The Grand Tour: il grande fregno!
The Grand Tour è la bellissima alchimia ritrovata di quei tre deficienti petrolhead extracomunitari, ovvero il gorilla depilato Jeremy Clarkson, il lento James May e Richard Hammond, che è basso. The Grand Tour, soprattutto, (non?) è Top Gear con un mega budget per episodio.
The Grand Tour è uno studio (un tendone, in realtà) itinerante, che oggi è in California e domani sarà chissà dove (in Sudafrica, in Borneo, in Italia... ), con il pubblico a contatto con i conduttori, una tabella dei tempi cronometrati, celebrità in studio (tre, tutti morti), un gusto tipicamente vittoriano per certi arredi “kiccissimi” e ancora auto, hypercar, riprese mozzafiato "ultra-drama" e tutta quella vecchia formula del vecchio show, qui ricalcata quasi-pari-pari, rimaneggiata quel tanto che basta per far sukare vieppiù chi di dovere e risbattuta in faccia agli haters e ai fedelissimi appassionati di tutto il mondo. Okay, diciamo che The Grand Tour è come Top Gear, ma più di Top Gear, globalizzato. C'è chi dice che The Grand Tour abbia un tatuaggio a grandezza naturale della sua faccia, sulla sua faccia.
The Grand Tour è una scommessa già vinta sulla griglia di partenza, perché Top Gear, il nuovo Top Gear, ha fallito in men che non si dica (sei puntate). Top Gear è morto, evviva The Grand Tour, che è il nuovo Top Gear, un gesto dell’ombrello alla vecchia BBC e una rutilante rinascita.
Il debutto è avvenuto su Amazon Prime il 18 novembre negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania e Giappone. In Italia, invece, bisognerà attendere dicemb… sì, come no: internet.
Tutto funziona come una volta, meglio di una volta, cioè come una volta. Ci sono quei tre che guidano e parlano come solo loro worldwide sanno guidare e parlare, ci sono loro tre che dicono e fanno scemenze colossali come solo loro worldwide sanno fare, e poi le notizie (che forse potrebbero essere sviluppate/approfondite meglio), e non manca neppure il circuito di prova delle auto recensite, ovvero l’Eboladrome, il primo circuito al mondo a forma di virus ebola. Tra l’altro, si tratta di un tracciato pericolosissimo: ci sono una bomba inesplosa della Seconda Guerra Mondiale all’interno della S “Old Lady’s House”, una gabbia elettrificata all'uscita di una curva, attraversamento di animali selvatici, un rettilineo che curva leggermente, tornanti bizzarrissimi e un nuovo pilota più che americano, che odia tutte le auto che non siano V8, perché comuniste.
Ecco, su questo aspetto, NEIN NEIN NEIN: avrei preferito di gran lunga Ben Collins, the man in the white suit, ovvero il primo e indimenticabile Stig. Incrocio le dita e spero di vederlo nel prossimo episodio. Il nuovo pilota non è iconico, si lamenta, è troppo yankee, guida scazzato, non va bene, che robba è???
I primi dieci minuti di The Grand Tour, soprattutto, sono un enorme WTF da lucciconi agli occhi e gasamento abbestia tutto contemporaneamente, perché una mixology del tipo Mad Max (sul serio.... MAD MAX!!!!) + quei tre là + un festival folle (il Burning Van Festival) + musica live (extradiegetica che diventa diegetica, per non farsi mancare alcun dogma) sarebbe come a dire che Forza Horizon, da qualche parte, esiste davvero, indossa camicie improbabili ed è fregnissimo!
Non vi dico e non spoilero altro, vedevateveLoL. Amiamolo per 12 episodi e tre anni di follie automobilistiche. Dio benedica The Grand Tour, il miglior show automobilistico al mondo, a prescindere.