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SSSS.Gridman ha i mostri grossi e plasticosi

SSSS.Gridman ha i mostri grossi e plasticosi

Cominciamo con i dati di targa. SSSS.Gridman è una serie del 2018 in dodici puntate, parte del franchise Tokusatsu Denko Chojin Gridman, e visto che anche io l’ho scoperto da Wikipedia per fare questo articolo, vi metto il link e via (a margine: smollateli ‘sti due euri a Wikipedia, aiutate a mantenere l’ancora di salvezza dei recensori ignoranti). Detto questo, SSSS.Gridman non è un film in cui cascatori in tute gommose fingono di menare cascatori in costumi da mostro gommosi, ma un anime dello Studio Trigger.

Per i quattro estimatori degli anime che non sanno chi siano quelli dello Studio Trigger perché appena ritornati da uno stage di dieci anni alla cascata dei Cinque picchi, potrei spiegare che si tratta dello studio fondato dal gruppetto di tamarri responsabili di Sfondamento dei cieli Gurren Lagann, probabilmente buttati fuori da Gainax dopo aver detto ad Hideaki Anno: «Minchia, zio, che para! Sciogliti un po’, lasciaci respirare!» (nota: potrebbe non essere andata così), ma preferisco che a parlare siano i fatti.

Ne sentivate la mancanza, eh?

Ma tornando a SSSS.Gridman, se vogliamo subito toglierci il dente parlando di cosa non funziona, possiamo dire che gli amici di Trigger pur essendo partiti convinti di omaggiare i tokusatsu alla fine non riescono a trattenere il loro animo postmoderno e finiscono per metterci dentro una o due cose che odorano un po’ di “metaforone”.

Peccato che abbiano solo dodici puntate a disposizione, e non le ventiquattro di Kill la Kill, o le ventisette di Sfondamento dei cieli Gurren Lagann, e lo sviluppo di queste “cose” finisca per andare un po’ verso il meh.

Ma quello che invece funziona, funziona!

Funziona

Funziona innanzitutto la competenza grafica di Trigger che riesce a trasporre in animazione lo spirito dei tokusatsu che è poi nient’altro che il “sense of wonder” un po’ infantile di vedere un gigante mezzo robot e mezzo uomo in calzamaglia inscenare uno script da incontro di wrestling, con tanto di colpi di taglio, pugni, ginocchiate enfatizzate e prese acrobatiche, in mezzo a palazzi e case, spazzando via macchine, camion, treni.

In questa gioiosa e ciarlatanesca distruzione, Trigger non dimentica mai di essere uno degli studi con maggior manico quando si tratta di azione e, appunto, distruzione, e appiccica ad ogni pugno, calcio, e sopratutto, schianto il giusto peso. I palazzi contro cui Gridman si schianta reggono il suo peso per un istante prima di sradicarsi e crollare, quando lui o un avversario cadono a terra come un wrestler che ammortizza la caduta, la scenografia trema. Addirittura, nel primo scontro abbiamo una mezza citazione a quello che è indubbiamente il film che ha posizionato l’asticella del tokusatsu ad un livello impossibilmente alto: Pacific Rim.

Poi quando Gridman salta, volteggia, atterra: l’ipertrofia dinamica di Trigger letteralmente esplode con movimenti di camera che si allontanano, inseguono, avvolgono. Tutto l’armamentario anime di robottoni si dispiega passando dalle sequenze di agganciamento fino ai “Macross Missile Massacre” e si nota anche la furbizia nell’aver iniziato facendo risaltare l’uso della grafica computerizzata per Gridman e avversari, introducendo quella discrepanza tra scenografia e personaggio “da tokusatsu”, per poi abbandonarla senza clamore durante la serie in modo che non disturbasse, e recuperarla proprio in dirittura di scontro finale.

Funziona ovviamente anche la parte narrativa che non cerca di dire cose.

Funziona

Per stupidina che sia, la trama del Normale Studente Giapponese Affetto da Amnesia (sottocategoria professionale riconosciuta), Yuta Hibiki che si unisce con l’Hyper Agent Gridman rinchiuso in un PC degli anni ‘80 per combattere i Kaiju creati da una ragazzina prodigio viziata con serissimi problemi di gestione dell’ira, scorre liscia tra un combattimento e l’altro risolto a suon di luoghi comuni: dal potere dell’amicizia, al “quello che solo io posso fare”, fino a, ovviamente: “io sono l’unico che ti deve sconfiggere”.

Non riesco a spiegare bene…

Funziona ovviamente anche grazie alla capacità del Character Designer di saper rendere i personaggi “normalmente cool” in una maniera che non riesco a spiegare bene.

Infine funziona, come spesso accade negli anime, un cast di interpreti di ottimo livello.

Nel caso specifico la menzione d’onore va a Reina Ueda, una giovane doppiatrice con tantissimi ruoli di supporto alle spalle ma ancora pochi da protagonista che, solo cambiando di un semitono l’attacco di una frase è capace di far sanguinare il cuore dell’ascoltatore per un personaggio a cui, normalmente e giustamente, si vorrebbe menare schiaffoni a due a due fino a che non diventano dispari.

Insomma, se volete passare dodici puntate in compagnia di eroi grossi che menano mostri grossi, SSSS Gridman non è la scelta peggiore che potreste fare. Nel caso, l’anime è pubblicato da Yamato Video e sottotitolato in Italiano, oppure lo trovate su Crunchyroll, ma con i sottotitoli in Inglese.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai MOSTRI GROSSI, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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