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Rick and Morty 3: Wubba lubba dub dub vuol dire frechete

Rick and Morty 3: Wubba lubba dub dub vuol dire frechete

Esattamente come le prime due, anche la terza stagione di Rick and Morty è un’eterna ghirlanda di merda spaziale e meraviglia, un bizzarissimo caleidoscopio che vortica instancabile tra infiniti mondi (im)possibili. È una deliziosa millefoglie multidimensionale, che in binge-watching fa quasi lo stesso effetto del tetraidrocannabinolo buono.

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Rick and Morty 3 esaudisce qualsiasi sogno sci-fi in un battito di ciglia, è pura gioia della scrittura, un suadente maelstrom, un gorgo ingordo che ribalta continuamente contesti e strutture narrative. Lo show di Justin Roiland e Dan Harmon può permettersi tutto ciò e ne ha la precisa consapevolezza. È un autentico spettacolo dell’assurdo, un apparato del favoloso, una macchina a controllo numerico di idee geniali e situazioni spappamente.

La terza stagione di Rick and Morty è fuga dai limiti nazionalpopolari, è pura illusione decretata e anatemizzata, che oppone alla ragione umana il sogno infinito della scienza e apre - con facilità prettamente magica - una, due, mille e infinite porte sulle quali ci si accaniva da sempre, confondendo linee temporali e mistificando l'intera condizione umana attraverso distopie assortite.

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Il rapporto che unisce il concetto di Rick and Morty 3 al senso è essenzialmente di deformazione, maturazione e trasformazione. Questa terza stagione è visibilmente più esistenziale ed emozionale. I personaggi acquistano maggiore profondità spirituale, reagiscono in maniera complessa dinanzi al cinismo di un universo profondamente cambiato, forse più sinistro, plumbeo e pericoloso.

La Cittadella dei Rick non sarà mai più la stessa (l’angoscia fatta episodio n.7), la Federazione Galattica è ormai stata distrutta e una cupa coltre d’insicurezza sembra ricoprire quasi interamente Rick and Morty 3. C’è un divorzio da metabolizzare, una manciata di nuove consapevolezze da gestire e una vena significativamente più oscura che permea l’intera opera.

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La recensione della terza stagione di Rick and Morty si esaurisce inevitabilmente nella recensione della prima, incommensurabile puntata della terza stagione di Rick and Morty. Che è una roba folle, superba, capace di flettere tempo e percezioni, durando di fatto sedici ore abbondanti. 

E nella recensione della terza (Pickle Rick), ovvero il miglior cetriolo nella storia globale delle cucurbitacee e, al contempo, i migliori ventidue minuti di tutta Netflix, oggi e per sempre. 

Mi sono trasformato in un cetriolo!
- Rick Sanchez
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Rick and Morty 3 riconcilia la potenza infinita dell’uomo sulla natura e la fatalità di un sacro (l’amore, una figlia, la famiglia, STOCAZZO) a cui esso non può sottrarsi neppure con una sparaporte ultimo modello, non registrata e con del fluido sufficiente per proiettarsi affanculo.

È una stagione diversa, molto più cinica e spietata, destabilizzante, che per certi versi ricorda Black Mirror. Non è un prodotto consolatorio, non accusa e non demonizza. Piuttosto, lascia addosso un grigio turbamento, la certezza che sia già troppo tardi e... wubba lubba dub dub.

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C'è chi si cruccia o si danna, perché in fondo una decina di puntate è troppo poco, e l'attesa è sempre troppo lunga. In realtà, Rick and Morty è uno show multi-layer, da fruizione multipla, ossessiva, quantomeno tripla. Dunque, le trenta puntate per questa terza stagione possono bastare. Trovate tutto su Netflix, comunque.

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