantascienza, e ovviamente l’attualità italiana, dove creature fantastiche, provenienti solitamente dal sottosuolo o comunque da mondi decadenti, immaginari e arretrati, assurgono al potere acclamate da una folla di loro pari, probabilmente giunti sul pianeta da un mondo secondario morente.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Il trono di spade e al fantasy lercio, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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